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Alan Soul: l’anima bianca del blues

Alan Soul & The Alanselzer conquistano il Colosseo a ritmo di soul, blues e funky in una serata memorabile tra storia, groove e luna piena.

Nome: Alan. Cognome: Soul. All’anagrafe Giulio Todrani, classe 1943. Sì, proprio quel Todrani lì. Vi dice qualcosa Juli & Julie? Esatto, quel duo. Ma anche Io vorrei la pelle nera? Ecco, adesso ci siamo. E cosa pensavate, che c’entrasse lei? No no, Giorgia qui non c’entra. O meglio… non ancora. Perché prima di essere “la figlia di”, è lui ad essere il padre del soul nel Belpaese, si intende.

Con queste premesse, ieri sera il nostro è salito sul palco di JazzImage, nella rinnovata cornice del Parco del Celio, dove il Colosseo, lì a due passi, sembrava fare l’occhiolino al pubblico. A dirigere le operazioni, come sempre, l’instancabile e vulcanico Eugenio Rubei, anima pulsante della rassegna. Papà Todrani – o meglio Alan Soul per chi lo conosce con quel nome d’arte intriso di groove – non ha tradito le aspettative. Anzi. Con la classe di chi la musica ce l’ha nel sangue e nelle pieghe della voce, ha guidato il pubblico con la complicità degli Alanselzer in un viaggio soul-blues caldo e coinvolgente, tra ballate, standard e brani dal respiro internazionale

Ad accompagnarlo, una band solida e affiatata, capace di alternare leggerezza e tecnica con naturalezza. Il risultato? Un live ricco di sfumature, in cui ogni nota sembrava uscire direttamente da un vinile d’altri tempi, ma con l’energia del presente. Alan ha regalato momenti di autentica emozione, dimostrando che la sua voce – intensa, graffiata, sempre piena di vita – non ha perso un briciolo di quella forza che negli anni l’ha reso una colonna della scena black italiana.

Ad aprire le danze, una graffiante interpretazione di Stop leading me on, impreziosita dalle “svirgolate” di Muzio Marcellini alle tastiere e dai riff squillanti della tromba di Mirko Rinaldi. Bastano poche battute e Alan Soul prende subito per mano il pubblico, che risponde con entusiasmo all’invito del crooner romano, pronto a trasformare il concerto in una vera e propria celebrazione collettiva del soul.

Il viaggio prosegue con un omaggio doveroso e originale a Renato Carosone: un’introduzione accennata di Maruzzella, elegantemente trasportata su coordinate R&B, sfocia con naturalezza in una versione trascinante – e rigorosamente in inglese – del classico Tu vuò fa l’americano. Un piccolo capolavoro di reinvenzione, tra swing e groove, che strappa applausi a scena aperta e conferma ancora una volta la maestria di Alan nel reinterpretare senza mai snaturare.

In scaletta, non potevano mancare alcuni capisaldi della musica soul. I’ve Been Loving You Too Long di Otis Redding, intensa e viscerale, ha scaldato il cuore del pubblico; subito dopo, l’intramontabile My Girl dei Temptations, cantata quasi all’unisono dalla platea.

Alan ha proseguito con I Got a Woman di Ray Charles, brano che sembrava cucito sulla sua voce, piena di grinta e swing. Il momento più toccante? Senza dubbio Still Crazy After All These Years di Paul Simon. Un brano già delicato e struggente nella sua versione originale, che Alan ha restituito con una sensibilità rara, ispirandosi alla rilettura soul di Charles — forse quella che tutti abbiamo finito per amare di più. Una prova d’interprete profonda, misurata, perfetta.

E complice la luna alta sopra il Colle Celio, quasi a fare l’occhiolino a quel piccolo miracolo musicale sotto di lei, Alan ha osato un “triplo salto carpiato” approdando per un attimo sul pianeta Buscaglione, con un delicato assaggio di Guarda che luna, prima di tornare con slancio all’energia del soul puro.

È stato il momento di Take Me to the River di Al Green, resa celebre anche dalla colonna sonora di The Commitments diretta da Alan Parker alla fine degli anni ’90: un’esecuzione calda e avvolgente, che ha fatto vibrare il pubblico.

Dopo la consueta  e doverosa presentazione della band, il concerto ha virato con forza verso il funky più trascinante: Get Up (I Feel Like Being a) Sex MachinePapa’s Got a Brand New Bag e I Got You (I Feel Good)omaggi al re indiscusso del genere, James Brown. Con un Ferruccio Corsi al sax in grande spolvero, il palco è diventato un’esplosione di ritmo e sudore, come nelle migliori jam session d’altri tempi.

Il finale è stato un trionfo. Prima la potente Hold On, I’m Comin di Wilson Pickett, poi Knock on Wood di Eddie Floyd che molti ricordano soprattutto nella versione disco di Amii Stewart, diventata un successo planetario e infine, con la mano sul cuore e i piedi che non volevano stare fermi, un’appassionata In the Midnight Hour, sempre di Pickett.

A chiudere la serata, come in un cerchio che si chiude, Giorgia on my mind  una delle più belle ballate senza tempo e Vorrei la pelle nera di Nino Ferrer, autentico inno alla musica soul, che proprio Giulio Todrani, negli anni ’90, aveva saputo rilanciare con nuova forza e dignità. E ieri sera, quella voce la sua ha ricordato a tutti da dove veniamo, musicalmente parlando, e quanto ancora possiamo sentire. Una serata speciale, insomma. E chi c’era, difficilmente se la dimenticherà.

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Alan Soul e gli Alanselzer – Alan Soul: voce, Mirko Rinaldi: tromba, Ferruccio Corsi: sax, Alfredo Posillipo: trombone, Alfredo Bochicchio: chitarra, Muzio Marcellini: tastiere, Maurizio Meo: basso, Stefano Parenti: batteria – Parco del Celio domenica 3 agosto 2025

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