di Miriam Bocchino
“In difesa dell’umanità”: per ricordare l’importanza della vita umana.
Dal 16 giugno fino al 1° luglio si è svolta al Caffè Nemorense, dentro il verde del Parco Virgiliano, la rassegna “Be Pop – Senza perdere l’amore”.
8 appuntamenti gratuiti che consentono al pubblico di ascoltare un dialogo proficuo e di idee sui grandi temi della società: diritti, città, ambiente e questioni di genere.
Il 22 giugno, a seguito della Giornata mondiale del Rifugiato, si è svolto l’incontro “In difesa dell’umanità”, coadiuvato da Annalisa Camilli (giornalista di Internazionale) con ospiti Carlotta Sami (portavoce UNHCR Italia) e Luigi Manconi(politico e sociologo).
L’evento è stato introdotto dalla lettura di un brano tratto da “La frontiera” di Alessandro Leogrande, interpretato da Alessandro Tiberi (attore e doppiatore).
Alessandro Leogrande è stato uno scrittore e giornalista italiano; da sempre impegnato al racconto e alla difesa degli ultimi. “La frontiera” è uno dei suoi ultimi libri prima della morte precoce.
La frontiera da sempre è parte dell’esistenza dell’uomo, è la delimitazione tra il nord e il sud del mondo ma è, soprattutto, un’esperienza individuale. L’uomo scopre e vive la sua zona d’ombra che talune volte rimane tacita ma che altre viene raccontata. È necessario, tuttavia, diventare viaggiatori per comprendere il significato assoluto del termine frontiera.
“Quella parola indica una linea lunga chilometri e spessa anni. Un solco che attraversa la materia e il tempo, le notti e i giorni, le generazioni e le stesse voci che ne parlano, si inseguono, si accavallano, si contraddicono, si comprimono, si dilatano.
È la frontiera.”
La rassegna è proseguita con il dialogo tra Carlotta Sami e Luigi Manconi.
La rappresentante dell’UNHCR (Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati) ha evidenziato come l’anno della pandemia da Covid – 19 sia stato anche quello con il maggiore aumento di migrazioni forzate. 166 Paesi hanno, tuttavia, chiuso le loro frontiere e più di 60 non hanno aperto i confini neanche a chi cercava asilo: questo nonostante la fuga di 82,4 milioni di persone dal proprio territorio.
Si stima, secondo un articolo del Guardian, che i morti a causa delle frontiere chiuse siano stati 2 mila e 400.
“Queste persone sono costantemente accompagnate dell’esperienza della morte. Per loro è una scommessa cercare di varcare la frontiera.”
Emerge dall’incontro l’inconsapevolezza della società e la fallacia di alcune comunicazioni. È necessario, secondo Carlotta Sami, modificare la rappresentazione dell’immigrazione per dare voce agli inascoltati.
Nel proseguo dell’evento si è posta l’attenzione sulla Libia: il territorio è divenuto pericoloso e irto di violenza e abusi.
Donne, bambini, uomini: sono tutti in balia di un sistema malato e illegale che sfrutta la disperazione di chi non ha altra scelta che tentare di fuggire. Fuga che spesso termina con il ritorno dello stesso fuggitivo nel luogo della partenza.
È fondamentale, quindi, smettere di riportare chi viene salvato in Libia e cercare una soluzione che coinvolga tutti gli Stati e che consenta la tutela e la salvaguardia della vita umana.