“Amici vicini e lontani buonasera, buonasera! Buonasera ovunque voi siate!” Così cominciava alla radio senza le immagini della televisione agli inizi degli anni cinquanta, Nunzio Filogamo, lo storico presentatore del Festival di Sanremo
Erano gli anni che precedevano il boom economico che gli italiani si apprestavano a vivere, alla vigilia dell’evento televisivo della Rai.
Re e regine di quel Sanremo erano artisti come Flo Sandon’s, Gino Latilla, Achille Togliani, Nilla Pizzi che trionfava con “Papaveri e papere”, l’orchestra di Cinico Angelini con il Quartetto Cetra. Poi con il boom economico e l’avvento della televisione, l’Ariston di Sanremo si affermava arena popolare di cantanti, orchestre, canzoni scenografie, con Modugno e quel “Volare” che conquistava non solo l’Italia, ma tutto il mondo.”
Era la Sanremo di Ornella Vanoni, Teddy Reno, Rita Pavone, Fred Bongusto con la sua “Rotonda sul mare”. Renato Carosone che lanciava lo swing con “Tu vuò fà l’americano”, Albano con la giovane moglie Romina Power figlia del celebre divo di Hollywood Tyron. Adriano Celentano con Claudia Mori; Johnny Dorelli, Caterina Castelli, e Gigliola Cinquetti che affascinava maliziosamente con “”Non ho l’età”. Da Harlem ad interpretare le canzoni in gara, arrivava persino Louis Armstrong e molto tempo dopo anche Ray Charles.
Nel 1960, Fred Buscaglione, un altro protagonista di quell’Italia canterina che scomparse in un incidente d’auto a Roma. Era il 3 febbraio del 1960. “ Che notte, Che botte quella notte” cantava Fred, conquistando le teenagers e non solo con quella sua voce bassa e roca, sigaro e baffetto alla Clark Gable, un nuovo eroe della canzone in quell’Italia che odorava di night club, vizi umani, amanti e whisky a fiumi.
Poi Sanremo si vestì a lutto per la morte di un grande come Luigi Tenco, un triste evento che fece da spartiacque ad un mondo sempre più in evoluzione, sempre più seguito e soprattutto sempre più competitivo. Le grandi case discografiche, milioni di dischi venduti, il palcoscenico più famoso al mondo diventava marketing mondiale della canzone.!
“Parole, parole, parole…” cantava Mina che di Sanremo fu regina assoluta.
La prima ed unica volta che come cronista andai a Sanremo, prestato dal cinema alla canzone, fu alla fine degli anni novanta, quando per il TG2 della Rai diretta da Clemente Mimum seguivo la Berlinale Cinema giunta alle ultime battute. Il direttore mi chiamò al telefono sollecitando il mio rientro a Roma, perché aveva deciso che dovevo seguire l’evento per la testata e soprattutto per gli speciali del TG2.
L’arrivo nel tempio della musica fu traumatico, ero abituato allo star system del cinema, gli Oscar ad Hollywood, i set cinematografici, i reportage, le interviste con i divi in un apparato estremamente organizzato, soprattutto con le Majors americane.
Mi resi subito conto appena arrivato, andando a trovare il collega Vincenzo Mollica, esperto di quel mondo, che l’universo cinema in confronto faceva ridere. Il pathos, le nevrosi di Sanremo, la confusione era un baratro difficile da vivere ed interpretare, Mi venne la febbre a 40° C, e decisi di chiudermi in albergo. La cosa più grave è che non avevo idea di cosa fare! Poi durante la notte, grazie alla febbre, forse, e ad una dottoressa che arrivò da Genova per curarmi arrivò anche l’idea: quella di scrivere per immagini un pezzo recitato tutto in rima con i proverbi legati al cantare accompagnati dalle immagini del passato e del presente di Sanremo, intervallate da un mio primo piano nel quale accennavo al celebre motivo lanciato dal Trio Lescano, quello del famoso ritornello “Parlano d’amore, tuli, tuli, tuli, tulipan”.
Chiamai il responsabile della produzione Rai a Sanremo, Alberto Mancini e gli chiesi se era possibile avere un operatore la mattina del giorno dopo, deciso ad inventarmi qualcosa. La fortuna volle che proprio alle 8 davanti all’Ariston, avvenne l’incontro felliniano con uno smilzo maestro di matematica che mi svelò che a pochi chilometri da Sanremo c’era uno straordinario collezionista di canzoni sanremesi che aveva allestito in due vagoni letto su un binario morto della stazione una vera e propria raccolta di cimeli tra i quali dischi sagomati dei divi e alcuni jukebox d’epoca. A fianco del binario una tenda da circo montata che serviva da night club per i turisti francesi che venivano da Mentone. Questo personaggio conservava della Sanremo che fu, una vera miniera di ricordi. Inoltre sul piccolo palcoscenico del tendone c’era persino un piccolo microfono in stile anni cinquanta che usavano i cantanti per esibirsi ancora. E mentre provavo a cantare quel famoso motivetto del Trio Lescano, vidi arrivare Gino Latilla che da li a poco si sarebbe esibito quella sera stessa sotto quel tendone. Lo invitai a cantare con me quelle poche parole e lui accettò. L’ operatore impazzì, io pure! Ma alla fine buona la prima! Avevo realizzato il mio reportage in versi sul cantato grazie a quell’improvvisato duetto con Gino Latilla. Lo speciale durò quattro minuti e fu un successo.
Ma i riflettori stanno per riaccendersi sulla settantunesima edizione del Festival. Sul palco a dirigere l’astronave ci sarà ancora Amadeus affiancato da Fiorello, accoppiata vincente riconfermata dopo gli ottimi risultati di ascolto della passata edizione.
Le voci moderne, tranne il ritorno di Orietta Berti alla sua dodicesima partecipazione a quasi vent’anni(era il 1992) dalla sua ultima apparizione, sono quelle di, Francesco Renga, Ermal Meta, Arisa, I Maneskin, Malika Ayane,Max Gazzè, la rossa Noemi, il ritorno di Bugo dopo le polemiche dello scorso anno per la mancata esibizione con Morgan, Lo Stato Sociale, l’inedita coppia per il palco sanremese Fedez e Francesca Michielin solo per citare qualche nome di un parterre de roi degno di ascolto, affiancati da una battagliera truppa di otto nuove proposte.
Ma come sarà questo Sanremo 2021?
Fra le varie notizie catastrofiche che avvolgono il mondo a cominciare dalla pandemia che sta piegando le economie di mezzo pianeta, continuo ad essere e a sentirmi più che mai un cronista di cinema. Lascio il giudizio agli esperti, però il fenomeno resta e forse secondo me, un giorno Spielberg ne scriverà un film.