Glen Martin Taylor è un artista e designer contemporaneo che utilizza molti simbolismi nelle sue composizioni riportandoci in tal modo alla filosofia del Kintsugi.
Il Kintsugi, parola composta da “kin” (oro) e “tsugi” (ricongiunzione) è l’antica arte giapponese che riconosce lo splendore delle imperfezioni come segno di unicità. Oggetti di uso quotidiano in ceramica quali piatti, vasi o altro, anche se rotti vengono riparati, usando come “collante” oro o argento liquido, in modo da saldarne preziosamente i pezzi. Questa è un’antichissima pratica che risale al 15° secolo, ma probabilmente ha origini ancor più lontane risalenti fino ai monaci tibetani.
Lo stesso artista, relativamente a questa disciplina, dichiarò: “Avevo letto dell’antica arte del Kintsugi e a suo tempo avevo imparato a rivestire di rame e saldare le vetrate colorate. Poi ho sentito che la gamma espressiva emotiva era infinita“. Lo stesso Taylor in realtà è andato molto oltre la filosofia giapponese, procedendo nella sua ricerca personale, in un mondo che brulica di stimoli che egli stesso coglie come spunto creativo.
Realizza così degli insoliti ensemble rielaborando quello che da altri viene rifiutato che invece nelle sue mani diventa oggetto d’arte e di design. La sua peculiarità è quella di usare frammenti di delicata ceramica unendoli a materiali singolari dal forte contrasto come filo spinato, coltelli, pezzi di vecchi libri, catene, spaghi e corde. Ricomponendo in tal modo parte degli oggetti domestici danneggiati, conferisce loro nuova vita in arte con un risultato finale davvero molto piacevole.
Non si lascia dunque ingabbiare in una sola etichetta, in un unico cliché, e nemmeno in un solo modo di essere o di “usare le cose”. Le reinventa, ricollocandole, diventando a sua volta un “artigiano dell’arte” ma che affonda le sue radici nell’antichità. Va dunque contro corrente, contro il consumismo forsennato dei nostri giorni, facendo in qualche sorta anche una scelta “green” a salvaguardia del mondo.
La sua arte ci parla in modo diretto: in ognuno di noi ci sono fratture, fragilità, ma anche diversi punti di forza, basta saperle vedere da altre prospettive, applicando, perché no, il pensiero laterale, ovvero approcciando da una differente angolazione il “problema da risolvere”.
Secondo quanto indica la filosofia del Kintsugi, non “buttando” più le cose si impara ad “aggiustarle” e si riesce anche a sviluppare una sensibilità che possiamo usare non solo con gli oggetti, ma anche con le persone, oltre che con noi stessi. Aggiustare qualcosa è un esercizio di tempo e pazienza, una metafora della resilienza. Quest’arte porta dunque con sé un messaggio di rinascita che ci incita a elaborare anche le difficoltà, come dire che le fratture arricchiscono il nostro percorso di vita e in nostro “sapere” aggiungendo anche un prezioso valore umano.