A Prescindere…Antonio De Curtis: il docufilm di Gaetano Di Lorenzo sul Principe della risata

Antonio De Curtis. Un nome meno usato rispetto all’altisonante Totò, eppure subito riconoscibile perché per sempre legato al Principe della risata. La scelta di celare lo pseudonimo di Totò dona al titolo un tono intimo, famigliare che preannuncia lo stile narrativo privilegiato da Gaetano Di Lorenzo e Francesco Torre, autori dell’opera. Il docufilm candidato al Premio Nastri d’Argento 2020 si concentra sul ritorno a teatro di Totò, dopo anni dedicati esclusivamente al cinema, con la rivista A Prescindere nella stagione teatrale 1956-1957.

La storia si articola secondo due linee narrative ben distinte: una finzionale, in cui il giornalista Di Girolamo, interpretato da Ferdinando Chifari, intervista Gianfranco Ponte nei panni di Totò e l’altra documentaristica, con interviste a professionisti teatrali e non che attraverso ricordi, aneddoti, battute, ricordano De Curtis e il suo lascito. Il docufilm si avvale di contributi inediti, ma soprattutto eterogenei, capaci di esaltare la figura di un gigante della cinematografia e del teatro italiano senza mai adombrare la grandezza dell’uomo dietro il mito: hanno partecipato giornalisti e scrittori come Giuseppe Bagnati e Ennio Bispuri, attori come Elio Pandolfi, Giacomo Rizzo e Corrado Taranto ma anche figure di contorno nella vita del Principe come il suo grande ammiratore Nello Bonvissuto e il suo oculista Giuseppe Cascio.

La presenza di quest’ultimo è giustificata dal fatto che il docufilm si concentra particolarmente su uno degli avvenimenti più influenti della vita di Totò, ovvero la brusca interruzione della tournée 1956-1957 per l’improvviso sopraggiungere di una malattia agli occhi. All’interno della narrazione la cecità diventa metafora di una cortina nera che si innalza sullo sguardo dell’attore, che perde il suo pubblico e si chiude nel buio della sua stanza. Come amava ricordare lo stesso De Curtis:

Il teatro è diverso dal cinema. Quando lavoro in teatro sono eccitato, inebriato…il calore del pubblico, la comunicazione col pubblico…si diventa una cosa sola col pubblico. Infatti quando facevo teatro volevo molta luce, perché mi piaceva vedere la sala, e vedere che il pubblico, la maggioranza del pubblico, faceva le facce secondo quello che dicevo io, secondo la faccia che facevo io…

Il pubblico e il contatto con esso sono per l’attore la linfa vitale del suo teatro. Assistere alla magia delle luci che avvolgono e accompagnano la nascita delle risate sul volto degli spettatori restituisce all’attore quella gioia e spensieratezza che solo la sua arte può evocare. Eppure quella luce si spegne la sera del 3 maggio 1957, quando sentendosi perso, Totò volta le spalle al suo pubblico e sussurra alla compagna e attrice Franca Faldini, “non ci vedo più”. Il buio cala sui suoi occhi e avvolge tutto. È l’inizio della fine: della sua carriera teatrale in primis poiché il tour viene interrotto bruscamente e “A Prescindere” sarà l’ultima rivista portata in scena; ma la malattia segna anche la rapida discesa nell’abisso dei pensieri, nel buio e nella confusione in cui la cecità relega inevitabilmente l’attore. In uno dei contributi più importanti del docufilm, quello di Franca Faldini a cui presta la voce Emanuela Mulè, viene confidato che Totò pianse soltanto una volta, quando stava già meglio e andò a provarsi il frac di scena; si era sottoposto a dosi massicce di cortisone, aveva passato il tempo per lo più in vestaglia o in pigiama ed era ingrassato…e quando si accorse di non poter indossare il frac, ormai troppo stretto, gli vennero giù le lacrime…

 Il pregio di A Prescindere… Antonio De Curtis è quello di mostrare la figura di Totò attore indistinguibile da quella di Antonio De Curtis, l’uomo dietro la maschera. Aneddoti come quello sopracitato sono mezzi preziosi per lo studioso appassionato di cinema e teatro ma anche segreti svelati a chi semplicemente si è imbattuto nell’arte di Totò e ne è rimasto affascinato. Ascoltare di un uomo che piange quando non si riconosce davanti allo specchio è un dolore comprensibile e condivisibile dai più, ma quando ciò si lega al nome di Totò diventa una tragedia. Le lacrime narrate dalla Faldini non sono infatti sintomo di un malessere legato alla sua apparenza, ma piuttosto manifestazione di un dolore più intimo, legato alla sue essenza, quello di non poter indossare più il frac di scena. Questa sola immagine dell’attore privato della sua presenza fisica basta a delineare l’uomo che era Totò, la passione che riversava nel suo lavoro ed è facile comprendere il vuoto incolmabile che ha lasciato nella scena artistica italiana e nel cuore di chi, almeno una volta, ha avuto modo di assistere alla sua arte.

Il docufilm diretto da Gaetano di Lorenzo, prodotto dall’Associazione Arknoah con il contributo di Sicilia Film Commission è disponibile dal 6 luglio sul catalogo Nexo+.

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