Addio al re delle ‘lucherinate’, inventore del gossip d’autore e anima segreta del cinema italiano
Tempo fa il regista Marco Spagnoli gli aveva dedicato un bellissimo documentario: Ne ho fatte di tutti i colori. Un titolo che riassume alla perfezione la vita personale e pubblica di Enrico Lucherini — nato in una famiglia borghese romana, medico mancato per amore del cinema il più celebre press agent che il cinema italiano abbia avuto dal dopoguerra del Neorealismo fino a oggi.
Se n’è andato ieri in punta di piedi, come si cammina dietro le quinte di un palcoscenico senza far rumore, nella sua elegante casa-studio ai Parioli. L’8 agosto avrebbe festeggiato 93 anni, circondato da amici e collaboratori come il suo socio di sempre, Gianluca Pignatelli. Novantatré anni vissuti a stretto contatto con le grandi stelle del cinema italiano e internazionale: da Luchino Visconti a Sophia Loren, da Franco Cristaldi a Dino De Laurentiis, da Claudia Cardinale a Florinda Bolkan, e ancora Mario Monicelli, Vittorio Gassman, Totò, Eduardo De Filippo, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Monica Vitti, Alberto Sordi, Francesco Rosi, Luigi Comencini, Carlo Lizzani.
Una vita dietro le quinte, vissuta tra capolavori cinematografici e scandali abilmente orchestrati, tra sfera privata e pubblica. Chi ha avuto il privilegio di sedersi sul grande lettone della sua casa-studio durante le affollatissime conferenze stampa, sa bene cosa significasse “vivere il cinema” con Enrico: fotografi, giornalisti, cineoperatori, amici e divi si mescolavano in un’atmosfera unica, a metà tra il salotto culturale e il set cinematografico.
L’ho conosciuto sin da quando divideva lo studio con Margherita Rossetti e Matteo Spinola. Il suo ufficio è stato e continua a essere una sorta di santuario per qualsiasi film, produttore o artista dello spettacolo che ambisca a emergere, a “essere lanciato”, come solo lo studio Lucherini sapeva fare.
Fu proprio lui, in quell’Italia del boom economico e della Dolce Vita, a inventare ispirandosi alla Hollywood di Elsa Maxwell le celebri “lucherinate”. Oggi le chiameremmo fake news, ma quelle erano opere di ingegno, confezionate con arte e spesso su misura. Come nel 1963, quando al Festival di Cannes per promuovere Il Gattopardo di Visconti, fece passeggiare Claudia Cardinale sulla spiaggia del Ritz con un leopardo al guinzaglio. O quando, per valorizzare l’aura esotica di Florinda Bolkan in Metti una sera a cena, pubblicò una vecchia foto di lei che ballava stretta a Richard Burton, approfittando dell’assenza di Liz Taylor, ricoverata a Los Angeles. E come dimenticare le provocanti foto di Agostina Belli, protagonista di Sepolta viva, con quell’abito bagnato e aderente che lasciava poco all’immaginazione.
Negli ultimi anni, aveva smesso di frequentare la Mostra del Cinema di Venezia, dove, nella camera 135 dell’Hotel Excelsior, condivideva l’ufficio con Gianluca Pignatelli. Era lì che, per anni, si svolgevano interviste e incontri con i cast dei film da lui rappresentati. Ma il mondo era cambiato, e lui lo sapeva bene: «Oggi è tutto un postare foto e notizie, facendosi promozione da soli con un selfie», diceva con una punta di malinconia. A Silvia Fumarola, in una bellissima intervista su la Repubblica, aveva confessato: «Non ci sono più i veri divi».
Per tutti noi che lo abbiamo conosciuto, frequentato, ammirato, imitato e intervistato, Enrico Lucherini resta e resterà quello di sempre: elegante senza mai ostentare, curioso, intelligente, ironico, sempre capace di sorprendere. Ciao Enrico. E grazie per averci insegnato che dietro ogni grande film, c’è anche una grande storia da raccontare.