Addio a un signore del palcoscenico

Se ne è andato ieri Roberto Herlitzka, straordinario interprete teatrale, un gigante della voce, amato dai giovani.

In teatro con Gabriele Lavia Luca Ronconi e nel cinema con Lina Wertmüller. Memorabile poi l’interpretazione nei panni di Aldo Moro diretto da Marco Bellocchio in Buongiorno notte che gli valse un prestigioso David di Donatello e un Nastro d’argento del sindacato giornalisti cinematografici e che lo ha visto protagonista in cinque suoi film.

Si è spento ieri a 86 anni nella sua bella casa romana Roberto Herlitzka, quello che il collega Federico Pontiggia definisce giustamente “un talento inesorabile”, un talento espresso artisticamente in ugual misura fra teatro e cinema. Allievo dell’Accademia d’arte drammatica diretta da Orazio Costa, sui palcoscenici di tutta Italia, Herlitzka ha interpretato i testi di autori eccellenti come ShakespeareGenetBernhardGoldoniMolièreČechov, diretto da registi eccellenti come Calenda, Lavia, Ronconi, debuttando a sua volta come regista nel 2001 con Ex Amleto, mentre in televisione resta irripetibile la sua interpretazione nella miniserie (ma una volta si chiamavano sceneggiati) Un certo Harry Brent, diretto da Leonardo Cortese nel 1970 dove vestiva i panni dell’ispettore Alan Milton e dove gli ascolti televisivi erano a doppia cifra! Nel cinema invece da non dimenticare le interpretazioni in D’amore e d’anarchia e Pasqualino settebellezze entrambi diretti da Lina Wertmuller, quest’ultimo candidato all’Oscar nel 1976 come miglior film in lingua straniera. E come non ricordarlo nel 20214 ne La grande bellezza di Paolo Sorrentino nel ruolo del Cardinale Bellucci con le sue ricette sfoggiate in giardino davanti a suor Maria.

Un grande attore tanto schivo quanto ironico, apprezzato soprattutto dai giovani che lo fermavano per un autografo per la maschera di Boris con la celebre frase, «gradirei morire», Herlitzka è stato un vero signore dello spettacolo, elegante e sobrio, un signore anche davanti alla macchina da presa o illuminato dalle luci del palcoscenico.  Una vita spesa con amore e passione per la moglie Chiara Cajoli scomparsa appena due mesi fa, una vita in simbiosi la loro durata cinquant’anni vissuti con gli occhi incantati di un bambino su un volto scolpito dall’esistenza e che Rodolfo Di Giammarco per ricordarlo ha scritto nel suo elogio: «e noi, siamo tremendamente soli».

Se ne va un gigante del palcoscenico, protagonista in Italia per oltre sessant’anni della storia dello spettacolo e che sapeva lavorare sulle sfumature come pochi. Un cesellatore che ha sempre pensato alla figura dell’attore come uno strumento in ogni sua parte, acquisendo padronanza e controllo del corpo e della voce. La Mostra del cinema di Venezia lo ricorderà come uno dei protagonisti del teatro del nostro tempo.

E per parlare di grandi protagonisti del nostro tempo ricordiamo a 80 anni dalla sua scomparsa lo scrittore francese Antoine De Saint-Exupéry, morto ai comandi del suo Lightning P-38, autore di uno dei   romanzi più popolari in tutto il mondo quel Piccolo principe che ha incantato intere generazioni, sogno indelebile di avventura, coraggio, alla pari dei classici di Conrad e Melville. Un romanzo senza tempo, una favola allegorica indirizzata a tutte le generazioni, pubblicato la prima volta nel 1943, quando Antoine De Saint-Exupéry durante l’ultima guerra pilotava aerei leggeri per gli alleati fotografando gli spostamenti delle truppe tedesche partendo da una base in Sardegna. La sua morte come i libri di avventura è ancora oggi avvolta dal mistero. Il piccolo principe invece è stato venduto in più di 200 milioni di copie, il libro più tradotto insieme alla Bibbia e al Corano.