“AFFACCIAMOCI”: Intervista a Camillo Marcello Ciorciaro

In occasione di “Storia Nostra – Viaggio nel mondo della Poesia Italiana”, prima iniziativa dell’organizzazione di beneficienza “Affacciamoci compagnia” nasce l’idea di intervistare Camillo Marcello Ciorciaro, uno dei suoi ideatori: la sua è una testimonianza diretta grazie alla quale è  possibile capire più a fondo il contributo dato da questa iniziativa sul territorio nazionale.

La condizione sociale conseguente al diffondersi del COVID-19 ha condotto allo svilupparsi di una nuova e diversamente articolata urgenza artistica, la stessa che ha spinto la vostra compagnia, Officina Off, ad accogliere “Affacciamoci compagnia”, iniziativa promossa dalla Croce Rossa Italiana: come ha avuto origine questa collaborazione?

 Fin dal giorno seguente alla comunicazione relativa al confinamento domestico, preoccupato sulle sorti mie e del teatro, ho cercato di capire cosa poter fare, come potermi organizzare. Di certo il flash mob ha rappresentato una prima risposta all’assoluta necessità di cultura in tutte le sue forme; da lì ho cercato un modo per far sì che fosse l’arte stessa a dare un suo personale contributo, soprattutto i quei giorni in cui non si parlava di nessun tipo di sostegno agli artisti, come ai lavoratori dello spettacolo.

Rifacendomi al funzionamento del meccanismo teatrale, dunque all’acquisto di un biglietto da parte dello spettatore, ho cercato di coinvolgere il pubblico stesso, offrendogli un modo per contribuire anche in questo caso, ma per una causa più grande.

Conoscendo alcuni lavoratori della Croce Rossa Italiana, l’associazione è stata immediata: li ho contattati presentandogli il progetto e loro hanno risposto con grande entusiasmo; l’idea si è poi modellata e definita attraverso il dialogo con gli altri membri del gruppo.

Parti attive e impegnate nella promozione di questa iniziativa siete stati fin dal primo momento tu e le sorelle Lucia e Federica Fiocco: come questo vostro trio agisce e si suddivide i compiti all’interno dell’organizzazione?

Alla base di quest’avventura vi è il confronto fra tre persone; è grazie a quel confronto che tutto ha avuto inizio rendendo possibile dapprima formulare il titolo dell’iniziativa, poi articolarci nei diversi compiti.

Nello specifico io mi sono occupato del primo evento, Lucia nel dare input per quanto riguarda la presentazione su internet, Federica del contributo dal punto di vista grafico; la collaborazione è comunque costante, quel che c’è da fare lo facciamo un po’ tutti insieme.

E’ il nome stesso del progetto che, nell’includere il verbo “affacciarsi”, richiama e sottende ad un movimento di apertura. Nell’aprire le persiane, il pubblico si predispone ad un ascolto, “mette fuori la faccia”, sospende per un attimo la condizione di chiusura alla quale è costretto permettendo all’arte di entrare dentro, tornando ad essere permeabile nonostante la barriera fisica.  Quale significato assume per voi?

Nel momento in cui stavamo cercando i nomi, sono uscite fuori tante ipotesi, tante proposte; fin dal momento in cui è stato formulato, il titolo “Affacciamoci compagnia” ha convinto tutti: affacciarsi, è esattamente un invito; un’esortazione che, togliendo il prefisso “af”, si trasforma in richiesta autentica, quella di “farsi” compagnia, esattamente come stiamo cercando di fare attraverso le videochiamate, le telefonate: al di là delle esigenze lavorative, importante è proprio l’idea, la necessità, l’assoluta importanza dello stare insieme.

 

Direttamente coinvolto nel primo spettacolo di Affacciamoci compagnia, hai prestato il tuo corpo e la tua voce a “Storia Nostra – Viaggio nel mondo della Poesia Italiana”, reading musicale di poesie in occasione della celebrazione per la Giornata Mondiale a dedicata a Dante Alighieri: quali criteri avete seguito circa la scelta delle opere e dei brani che le accompagnano? Quali stimoli e suggestioni ha prodotto su di te questo diverso modo di fare teatro?

Devo ammettere che è stato emozionante come non mai! Emozionante, a prescindere dal numero di spettatori: se normalmente l’esperienza teatrale veicola un determinato spettro di suggestioni; in questo caso la natura dell’emozione, probabilmente per via della situazione surreale che stiamo vivendo, era diversa.

E’ stato veramente difficile iniziare: avevo il fiato corto, di fronte a me una trentina di persone, altre che facevano un video dalla finestra di fronte; poi addirittura la polizia che sospettando un’aggregazione tra più persone, è arrivata sul terrazzo condominiale con tanto di guanti e mascherine e solo alla fine, carinamente, ha preso atto del fatto che si trattasse di un’iniziativa di beneficienza.

Per certi versi è stato un po’ come continuare a fare teatro senza essere a teatro.

Per quanto riguarda la scelta delle poesie e dei brani, non è stata fatta ad hoc: “Storia nostra” è uno degli spettacoli che propongo da diverso tempo, sia come serale che nelle scuole; la selezione è stata fatta per puro gusto musicale, insieme al musicista Davide Guglielmi, con cui abbiamo pensato ad una scaletta musicale, non tanto tematica ma sviluppata in alternanza di ritmo e di genere.

Le inevitabili limitazioni previste dall’emergenza del Coronavirus hanno reso impossibile continuare a vivere il teatro come atto unico e irripetibile al quale assistere all’interno di uno spazio fisico effettivo: Credi sia possibile pensare a questo periodo come un momento per re-inventarsi e ri-scoprirsi dal punto di vista artistico? In che modo?

 Mi viene da ricordare un’intervista che fecero a Gabriele Lavia a proposito delle differenze che sussistono tra cinema e teatro: laddove il cinema mutua continuamente nelle sue diverse forme; il teatro dal tempo dei greci, è sempre rimasto quello. Anch’io credo che il teatro debba rimanere tale, mantenendo la sua estemporaneità, il suo pubblico: è per questo che nella strutturazione dell’idea non ci siamo limitati alla sola diretta streaming/live ma alla partecipazione dal vivo.

Nella malaugurata ipotesi che questo confinamento dovesse protrarsi, non tanto il teatro quanto gli artisti si troverebbero dinanzi alla necessità di reinventarsi, per una condizione di sopravvivenza: sono le situazioni stesse a proporre il cambiamento: collaborando con le scuole, da diversi giorni sono stato ospite con stupore alle video call tra professori e studenti, ho letto brani da Dante, di Pirandello, di Svevo e in un modo o nell’altro mi sono reinventato avendo a disposizione strumenti obbligati e del tutto diversi a prima.

 

Quali saranno, se è già noto, i prossimi appuntamenti/spettacoli dal vivo previsti dal vostro progetto?

A questo riguardo, abbiamo ricevuto diverse proposte ma è difficile mettere d’accordo le disponibilità di tutte le persone soprattutto laddove gli eventi prevedono la partecipazione di più elementi: abbiamo dunque pensato di proporre dal vivo e on line un evento a settimana, il mercoledì o il giovedì e di pubblicare di volta in volta, i dettagli sull’evento. Al momento stiamo lavorando ad un evento sulla danza cercando, se possibile, di coinvolgere danzatori su tutto il territorio nazionale ed appellandoci ad un pubblico sempre più eterogeneo e crescente.

La mia speranza è che tutti possano fare questa donazione, dando così un piccolo contributo al fine di aiutare quelli che ci stanno aiutando.

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Elena Salvati

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