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“Addio, signor Haffmann”, il voltafaccia del nemico

La condizione servente e il rovescio delle parti

Francia, 1941: nel 1940 era stata appena occupata dai Nazisti e per gli Ebrei inizia un periodo infernale date le deportazioni nel 1941 e concluse poi nel 1942. Durante il rastrellamento, molti beni delle famiglie ebraiche verranno confiscate: gioielli, indumenti, documenti, persino case e negozi di ogni genere. Il destino ormai è conosciuto e noto ai molti e pochi saranno coloro che faranno ritorno nelle proprie case.

Daniel Auteuil, Sara Giraurdeau e Gilles Lellouche© Web

Ma in questa storia, la narrazione prende una piega diversa: l’orafo Joseph Haffmann anticipa i tempi e forza la sua famiglia a lasciare la città dove lui poi la raggiungerà una volta sistemato i suoi affari. Decide di lasciare il suo appartamento e la sua oreficeria al suo assistente, François Mercier, il quale sarà quest’ultimo a occuparsi di tutti gli averi dell’orafo e di restituirli una volta finita la Guerra.

L’uomo per natura è un essere dotato di vizi e di debolezze. Pertanto, Mercier lentamente subisce una metamorfosi, dovuta dall’inaspettato arricchimento e dall’ossessiva smania di diventare padre poiché, parafrasando, non si è uomini “se non si fanno dei figli”, ad esclusione di qualsiasi adozione di prole.Arriva però un inaspettato sviluppo: Haffmann non riesce a lasciare la città ed è costretto a nascondersi nella cantina della sua casa, dal momento che ci sono troppi Nazisti in circolazione. Nel frattempo, Mercier stringe rapporti con i tedeschi che diventano ben presto la prima clientela d’eccellenza dell’oreficeria, garantendo una proficua attività produttiva.

Più che della trama, è interessante e sottile lo svolgimento dei personaggi nella loro evoluzione in reazione agli eventi: dapprima, tra Joseph Haffmann e François Mercier si instaura un rapporto tra superiore e assistente, fenomeno che va trasformandosi nel momento in cui il mastro orefice lascia tutti i suoi beni al suo assistente, mettendosi in una posizione di piena debolezza. Al contrario, Mercier nell’acquisto di tutto quel patrimonio, si arricchisce in forza e potere, esercitando una supremazia non solo sul suo vecchio padrone, ma anche sulla moglie Blanche. La tesi Hegeliana sul rapporto servo-padrone e di come il servo possa prendere il sopravvento sul padrone se quest’ultimo si trova alle sue dipendenze è quanto viene reso evidente durante tutto lo svolgimento della storia nella relazione tra i due uomini. La massima potenzialità che deterrà Mercier su Haffmann sarà duplice: costringere l’orefice a giacere con la moglie Blanche, (poiché Mercier sospetta di avere una sterilità che non gli permette di avere figli) e di chiedergli anche di lavorare alle sue dipendenze alle stesse condizioni economiche che aveva Mercier quando lavorava per lui da assistente. Quando sente di non aver alcuna influenza su Haffmann, è lì che decide di tradirlo rivelando a tutti la sua identità pur di avere integra e salva la sua reputazione da bravo orefice.

In questa forma di dipendenza reciproca, Haffmann è costretto ad accettare tutte le condizioni sottoposte con la forza da Mercier pur di farsi inviare le lettere da spedire per sua moglie e mantenere la sua famiglia.  
È disposto a lavorare, seppur facendolo con disprezzo e disapprovazione, anche dopo aver saputo del riutilizzo dei gioielli degli ebrei deportati in altre creazioni su richiesta dei tedeschi. Sarà poi il riconoscimento stesso a far trasparire in lui un sentimento di rivalsa nei confronti del suo ex sottoposto: dopo che Mercier si è coperto di oneri e meriti per la collezione di gioielli, Haffmann riemerge dalla cantina almeno per farsi conoscere dall’abituale clientela e per mettere in difficoltà lo stesso Mercier.  

Una parte piccola ma non meno laterale è la figura della moglie di Mercier, Blanche. Non crede in Dio, ma nel Paradiso e dunque nelle buone azioni. È un personaggio puro e buono nel vero senso del termine e coerente con i suoi princìpi: rinuncia gli inviti alle cene con i Nazisti e li riconosce come potenziali nemici e non condivide le scelte del marito. Si ritrova costretta a subire le decisioni stravaganti e alle forme violente verbali e fisiche di Mercier, ma si mostra più umana senz’altro a non piegarsi alla soluzione bieca e abietta di avere un figlio a tutti costi e proponendo anche l’adozione come soluzione più naturale e logica di fronte alla temporanea impossibilità di avere figli. In opposizione al marito, Blanche si avvicinerà sempre di più all’orafo Haffmann fino a condurla nella scelta di liberare l’uomo dalla sua prigionia forzata per evitare che quest’ultimo venisse arrestato dall’esercito nazista.

Un film che ha dei risvolti che ricordano la drammaturgia de L’Ebreo scritto da Gianni Clementi, sulla presunta ipotesi di come gli ebrei potessero tornare a prendere il possesso dei propri averi una volta fatto ritorno dai Campi di Concentramento e di come sarebbe stato difficile per chi ha vissuto con quei propri beni a lasciarli ai veri possessori della proprietà ritrovata. Basterebbe solo comprendere la reazione dei coniugi Mercier: François Mercier si sente subito padrone di tutte quelle ricchezze, mentre Blanche sente il disagio di essersi appropriata di qualcosa che ha preso con la forza, come se l’avesse rubata, sentendosi ospite e mai signora di quella casa ereditata.

Un plauso particolare meritano gli attori del film Daniel Auteuil, Gilles Lellouche e Sara Giraurdeau i quali, sotto la matrice direttiva di Fred Cavayé, hanno ben interpretato l’evoluzione dei personaggi evidenziandone gli sviluppi nella loro interazione triangolare.

Daniel Auteuil e Gilles Lellouche© Web

Tratto dall’omonima pièce teatrale di Jean-Philippe Daguerre, Addio, signor Haffmann è la reazione dell’uomo di fronte agli eventi che provocano tensione o angoscia come la presenza dei tedeschi in Francia e della tormentata ricerca della sopravvivenza da parte di tutti i personaggi.

Un film sottile che vede da un’altra angolazione le inquietudini umane.

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Addio, signor Haffmann – Adattamento dell’omonima opera teatrale di Jean-Philippe Daguerre – Regia Fred Cavayé – Sceneggiatura Fred Cavayé, Sarah Kaminsky, e Jean-Philippe Daguerre – con Daniel Auteuil (Joseph Haffmann), Gilles Lellouche (François Mercier), Sara Giraudeau (Blanche Mercier), Nikolai Kinski (Comandante Jünger), Anne Coesens (Hannah Haffmann) – Direttore della fotografia Denis Rouden – Montaggio Mickael Dumontier – Produzione Philippe Rousselet – 2021.

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