A Corsier sur Vevey in Svizzera, a pochi chilometri dal lago di Ginevra, dove è sepolto dal Natale del 1977 e dove i suoi resti furono addirittura trafugati per un riscatto di un milione di dollari, poi recuperato, lo ricordano tutti e con i figli e i nipoti, il mondo intero, come uno tra i più importanti ed influenti cineasti del XX° secolo. Charlot, il personaggio attorno al quale Charlie Chaplin (il 16 aprile ricorrono i 132 anni dalla nascita), costruì, larga parte delle sue sceneggiature, trionfatore assoluto al box office, di quei film ancora muti e in bianco e nero che lanciarono Hollywood a cui contribuì a dare fama internazionale con film come “Il vagabondo”. Chaplin, costruì sullo schermo non solo l’ironia, ma una vera rivoluzione “umanistica”, talora nostalgica ed anche sentimentale, talora come sottolineato dagli storici del cinema, comica e beffarda perfino censurata, perché urlava contro le ingiustizie della società’ capitalistica moderna, facendo della maschera di Charlot, l’emblema stesso dell’alienazione ma anche dei sentimenti vedi film cult come “Il Monello” che Chaplin diresse e interpretò nel 1921.
A cui seguirono capolavori come “La febbre dell’oro” del 1925, considerato ancora oggi una delle sue opere migliori, poi con l’avvento del sonoro nel 1929, Chaplin conquista il suo primo Oscar alla carriera, una carriera ricca di film come “Luci della città’” ancora muto, accompagnato però in sync da una coinvolgente colonna sonora, alla prima del film a Los Angeles con Chaplin andò anche il Nobel della fisica Albert Einstein. All’arrivo in sala, il pubblico si alzò’ il piedi tributando alla coppia un’entusiasmante standing ovation e Chaplin rivolgendosi al padre della Relatività’ disse: ”Vede, applaudono me perché’ mi capiscono tutti; applaudono lei perché’ non la capisce nessuno”. Ma il film che in piena epoca muta resta ancor oggi un capolavoro nel panorama cinematografico del grande autore, fu senza dubbio “Tempi moderni”, dopo che a Parigi gli era stata attribuita la prestigiosa Legione d’onore. Chaplin dichiarò: “I miei indescrivibili pantaloni, rappresentano una rivolta contro le convenzioni, i miei baffi, la vanità dell’uomo e il cappello e il bastone, tentativi di dignità’”.
Una sceneggiatura che portò Chaplin ad un pignolo lavoro di identificazione, quando dieci prima visitò lo stabilimento Ford di Detroit dal quale usciva un’auto ogni 40 secondi. Le impressionanti linee di montaggio lo ispirarono sicuramente nella progettazione del set.
Poco dopo in Germania Hitler salì al potere e Chaplin gli dedicò con spavalderia critica un altro capolavoro come “Il Grande Dittatore”, una feroce satira contro il nazismo e conseguente condanna dell’antisemitismo, film che nel 1941 conquistò ben cinque nominations all’Oscar, fra cui quella per il miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura originale.
Fu il primo lungometraggio con audio completo. Quando il film uscì nel 1940, gli Stati Uniti non erano ancora ufficialmente in guerra con la Germania nazista. ”Il Grande Dittatore” alla fine non vinse nessun Oscar, ma ancora oggi rivedendo fra le altre la famosa sequenza in cui Chaplin-Hinkel danza con il mappamondo sulla colonna sonora de “Lohengrin” di Wagner, si resta ancora a bocca aperta. Chaplin in seguito disse che non sarebbe mai stato in grado di girare il film, se la reale portata di quei crimini fosse stata ampiamente conosciuta.
Ma ad Hollywood regnava l’epurazione dettata dal maccartismo, la stessa che cacciava attori scrittori registi accusati di essere filocomunisti e di attività antiamericana.
Benché vivesse da anni negli Stati Uniti e vi pagasse le tasse, Chaplin non aveva mai rinunciato alla cittadinanza britannica e mai chiesto quella americana. Nel 1947 mentre usciva sugli schermi il suo film “Monsieur Verdoux” venne pubblicamente accusato di filocomunismo e nel 1949 divenne uno dei bersagli insieme a tanti altri artisti del Senatore Joseph McCarty. Nel 1951 dopo tanti film consacrati all’immortalità’, tanti amori chiacchierati, scandali, matrimoni veri e falsi come quello con l’attrice Clodette Colbert e invece quello vero nel 1943 con la diciasettenne figlia del drammaturgo Eugene O’Neal,Oona, iniziò a girare “Luci della ribalta”, il suo ultimo film prodotto da Hollywood e interpretato al fianco di Buster Keaton, dove debuttò l’allora giovanissima figlia Geraldine. ”Per gravi motivi di sfregio della moralità’ e per le trasparenti critiche dei suoi film al sistema democratico del paese che gli aveva dato fama e ricchezza, Chaplin e la sua famiglia che si era imbarcata per l’Europa, proprio per la prima mondiale a Londra di “Luci della ribalta”, furono raggiunti a bordo da un decreto di espulsione del Ministro della Giustizia statunitense.
Nel 1957 Charlie Chaplin torno a dirigere con il film “Un re a New York” il cui tema era proprio il maccartismo, di cui era stato vittima. L’ultimo film che diresse fu “La contessa di Honk Kong” nel 1967, con Marlon Brando e Sophia Loren, che di lui disse: “Chaplin è un attore e un regista meraviglioso e dietro di lui lo è altrettanto la moglie Oona ”. In Italia Chaplin fu accolto a braccia aperte da tutto il mondo dello spettacolo e Chaplin volle incontrare anche Renato Rascel, che aveva ammirato nel film “Policarpo ufficiale di scrittura”.
Nel 1972 riconciliandosi con Hollywood tornò a Los Angeles per ritirare il suo secondo Oscar alla carriera accolto dal ghota del cinema con una ovazione lunghissima e l’anno successivo ricevette ancora la preziosa statuetta per la colonna sonora del film “Luci della ribalta” a distanza di vent’anni dalla sua uscita.
Il 4 marzo del 1975 due anni prima di morire in Svizzera e dopo anni di esilio volontario, la Regina Elisabetta lo nominò baronetto della Corona per meriti artistici.
“Senza Chaplin”, disse al suo funerale l’attore Jaques Tati “non sarei mai diventato l’attore che sono “ e Federico Fellini scrisse: “E’ scomparso nella stessa atmosfera natalizia in cui lo vidi per la prima volta al cinema a Rimini. I suoi film erano e saranno sempre i più importanti. Da bambino lo vedevamo come un omino cui dovere gratitudine e lo si accettava come un fatto naturale come la neve d’inverno, il mare d’estate e Gesù’ Bambino”.