«A Lina Wertmuller devo tutto, a questa grande donna regista lungimirante che mi ha inventato». Così Giancarlo Giannini ha commentato la notizia della scomparsa a 93 anni della regista premio Oscar Lina Wertmuller, la prima regista donna ad essere nominata ad un premio Oscar per il film Pasqualino Settebellezze.
Già assistente negli anni cinquanta di Federico Fellini, Lina Wertmuller debuttò come regista con il film I Basilischi girato in un paesino delle Murge in Puglia a pochi chilometri da Bari: ritratto neorealistico girato in bianco e nero dei sogni, delle speranze, dei desideri, delle contraddizioni e delle coscienze rassegnate dall’immobile so dei giovani in una terra bella da fotografare ma difficile da vivere. Sceneggiatrice, autrice di teatro, Lina Wertmuller, sapeva cantare, ballare, era dotata dice Giannini di un grandissimo senso dell’umorismo, le sue grandi amiche di sempre che coinvolse come attrici ne I Basilischi erano Flora Mastroianni, la moglie di Marcello e la contessa Mimmina Quirico, una delle firme prestigiose del Corriere della sera.
Lina Wertmuller aveva una cura maniacale continua Giannini, per i dettagli, stava sul set fino a tarda notte. Personalmente quando per un suo film curavo l’ufficio stampa, sul set a Cinecittà dopo una serie interminabile di ciak, vidi piangere Mariangela Melato. Lina era dura come un generale in battaglia che non te la mandava a dire, E proprio con la Melato, la sua attrice feticcio e Giancarlo Giannini, la Wertmuller firmò capolavori che hanno segnato la storia della commedia cinematografica italiana come Film d’amore e d’anarchia, Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto e Mimi Metallurgico ferito nell’onore. In Pasqualino Settebellezze film-culto realizzato da Lina nel 1975 e restaurato in occasione del Festival di Cannes del 2019, Giannini è il guappo che nella Napoli del 1936, uccide il seduttore di una delle sue sette sorelle, rinchiuso in un manicomio criminale da cui uscirà come volontario di guerra per finire dopo l’otto settembre in un lager nazista dove per sopravvivere dovrà “concedersi” ad una corpulenta kapò.
All’inizio della carriera Lina Wertmuller, la cui filmografia e ricca di oltre cinquanta film, girò anche due ”musicarelli” con Rita Pavone, astro nascente di quegli irripetibili anni ’60 della musica e non solo: Rita la zanzara e nel 1966 Non stuzzicate la zanzara.
A Hollywood dove pochi anni fa ha ricevuto affrontando un lungo viaggio in aereo, l’Oscar alla carriera consegnatogli da Sophia Loren e Isabella Rossellini, i suoi più accesi fans sono stati Woody Allen e Leonardo Di Caprio che hanno visto buona parte dei suoi film, fotografatissimo l’incontro a Cannes grazie a Giancarlo Giannini fra il be Leo e Lina ripreso da tutte le maggiori televisioni del mondo.
Resta nella memoria di chi l’ha amata come donna è come regista l’immagine con i festeggiamenti a Hollywood in occasione della posa della stella con il suo nome sulla famosa Hollywood Walk of Fame, circondata da attori e attrici fra cui la Loren. E poi le divertenti cene a Roma sempre ricche di racconti, con le amiche di sempre e le numerose interviste realizzate anche nella sua bella casa di Roma a due passi da Piazza del Popolo, casa museo della sua vita disegnata dal marito lo scenografo Enrico Jobbe.
Indimenticabile l’ultima poco tempo fa sui cento anni della storia del cinema americano dove mi raccontò sdraiata su un magnifico divano di seta orientale che Hollywood, grazie alla Banca D’America e d’Italia fondata all’inizio del secolo scorso dal banchiere italo americano Amadeo Peter Giannini e sostenuta dalle migliaia di lavoratori italiani a San Francisco, quella banca fu la prima a investire nella nascente industria della celluloide, finanziando fra l’altro il primo film sonoro della storia Il cantante di jazz della Warner Bros. «Si» mi disse, guardando in macchina in un primo piano che lei stessa suggerì all’operatore, «Si, Hollywood è sta realizzata grazie anche ai soldi degli italiani».