Jean Paul Belmondo, beffardo rubacuori del cinema francese
Se nella vita comune si accenna a uno sguardo ironicamente pungente, facendo scivolare il pollice sulle labbra, un qualunque appassionato di cinema capisce immediatamente che si sta imitando Jean Paul Belmondo, detto Bebèl, che il 6 Settembre muore nella sua casa di Parigi a 88 anni. Il famoso gesto lo ritroviamo nel film di Jean Luc Godard, padre della Nouvelle Vague, “Fino all’ultimo respiro”, pellicola che segna una vera e propria rivoluzione, stravolgendo la grammatica cinematografica.
Rivoluzionario proprio per il suo volto imperfetto: labbra carnose, naso schiacciato, sguardo ironico e distaccato. Un non bello, ma per questo unico in quella bellezza antitetica rispetto al rivale in camera, ma amico dietro la camera, Alain Delon. Commoventi le sue parole dopo la tragica notizia di lutto: “Sono completamente annientato… non sarebbe stato male se ce ne fossimo andati insieme”.
Bebèl era figlio di Paul Belmondo, noto scultore di origine siciliana. Dopo aver giocato a calcio e praticato la nobile arte a livelli quasi professionali, viene attratto dalla recitazione e frequenta l’Accademia d’arte drammatica di Parigi. In seguito a una lunga attività in teatro, soprattutto nei classici, nella seconda metà degli anni ’50 debutta nel cinema con “Fatti bella e taci” di Marc Allègret. Da quel momento in poi inizia a cavalcare l’onda che dura per tutta la vita, recitando in ben 80 film, spaziando tra cinema d’autore e pop.
In Italia lo si ricorda al fianco di Sophia Loren ne “La ciociara”, capolavoro di Vittorio De Sica del 1960, interpretando il ruolo di Michele, intellettuale neofascista di cui Cesira si innamora. Rimanendo in Italia, viene scritturato da Alberto Lattuada ne “Lettere di una novizia” sempre nel 1960. L’anno dopo Mauro Bolognini lo vuole per il ruolo di Amerigo nel film “La viaccia”, poi Sergio Corbucci lo vuole al fianco di tanti big made in italy come Totò, Franco e Ciccio, Walter Chiari, Aldo Fabrizi, i De Filippo, Ugo Tognazzi e Raimondo Vianellonel film “Il giorno più lungo”. Renato Castellani propone la coppia Lollobrigida-Belmondo nel 1963 con “Mare matto”. La bellissima Claudia Cardinale, di cui era amico, lo ricorda affettuosamente nel film “Il clan dei marsigliesi” di Josè Giovanni del 1972.
Una vita davanti alla camera fino al suo ultimo ciak avvenuto nel 2008 con “Un uomo e il suo cane” di Francis Huster, un film drammatico che si basa sul capolavoro neorealista “Umberto D.” scritto da Cesare Zavattini e diretto da Vittorio De Sica.
Oggi e domani la Francia e il mondo intero del cinema non lo dimenticheranno: da capostipite della Nouvelle Vague a re indiscusso nel tempio sacro dell’arte cinematografica.