Il docufilm per i 60 anni di Amnesty International e le interviste al regista e a Flavio Insinna.

Una candela nel filo spinato, è il titolo in italiano del docufilm diretto dal giornalista Rai Fabio Masi, prodotto dalla Rai , che andrà in onda il prossimo 3 Luglio alle 23.00 sulla terza rete diretta da Franco Di Mare.

Presentato in anteprima per la stampa al MAXXI di Roma, Candle in barbed wire celebra i 60 anni di vita e di lotta per i diritti umani di Amnesty International.

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità’ e diritti”, inizia così’ l’articolo 1 della  dichiarazione Universale dei Diritti Umani che il 28 Maggio del 1961 ispirò l’avvocato inglese  Peter Benson a pubblicare dalle colonne del London Observer un articolo intitolato I prigionieri dimenticati, con lo scopo di mobilitare l’opinione pubblica verso coloro che in qualsiasi parte del mondo sono stati imprigionati per le proprie idee o per il proprio credo religioso.

Candle in barbed wire è la storia di 60 anni di lotta per i diritti umani vista e raccontata attraverso gli occhi, le parole e soprattutto le azioni degli attivisti, di coloro che continuano a impegnarsi quotidianamente nei confronti di uomini e donne che sono stati privati dei propri diritti fondamentali e per parlarne ho incontrato il regista Fabio Masi e l’attore e conduttore televisivo Flavio Insinna, testimonial di Amnesty International.

Fabio Masi regista tra i più bravi, molto conosciuto in RAI e non solo, responsabile con Enrico Ghezzi di una trasmissione popolarissima come Blob e soprattutto appassionato documentarista che ha diretto “Candle in barbed wire”, presentato giovedì 27 al MAXXI, per celebrare i sessant’anni di Amnesty International.

Questo è un progetto che nasce in occasione dei 60 anni di Amnesty International e l’idea fiorisce all’interno un terreno comune che esiste fra Amnesty e Blob nella rivendicazione per certi versi del diritto di libertà, di espressione e di potersi esprimere senza nessun tipo di censura.

Su queste fondamenta è stato costruito il docufilm, che racconta attraverso le parole, gli sguardi e moltissime immagini di repertorio RAI e anche di footage a tratti inediti di Amnesty, questi 60 anni di storia di un’associazione internazionale che sono  soprattutto 60 anni di storia e di avvenimenti importanti del nostro pianeta

 

Che toccano quali paesi?

Le testimonianze e le interviste arrivano veramente da tutto il mondo, una su tutte quella realizzata con Marisella Ortis da Ciudad Juárez in Messico, una città al confine tra Guatemala e Messico, una realtà molto molto complessa dove l’impunità regna sovrana e dove i cartelli della droga la fanno da padroni. E dove purtroppo tematiche come il femminicidio sono all’ordine del giorno; ne è l’esempio l’intervista a Monica Benicio, compagna di Marielle Franco consigliera comunale assassinata nel 2018 da un commando armato a Rio de Janeiro, un omicidio per il quale le indagini avviate dalla magistratura hanno accertato un coinvolgimento della famiglia Bolsonaro.  

Blog è diventato un cult movie, un punto di riferimento di come si può fare televisione anticipando quelle che poi sono stati i successi di Report per esempio. E’ stato il primo a creare uno stile  proprio di racconto davvero straordinario che continua ad essere amato dal pubblico.

Blob ha oltre 30 anni e io mi onoro di far parte di una squadra di autori straordinari da quasi vent’anni e oggi Blob è tutto e tutto diventa parte di Blob.  Quando mi soffermo a pensare lo immagino veramente come qualcosa che riesce a mangiare e digerire un po’ di tutto, mettiamola così,  rielaborando tutto quello che vede raccontando la realtà attraverso manipolazioni prima e ora quando accade tutto, basta semplicemente riproporlo.

E in che questo senso dicevo che Blob  ha anticipato proprio il modernismo dell’informazione televisiva.

Trovo che sia sempre un linguaggio estremamente nuovo, cioè non c’è un Blob uguale all’altro per esempio. Abbiamo superato veramente migliaia e migliaia di puntate e se si potessero guardare tutte di fila non troveremmo mai una che si somiglia,  diciamo che  tutte diverse e tutte uguali per certi versi.

Se poi una guarda alle cifre degli ascolti e il successo di tanti anni di lavoro arrivo ad una semplice conclusione: che il pubblico è meno sprovveduto di quello che uno possa immaginare.

