Lo scrittore cileno Luis Sepulveda, si è spento all’età di 70 anni all’ospedale Oviedo, dove era stato ricoverato da un mese mezzo a causa del coronavirus. Autore impegnato, condannato a lasciare il suo Cile sotto la dittatura di Pinochet e conosciuto soprattutto per il suo best seller “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”. Sepulveda è stato autore di una ventina di romanzi, cronache, storie, racconti e favole per bambini tradotti in una cinquantina di paesi. Nato nell’ottobre del 1949 a Ovalle, una città situata a nord della capitale Santiago, Sepulveda è stato molto attivo nella gioventù comunista e poi in una corrente del Partito socialista ma soprattutto narratore degli oppressi. Ciò gli valse l’arresto nel 1973 da parte del regime del generale Augusto Pinochet. Evocherà questo periodo oscuro in “La folia di Pinochet” nel 2003.
Amava dire “Scrivo perché credo nella forza militante delle parole”, ed ha dovuto aspettare fino al 2017 per riconquistare la nazionalità cilena di cui era stato privato dal dittatore cileno. Incarcerato per due anni e mezzo, fu messo agli arresti domiciliari ma grazie all’intercessione di Amnesty International riuscì a fuggire rimanendo quasi un anno nascosto. Catturato, viene condannato a 28 anni di prigione, una pena poi commutata in esilio sempre grazie ad Amnesty. Nel 1977 lasciò definitivamente il Cile dove non sarebbe mai più tornato. Il giovane Sepulveda fuggì presumibilmente in esilio in Svezia, facendo sosta prima in Argentina per iniziare un viaggio di diversi anni in Sud America dove fondò compagnie teatrali in Ecuador, Perù, Colombia, impegnandosi anche nella lotta armata a fianco dei sandinisti in Nicaragua.
Grazie ad un programma di studi dell’Unesco condivise nel 1978 per un anno la sua vita con gli indiani Shuar in Amazzonia tra Ecuador e Perù, esperienza che gli permise di mettere mano al suo romanzo più famoso “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, pubblicato poi nel 1992 e tradotto in 35 lingue: un invito a ripensare al nostro rapporto con la natura, un’opera commovente e ricca di simboli, tributo alla letteratura e alla natura. Prendendo in prestito la forma del racconto, l’autore cileno racconta la storia di Antonio José Bolivar, il protagonista un uomo vedovo, grande conoscitore della foresta pluviale amazzonica e dei suoi indiani, immergendosi nei romanzi per sfuggire alla barbarie degli uomini bianchi, aveva conquistato milioni di lettori in tutto il mondo, incantato dal talento narrativo dello scrittore e il falso candore della sua scrittura che incontra il popolo Shuar (chiamato anche Jivaros dagli invasori spagnoli). Quando gli abitanti del villaggio lo accusano erroneamente dell’omicidio di un cacciatore bianco, il vecchio lascia i suoi romanzi rosa, per cacciare il vero colpevole, una pantera. Fu un successo mondiale, adattato per il cinema nel 2001 da Rolf de Heer (“Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”), con Richard Dreyfuss nel ruolo principale.
Partendo dall’America Latina, Sepulveda si stabilì in Europa nel 1982, prima ad Amburgo, in Germania, dove intraprese l’attività giornalistica parallelamente al suo impegno ecologista con Greenpeace. Ritrovata la sua prima moglie, la poetessa Carmen Yañez, torturata sotto la dittatura cilena, lo scrittore si stabilì nel 1996 a Gijón, nelle Asturie. Luis Sepúlveda, fu anche, sceneggiatore e regista, scrisse, tra le altre pubblicazioni, “Il nipote americano”, “Le rose di Atacama” o” La fine della storia”. Un altro dei suoi grandi successi è stato “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, destinata ai “giovani” dagli 8 agli 88 anni che ha dato vita a un film d’animazione di grande successo dove si narrano le incredibili e divertenti avventure del gatto Zorbas e del gabbianella Fortunata, esempio di solidarietà, tenerezza, natura e poesia.
Sepulveda ci ha insegnato attraverso le sue tante storie che la letteratura è un grande spazio di viaggi ed emozioni esattamente come la foresta amazzonica che ha attraversato. semplicemente leggendo e trovando la felicita nei libri d’amore.