Lo abbiamo visto recentemente e ormai da quattro anni di fila, nello spettacolo teatrale “Lo zoo di vetro”, pièce che continua a riscuotere grande successo in ogni data, adesso in scena dal 22 al 27 febbraio 2022 al Teatro Vascello di Roma. Lui è un sensibile Pierrot che porta il nome di Tom, un ragazzo dai mille pensieri e dalle altrettante preoccupazioni procurategli dalla famiglia, i Wingfield. Queste due identità sono racchiuse in quello che è il mondo di Tindaro Granata, l’attore siciliano che lo interpreta brillantemente. Il suo personaggio, sa come ricordargli che per recitare bisogna riuscire ad attingere dal proprio bagaglio emotivo personale, visto che sul palco non tutto è finto come sembra.
La regia di Leonardo Lidi per “Lo zoo di vetro” come ha impreziosito l’opera di Tennessee Williams?
Lo ha impreziosita in due modi. Uno, mettendoci mano drammaturgicamente dandogli un taglio moderno, perché il punto di vista dello spettacolo é il punto di vista di Tom ma con grande attenzione ai pensieri, ai sentimenti e al sentire della madre. Altro punto di valore importantissimo è il fatto che lui ci abbia collocato in un luogo con dei personaggi così indefiniti… definiti benissimo, che sono impalpabili e rappresentano il meccanismo dell’azione che c’è tra gli esseri umani. I pagliacci hanno dato a tutto lo spettacolo un punto d’incontro importante con il pubblico perché questo non si riconosce nei personaggi ma nelle relazioni tra loro. Tu vedi un Pierrot ma non ti immedesimi nel Pierrot, ti immedesimi in quello che succede, in quello che prova quel personaggio. Il regista voleva questo e questo è successo.
La trama della storia porta a fare i conti con le fragilità, lo spettacolo é solo una metafora della condizione umana o svela degli spunti per superarle?
Lo spettacolo è stato scritto come una denuncia alla società americana degli anni ’40 rispetto una sorta di emancipazione che ognuno di noi ha nella prima minuscola e grande società che è la famiglia. Ti sorprende che questa famiglia di ottant’anni fa abbia delle dinamiche molto simili a quelle nostre. C’è una madre che subisce l’assenza di un marito e deve gestire la famiglia di due figli, che hanno ognuno i propri problemi e i propri mondi e lei lo fa in maniera violenta, impositiva. Io non credo che dia delle soluzioni, penso che funga da specchio per far ritrovare a ogni spettatore e a ogni spettatrice una parte di sé. Sarà lo spettatore o la spettatrice a capire se quello specchio è servito per scappare dalla sua condizione oppure se per analizzarsi e quindi affrontarla.
Sul palco si respira un’aria tesa mista a momenti più leggeri, come è stato gestire gli umori del tuo personaggio?
Il regista mi ha detto di percorrere due strade, una è quella del racconto alla gente “devi fare in modo che tu sia uno che accompagna il pubblico dentro la storia”. Io racconto le cose perché sono il legame che c’è tra la storia e il pubblico, tant’è che ho dei pezzettini in cui dico “mia mamma faceva questo… mia sorella faceva questo… è venuto questo amico…”. Poi ci sono alcuni momenti, nel finale, in cui “non devi recitare ma devi fare in modo che il tuo personaggio corrisponda alla tua emotività, al tuo essere artista”. Faccio molta fatica perché cerco di spogliarmi di tutto e di avere un alto grado di sincerità con il pubblico. Devo dire che è compromettente emotivamente perché ti trovi lì dicendo e pensando delle cose come se ti stessero accadendo in prima persona. Quel momento è bello forte. Non ho avuto grosse complicazioni se non il fatto che sentirsi un po’ nudo fa paura, però la risposta del pubblico è talmente bella, talmente piena di affetto e amore che mi ci abbandono, quello è bello per me.
Tom cerca di continuo conforto nel cinema per vivere delle avventure con la fantasia. Tindaro invece in cosa trova rifugio?
(Ride) Ma sai che ti direi anche io nel cinema! A me piace moltissimo andare al cinema e vado moltissimo al cinema, però trovo molto molto molto rifugio nella campagna, nella natura. Quando posso scappo in posti dove ci sono alberi, dove c’è ossigeno, scappo dalla città, dalle persone, da tutto. Il mio rifugio lo trovo nei boschi, nelle montagne. Se non posso scappare dalla città, rimango nelle case, in mezzo alla gente ma con la musica. Non puoi capire quanto sono bello, quanto sono bravo quando ascolto la musica, mi immagino di essere un eroe, mi immagino di essere miliardario, faccio dei viaggi in altri mondi, parlo con le persone morte a cui voglio bene, faccio di tutto. Scappo in questi due modi.
Dopo Roma, quali sono i prossimi appuntamenti nei teatri per venirvi a vedere?
Saremo a Reggio Emilia al Teatro Sociale e poi chiudiamo a Piacenza l’8 di marzo, il giorno della festa delle donne.