Io ho sempre creduto che l’offerta determina il pubblico ed è chiaro che se tu offri un certo tipo di prodotti, raccogli un certo tipo di pubblico Sono felice che Rai3 per questo progetto abbia espresso la funzione di servizio pubblico, su un prodotto che sarà in onda il 3 luglio in seconda serata.

E’ lui l’oggetto del desiderio di tanto pubblico e chi è che non segue le trasmissioni di Flavio Insinna, persona sensibile, artista straordinario, che non poteva mancare ad un’occasione del genere per celebrare i 60 anni di Amnesty International.

 Che cosa è stato e soprattutto cos’è per te Amnesty International.

Sta tutto nel come lo vuoi guardare il mondo, se con indifferenza pensando solo i tuoi piccoli problemi oppure sentire il dolore degli altri. All’entrata del palazzo dell’ONU a New York c’è una scritta che campeggia, coniata da un poeta persiano del XIII secolo mi pare, che dice: “Se tu non senti la pena degli altri, non meriti di essere chiamato uomo”. Secondo me è tutto raccolto in queste poche ma significative parole e il mio sogno è che un giorno mi piacerebbe che Amnesty possa andare come dire in pensione, perché vorrà dire che il mondo è diventato veramente tondo e non più fatto a spigoli e di miliardi di ingiustizie.  Fino a quando ci saranno le ingiustizie, noi continueremo a dare nel nostro piccolo una mano ad Amnesty perché ci vogliamo e ci dobbiamo essere.

Ogni giorno alle 18,45 sei in onda su Rai1 con L’Eredità, una trasmissione che ha il riconoscimento di un pubblico affezionato grazie agli ascolti che la premiano, ma che sta dimostrando grazie anche ad un’attenta selezione dei concorrenti che si possono fare delle eccellenti trasmissioni di intrattenimento e allo stesso tempo fare cultura, stimolando il pubblico a pensare a riflettere e a ripassare tutta una serie di nozioni che per pigrizia abbiamo un po’ dimenticato.

Tu che impressione hai di tutta questa fatica che stai facendo da tanti anni e che pubblico è quello italiano?

Un pubblico sicuramente curioso che vuole sapere e io per primo, perché la sera preparo le domande e le risposte per il giorno dopo e faccio sempre l’esempio banalissimo di quando vai a ristudiare il fatto che tu continui a pensare che Galileo Galilei abbia inventato il telescopio, invece lo ha solo perfezionato. In realtà è stata un’invenzione precedente.  Allora se uno ha voglia, ha la curiosità di sapere dell’altro, come sta, come va, cosa ha fatto e  grazie a Dio in Italia c’è grande curiosità, la curiosità  di venire a giocare  e mettersi alla prova e ringrazieremo sempre il desiderio di conoscere di chi da casa e devo dire non solo  Italia, perché ci arrivano mail da tutto il mondo che ci seguono, vogliono giocare insieme, ricordare una cosa, impararla  e magari dire “Ma guarda un po’ sta cosa non me lo ricordavo e adesso da stasera la so”. Secondo me è la  RAI quella che può intrattenere e divertire e  fare un momento di piccola informazione,  di divulgazione e  di questo sono molto felice.

E il teatro?

Come tantissime compagnie teatrali ci siamo fermati il primo marzo dello scorso anno, io tra l’altro sostengo sempre lUNITA, il sindacato attori,  attrici e i tecnici,  come nell’ultima manifestazione dei bauli a piazza del Popolo a Roma e non parlo per me, come dire lo tocco con mano.  Noi eravamo 15 in compagnia, ripeto non parlo per, me c’è l’orchestra, la cantante, i tecnici che sono che sono a casa, e la mia speranza è quella di ripartire quanto prima.

La tua esperienza sul piano teatrale è stata notevole, quanto ti ha aiutato la popolarità televisiva.

Torniamo alla parola curiosità, secondo me è un bellissimo volano, come dire, un circolo virtuoso quando la gente mi guarda in tv e dice: “ma fammelo andare a vedere dal vivo questo,  che ogni giorno entra dentro casa mia e mi chiede le parole”. Quindi non smetterò mai di ringraziare la televisione, perché per quanto mi riguarda, non essendo un grande del teatro ma un artigiano, posso dire che la televisione sicuramente aiuta e a me piace moltissimo la dicitura, quella antica di scavalca montagne che faceva riferimento alle compagnie di giro di una volta. Prima che tutto si fermasse a causa della pandemia,  stavamo facendo una tournée  andando su e giù per l’Italia, un’occasione bellissima e una possibilità di sentire il Paese, le persone, la curiosità e alla fine dello spettacolo l’incontro con il pubblico, le foto, le chiacchiere. capisci come va, come non va e quindi non vediamo l’ora di ripartire presto.