di Miriam Bocchino
È stato in scena al Teatro Trastevere lo spettacolo “Ero 70” scritto e diretto da Emanuele Bilotta, con protagonista David Capoccetti.
L’opera parla della droga prendendo come spunto iniziale gli anni ’70: periodo in cui l’eroina ebbe la sua maggiore diffusione. Oggi, i dati registrano una nuova ondata di eroinomani sul territorio italiano, suscitando il bisogno di una maggiore riflessione.
Riflessione che David Capoccetti tenta di fare sul palcoscenico del teatro.
Accompagnato dalla chitarra e dall’armonica, il protagonista giunge trafelato sulla scena, rivolgendosi non al pubblico presente bensì a un “terzo” e al suo impresario Armando, che, dietro le quinte, dà suggerimenti all’attore per la buona riuscita dell’opera.
Capoccetti si muove convulsamente, gesticola e cambia intonazione di voce; nonostante, probabilmente, voglia ricreare l’effetto “eccitante” che le sostanze stupefacenti generano su l’uomo, suscita “disordine” nel pubblico, facendo spesso venire meno l’attenzione sul messaggio che vuole comunicare.
L’attore narra le origini della canapa e la sua evoluzione nel corso dei secoli, ponendo l’accento su come gli interessi politici e sociali l’abbiano “demonizzata”, nonostante inizialmente si usasse nella vita quotidiana.
In “Ero 70”, opera che ha dei connotati quasi politici, l’interprete afferma che non è stata la diffusione dell’hashish e della marijuana a contribuire al successivo utilizzo dell’eroina, bensì la legittimazione dell’uso di pillole chimiche e psicofarmaci, avvenuta negli anni ’70.
Anche i media hanno dato il loro apporto, secondo Capoccetti, al “fenomeno droga”: l’episodio del barcone sul Tevere nel 1970 in cui si affermò che la polizia avesse scoperto 2 mila giovani drogati, notizia che si scoprì essere falsa, ne è un esempio.
Nello spettacolo, l’attore si avvale dell’ausilio di tracce audio che consentono di ascoltare le voci, non solo dei tanti caduti nel baratro della droga, bensì anche delle loro famiglie, spaventate e inconsapevoli della difficoltà sopraggiunta.
David Capoccetti non riesce forse ad abbattere la quarta parete; tuttavia, un plauso va alla seconda parte dello spettacolo, in cui emerge più chiaramente l’aspetto di solitudine e di dolore a cui l’uso di droghe conduce l’uomo.