The Guilty

“The Guilty” di Antoine Fuqua con Jake Gyllenhaal: la recensione

di Miriam Bocchino

 

“The Guilty”, remake del film danese “Il colpevole – The Guilty (Den skyldige)” diretto da Gustav Möller, è disponibile su Netflix dal 1° ottobre.

Il poliziesco, interpretato da Jake Gyllenhaal e diretto da Antoine Fuqua con la sceneggiatura di Nic Pizzolatto, è un’opera quasi claustrofobica in grado di spingere lo spettatore al limite della visione per poi trascinarlo in una spirale di parole affannate e silenzi. Infine, tuttavia, lo lascia stremato e deluso da ciò che poteva essere e non è stato.

Joe Baylor, ufficiale della polizia di Los Angeles in turno al call center del 911, durante un grande incendio sulle colline di Hollywood, riceve la chiamata concitata di una donna che afferma di essere stata rapita e di aver lasciato i due figli (Abby e Oliver) da soli in casa.

Il rapimento è uno dei tanti casi che sta squassando la città. Il grande fuoco ha scatenato le pulsazioni più moleste e i sequestri, i furti e le sparatorie si susseguono senza sosta.

Joe che l’indomani ha un’udienza importante in tribunale rimane colpito dalla voce della donna, Emily Lighton. Rivede in lei forse un’occasione per salvare una vita e per risanare un durissimo debito con l’esistenza.

“Siamo poliziotti. Noi proteggiamo le persone a cui serve aiuto.”

Durante le 12 ore cercherà, seduto nella penombra di una stanza, di salvare Emily, la quale sporadicamente riuscirà a chiamarlo, nonostante si trovi sul retro di un furgone, rapita dall’ex marito. Una prima domanda sorge spontanea: perché Emily ha un telefono con sé e come mai Henry, l’ex compagno e padre dei suoi figli, non glielo strappa via?

Il film, tuttavia, non dà il tempo di pensare perché le ore scorrono ed Emily è sempre più in pericolo. Bisogna, inoltre, che qualcuno vada a casa della donna per accudire i figli. L’orrore emerge: Oliver, il bambino più piccolo, è gravemente ferito o forse addirittura morto.

Tutto è evidente: a colpire con violenza Oliver è stato il padre Henry.

Non c’è più tempo: è necessario che Emily si salvi.

“The Guilty” sembrerebbe totalmente chiaro ma nulla è ciò che appare, soprattutto quando nell’appartamento di Henry vengono ritrovate delle carte compromettenti. Joe, forse, si è sbagliato e in modo irrecuperabile.

Il regista utilizza una storia di ordinaria follia per cercare di raccontare le pulsazioni umane e come il desiderio di fare il giusto può condurre alla cecità. La fotografia dai toni scuri quasi annulla l’osservazione effettiva per diventare idea di “visione”.

Joe, che ha commesso un’azione terrificante con conseguenze devastanti, cerca in ogni modo di salvare Emily e lo fa in modo schizofrenico: è un uomo perduto nei meandri della coscienza.

Il film si riduce a un solo unico personaggio; gli altri, infatti, diventano fatua presenza (Christina Vidal e Adrian Martinez) e voce. Le parole si susseguono, non si comprende appieno la realtà e ciò che appare alla vista è quasi allucinogeno. “The Guilty”, tuttavia, tradisce le aspettative del pubblico che si ritrova spettatore di una storia in cui la suspence non raggiunge mai la tensione narrativa necessaria a mantenere alta l’attenzione.