Al Basilica va in scena il radiodramma di Maria

Una ragazza, la sorella di Gesucristo, prende in mano una pistola e attraversa il paese per andare a sparare l’uomo che la sera precedente, il Venerdì Santo della Passione, l’ha violentata. Lei si chiama Maria, ed è la sorella del giovane che, durante la processione che precede la Pasqua, porta la Croce in spalla. In effetti abbiamo detto già tutto e anche i contrasti narrativi già dovrebbero essere abbastanza chiari. Ciò che arricchisce la storia, scritta e rappresentata da Oscar de Summa, è condimento. Maria, infatti, da quando prende l’arma a quando spara, non pronuncia mai una parola: sempre chiusa nel suo dolore, nella sua angoscia, nella sua decisione di vendicare la violenza subita con altra violenza. La marcia di Maria, fredda e concentrata, è inarrestabile e lei non si cura di quel che le accade intorno, degli atteggiamenti dei suoi compaesani (siamo ad Erchie, piccolo centro nella piana tra Taranto, Brindisi e Lecce) che potrebbero pure non esistere, e per lei non esiste nessun altro che il suo aguzzino e la Smith & Wesson che impugna, carica di proiettili.

Oscar de Summa nella sua radiocronaca dell’evento, descrive bene i particolari colorandoli con sprazzi di abile comicità; con grande passione ed entusiasmo cerca di mostrare agli ascoltatori, con le parole, quel che accade lungo il corso di Erchie: dipinge bene i caratteri di coloro che osservano sbigottiti una ragazza che, con una pistola in mano, ha deciso di diventar donna. In un paese del nostro sud, si direbbe: ‘o fatto è gruosso assaje! E la curiosità monta ad ogni dettaglio.

Ma il pubblico degli ascoltatori, caro Oscar (permettimi di parlarti a tu per tu), è seduto in platea; ed è un pubblico teatrale, e vorrebbe che succedesse qualcosa da vedere. Una storia detta tutta al microfono diventa un radiodramma (una specie di teatro che si faceva per radio tanti anni fa). Su un palcoscenico è fondamentale che le storie consistano e si muovano. Un microfono (così come tu l’hai usato) a teatro rappresenta l’esatto contrario: ossia, una fissità inconsistente. Non bastano gli effetti sonori, creati a bocca e deformati da un mixer, ad accendere l’immaginazione visiva dello spettatore che invece continua a vedere davanti a sé, aimè, soltanto una voce. I radiodrammi, oltre ad essere trasmessi a più voci, erano ricchi di queste sonorità. Soltanto la radio consiste esclusivamente della vivacità della voce. Sul palco non bastano nemmeno sporadici disegni proiettati sul fondale per far sentire l’aria di una pièce teatrale. Se tutti quanti noi, in platea, avessimo chiuso gli occhi, aprendo bene le orecchie, non avremmo perso nulla del tuo lavoro, anzi forse avremmo recepito di più, perché maggiormente concentrati sull’udito, senza altre distrazioni. Ma questo non è teatro. Non basta neanche saltare da un microfono all’altro per illudere qualcuno di aver costruito uno spettacolo teatrale.

Caro Oscar, la prova di quel che penso, e che con sincera onestà trascrivo, me l’hai offerta proprio tu, che al finale hai finalmente abbandonato il microfono e finalmente (la ripetizione è volontaria) hai interpretato un personaggio. Solo in quel momento si è potuto godere di un po’ di teatro, anche piuttosto intenso ed emotivo. Ma è durato un attimo. Un petit rien!

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La sorella di Gesucristo, monologo scritto, diretto e interpretato da Oscar de Summa, scene e luci di Matteo Gozzi. Teatro Basilica, replica stasera alle 21