di Miriam Bocchino
Sinestesia: dal greco Syn (insieme) e Aisthànestai (percepire). La parola indica un’esperienza di percezione simultanea in cui i sensi si sovrappongono nell’interazione.
Il 15 ottobre, nell’ambito del Live Cinema Festival, si è svolto il Symposium “What is the synesthesia?”.
I relatori si sono interrogati sul fenomeno percettivo e su come l’arte, nello specifico l’audio visual, concorra nel perseguire questa manifestazione sensoriale.
Live Cinema Festival, giunto alla sua VII edizione, nasce nel 2014 al Quarticciolo. Durante il corso degli anni ha assunto una sempre maggiore rilevanza nel panorama romano e nazionale riuscendo quest’anno a ospitare artisti provenienti da 10 Paesi del mondo.
Il claim della rassegna, “vedi i suoni e ascolta le immagini”, indica l’obiettivo che si prefigge l’evento, il quale vuole, attraverso la sperimentazione e l’arte dal vivo, far conoscere al pubblico una forma di espressione caratterizzata dalla commistione tra nuove tecnologie e innovazione artistica.
La creazione simultanea di suoni e immagini, in un dialogo continuo, dà vita all’approccio sinestetico.
Francesca Carmignani (psicologa, psicoterapeuta e psicoanalista) e Daniele Vazquez (antropologo, psicogeografo, urbanista e scrittore di science fiction) sono stati i relatori del Symposium.
Francesca Carmignani nel suo intervento dal titolo “Non siamo tutti sinestetici ma siamo tutti sinestesia” ha posto l’enfasi sulla psicanalisi, sua materia di studio e lavoro, utilizzando la figura di Jacques Lacan, uno tra i maggiori psicanalisti del suo tempo.
La psicanalisi non è, secondo la relatrice, solamente un’esperienza di parola bensì è “corpo”, è congiunzione di sensi.
Il suono, infatti, plasmato di parole, incide e fa risuonare il corpo, creando sinestesia.
Daniele Vazquez si è soffermato, al contrario, sul linguaggio, affermando come la sinestesia non sia una patologia, come molti sostengono, bensì una capacità adattiva che tutti possono avvertire.
La poesia, secondo il relatore, è ricca di sinestesia giacché è in grado di far percepire all’uomo un “altro sé”.
Una dimensione sinestetica è anche quella odierna, in cui la pandemia ha suscitato un’alterazione di coscienza del mondo e quindi un cambiamento di percezione.
Gli artisti Dylan Cote, Pierre Lafanechère, Zságer Balázs e Kati Katona in un breve dialogo coadiuvato da Marco Savo, fondatore di Audiovisual City, hanno fornito ai presenti la testimonianza di come l’arte, soprattutto la visual art, auspichi di suscitare un’alterazione dei sensi e quindi un fenomeno sinestetico.
Udito e vista, infatti, sono i sensi più sviluppati nell’essere umano e quindi quelli che maggiormente riescono, nella stimolazione, a confluire nella stessa esperienza percettiva.
La visione dell’installazione Machine for Living dell’artista canadese Sabrina Ratté ha concluso il Symposium.