Addio Lando, uomo della Commedia all’italiana.

La critica cinematografica (non tutta per fortuna), come accade in Italia per il grande Totò che veniva definito “guitto”, non gli riservò eccessive lodi tranne ricredersi quando interpretò magistralmente nel 1971 Il merlo maschio diretto da Pasquale Festa Campanile al fianco di una bellissima Laura Antonelli.

Qualche giorno fa ci ha lasciati a 87 anni e 100 film in carriera Lando Buzzanca, un attore capace di raggiungere, come ha scritto sulle pagine di Repubblica, il critico cinematografico Alberto Crespi, “una popolarità tutt’altro che univoca”.

Così l’Italia del cinema quasi sempre distratta sui protagonisti della sua storia, lo ha ricordato con i soliti “coccodrilli” intrisi di banali polemiche familiari, che nulla hanno a che fare con la sua carriera  di attore,  ricca invece di film d’autore come Homo eroticus di Marco Vicario girato al fianco di Rossana Podestà o I viceré di Roberto Faenza solo per citarne qualcuno.

Un istrione della commedia cinematografica Italiana? Un divo televisivo come hanno sottolineato i giornali, capace di tener testa a una grande vedette del palcoscenico di rivista come Delia Scala? O semplicemente senza mezzi termini un attore raffinato e sensibile travestito da commediante come quando interpretò il ruolo di un anziano omosessuale in Chi salverà le rose di Cesare Furesi?

Stefania Sandrelli protagonista con Buzzanca nel 1961 di Divorzio all’italiana e nel 1964 di Sedotta e abbandonata entrambi diretti da Pietro Germi ha dichiarato: «Sul set ho capito la grandezza di un uomo e di un attore ma soprattutto di un caro amico. Divorzio era il mio primo film, ogni sera eravamo insieme con la troupe e Lando stemperava la mia ansia facendomi ridere con quel pizzico di follia che lo rendeva surrealeEra una persona vivace, sensibile e autoironicafu battezzato dalla stampa “homo eroticus” ma quello era solo un’etichetta da film.»

Una carriera lunga quella di Lando Buzzanca, realizzata al fianco di registi di grande spessore: da Dino Risi ad Antonio Pietrangeli, da Elio Petri a Steno fino ad Alberto Lattuada con il quale girò Don Giovanni in Sicilia.  Forse la critica non colse, scrive ancora Crespi, quanto la messinscena del “maschio italiota” nascondeva risvolti oscuri quasi patologici come appunto in Homo eroticus o come nel film L’uccello migratore di Steno attraverso i panni di un’insegnante meridionale, spaesato nella Roma della contestazione  studentesca o come nel film di Luciano Salce Io e lui,  tratto dall’omonimo romanzo di Moravia, dove Buzzanca travestito da macho, nascondeva l’animo controverso di un disadattato, confermando lo spessore di un’artista bravo e intelligente contribuendo in quegli anni d’oro,  dove ancora il pubblico riempiva le sale a garantire al cinema Italiano incassi da capogiro che oggi ci sogniamo! E il pubblico sino alla fine non lo ha mai tradito!

Addio Lando e in chi scrive resta con il ricordo dei tuoi filmi, i pranzi della domenica in campagna a casa del comune amico Roberto Ruggiero penalista nella vita di tutti i giorni, appassionato del tuo cinema come tutti noi.