di Miriam Bocchino
In scena al Teatro Vittoria fino al 25 ottobre lo spettacolo “Amore a Roma tra il Diavolo e l’acquasanta. Viaggio dell’amore, attraverso i secoli, tra i misteri e le magie della Città Eterna” del regista Carlo Lizzani, con gli attori Simone Balletti, Valerio Camelin, Chiara David, Virginia Della Casa e Stefano Dilauro.
L’opera, prodotta dalla compagnia Attori e Tecnici, attraversando i secoli, dal 1300 fino ai giorni odierni, racconta la storia di quattro amori infelici ma eterni.
La scena si apre con il palcoscenico buio, silenzioso: una voce interrompe le elucubrazioni degli spettatori che stanno osservando un teatro apparentemente dormiente.
I veli si squarciano e si svelano gli attori. La storia del primo amore può essere raccontata.
Fausto Baialardo, un burattinaio e Margherita, una lavandaia sono due giovani della Roma popolare, povera e disillusa.
Il loro amore non riesce a compiersi perché la fanciulla desidera emanciparsi dalla sua condizione economica, spingendosi fino alla prostituzione. Crede, infatti, che l’amore non sia “materia per i poveri” e costringe inconsapevolmente Fausto a una scelta terribile: vendere la propria anima a Satanasso in cambio del libro della conoscenza. Quando, tuttavia, la morte sopraggiungerà, Mefisto si scoprirà ingannato e condannerà i due amanti all’infelicità eterna. Le loro anime diverranno altri corpi e nuove storie ma la gioia del sentimento non prevarrà mai sulla maledizione del diavolo.
Il secondo amore è quello tra Severio e la Papessa Giovanna che veste le mentite spoglie del fraticello Gilberto.
Le anime di Fausto e Margherita vivono nei loro corpi e nella loro storia condannata all’infelicità. Giovanna, infatti, così come Margherita, ricerca il benessere, pur amando il pecoraro Severio, fino a spingersi a divenire un cardinale e successivamente il Papa. Severio, così come Fausto, si piega all’amore, ne diventa vittima e si condanna a un’esistenza di dolore e ricordo.
Orfeo ed Euridice, il terzo amore dello spettacolo, rappresentano il simulacro dell’impossibilità di toccare palpabilmente il sentimento.
Orfeo ama Euridice ma la donna non esiste realmente, diviene esistente solo nel momento in cui l’attrice Annamaria interpreta il suo ruolo durante il carnevale romano.
Mefisto ha condannato i due amanti a un amore irrealizzabile in cui la perfezione del sentimento lo rende impossibile nell’attuazione.
L’ultima storia narrata è quella dei due maialini del Pincio: le anime degli amori infelici si sono incarnate in due esseri totalmente indifesi e condannati a una sorte crudele.
“Amore a Roma tra il Diavolo e l’acquasanta” racconta non solo il destino sventurato di anime costrette all’incontro e alla separazione ma, soprattutto, il fluire dell’esistenza, di cui il teatro è incarnazione. Come gli amori di Roma sono divenuti “altro” così il teatro può trasformarsi, pur mantenendo intatta la sua essenza di arte.
Lo spettacolo, interpretato in dialetto romano e in italiano, attraverso i movimenti scenici (Maria Grazia Sarandrea) e la recitazione degli attori, un superbo gioco di luci (Alessandro Pezza) e le musiche inserite precisamente nella narrazione, è il perfetto connubio tra ironia e dramma.
L’opera, in chiave ironica pur se con elementi di esoterismo, di cui Roma è sempre stata dimora con le sue storie di leggende e misteri, è un omaggio alla città eterna, ai luoghi di storia e tradizione quali il Testaccio, il Pantheon, la Basilica di San Pietro, il Pincio e il Mattatoio.
Lo spettacolo, metafora dell’esistenza, racconta, in un autunnale serata romana, come le difficoltà attuali non debbano fermare il fluire della vita che, con il suo andirivieni di resurrezione e morte, da sempre risorge dal dolore per trasformarsi in rinascita.