“Afterlife people. Quelli del dopo”: la recensione

 di Miriam Bocchino

 

“Afterlife people. Quelli del dopo”, mediometraggio del regista Fabrizio Borni, prodotto da Tetramax Movie Services, è un’opera dalla narrazione originale in cui la musica ricopre un ruolo fondamentale per il dispiegarsi di un testo che nel borgo medievale di Vitorchiano, nella Tuscia Viterbese, esplica la sua potenza poetica.

Una fanciulla, Stella (Jessica Cortini), giunge nel borgo, vivendo il paesaggio attraverso il finestrino di un treno.  Ma il luogo che, in apparenza, è tacito nasconde il dolore: la sua morte per mano di un uomo sconosciuto che la violenta e l’uccide, abbandonando il suo corpo nella maestosità della natura.

L’anima di Stella, tuttavia, rinasce al mattino. I colori tenui del paesaggio accolgono un corpo non più in vita ma pensante.

Stella giungendo, ormai morta, nel paese, viene accolta da un uomo dall’aspetto bizzarro che ha il compito di spiegarle cosa accadrà da quel momento in poi. Come un moderno Caronte, quest’ultimo accoglie le anime che giungono al suo cospetto.

L’uomo misterioso invita la fanciulla a lasciare andare i sentimenti di dolore e di rabbia, pulsazioni del mondo dei vivi, definito “l’esperimento”, per accogliere l’amore. Nell’aldilà infatti non vi è peccato e quindi non esistono la sofferenza e l’odio. 

Stella dovrà cancellare il desiderio, causa di dolore, per ricoprire il suo nuovo ruolo: diventare voce per difendere e salvare i vivi.

“Afterlife people. Quelli del dopo” invita gli spettatori a vivere di amore, a non sprecare il tempo che viene concesso con futili desideri ma a riscoprire la bellezza, che sussiste anche nella scomparsa e nella dimenticanza.

“C’è una data di scadenza” perché l’esistenza è labile: gli esseri umani, tuttavia, dimenticando ciò, soffrono per quello che è immutabile.

Il mediometraggio comunica la speranza e l’opportunità vera di lenire il dolore. Gli interpreti, tuttavia, esplicano le loro possibilità recitative nell’interpretazione gestuale piuttosto che in quella vocale rendendo l’opera non completamente attuata.

Un plauso va alla bellezza lirica della musica (Paolo Pansini) e della fotografia (Roberto Lucarelli) che riescono a rendere Vitorchiano un luogo dall’aspetto etereo e fiabesco.

“Afterlife people. Quelli del dopo” nella sua trascendentalità consente al “dopo” di perdere la sua eccezione di luogo dimora di rimorso e rimpianto per diventare luce, riposo e amore: l’aldilà diviene la dimensione che gli esseri umani dovrebbero vivere “esistendo” ma che non riescono ad attuare, perché persi dietro la fallacia della vita.