“Contro il vento contro il tempo. Diario di un vagamondo” di Danilo Micheli: la recensione del libro

di Miriam Bocchino

 

 

“Il viaggio non ha mete precise e il suo scopo non è arrivare” (Lao Tze).

Viaggio come meta di conoscenza, incontro e riflessione: elementi questi presenti nel primo libro di Danilo Micheli “Contro il vento contro il tempo. Diario di un vagamondo”, pubblicato da “Il Cuscino di Stelle”.

L’autore, attraverso i suoi appunti che formano la totalità dell’opera letteraria, rende manifesto il suo modo di vivere, dedicato da sempre all’ambiente e all’ecologia, in un viaggio fisico e intimo.

Danilo Micheli introduce il lettore alla narrazione attraverso un “preludio” in cui esplica la sua personale concezione dell’esistenza e indica i motivi che lo hanno spinto a dedicarla interamente alla conoscenza degli altri (luoghi e persone).

Lo scrittore si definisce un visionario, un uomo che si è prefissato di oltrepassare la quotidianità del vivere e un girovago che, per oltre 50 anni, ha vissuto in ogni luogo, non trovando, tuttavia, un posto in cui fermarsi. Oggi Danilo, infatti, vive a Morlupo, sua terra natia; questo a ricordare, forse, la circolarità della vita che fa tornare sempre l’uomo alle sue origini, al luogo di partenza dell’intera esistenza.

Nel preludio l’autore dichiara di aspirare, attraverso i suoi “appunti di viaggio”, a un fine superiore: quello di spingere le nuove generazioni al cambiamento e all’interrogativo.

“Tutto fluisce, si modifica, prende forme nuove che ci possono indicare una strada migliore.”

“Contro il vento contro il tempo. Diario di un vagamondo” conduce il lettore nei tanti viaggi vissuti da Danilo, il quale appare un viaggiatore, spesso solitario ma in grado di trovare compagni con cui condividere il tempo e ostico alla tecnologia ma capace di apprezzare il bello che gli appare in ogni nuovo incontro.

Attraverso una scrittura informale e che scorre troppo velocemente nella narrazione, si percorre, con le parole dell’autore, le frontiere del mondo, scoprendo la diversità e la bellezza nascosta e manifesta.

I primi viaggi, all’interno del libro, sono quelli nel Brasile e nel Kerala (India del Sud) con due brevi lettere che racchiudono i pensieri del viaggiatore.

Con lo scorrere delle pagine si scopre ulteriormente il modo di viaggiare di Danilo, costellato di “giacigli di fortuna” e lunghe attese alla ricerca di un passaggio in autostop. La Finlandia detiene il suo personale record di sosta: 9 ore.

Il viaggio in America, a bordo di una nave, sembra, invece, ripercorrere una storia antica in cui il navigare era imperniato di attese, silenzi e incontri. Il cielo stellato, i delfini, l’apprendimento dei rudimenti del mestiere rendono l’aspirazione al raggiungimento dell’America un’esperienza preziosa e da condividere.

L’Est Europa catapulta il lettore negli anni ’70 e in un momento storico descritto come dominato dal fermento e dalla voglia di rinnovamento.

Il viaggio di Danilo è costellato, anche, di imprevisti e di disagi che nella narrazione diventano racconto: come il dormire sui vagoni di un treno con gente sconosciuta a Sofia oppure sul tavolato di un portico in Guatemala.

Nello scorrere delle pagine è possibile scoprire storie quasi sconosciute, come quella del Re della Polinesia, che nel 1980 era Tupou IV o quella di Giulio Massasso, agricoltore partito dall’Italia prima dell’avvento della Seconda guerra mondiale e rimasto nella terra che da sempre affascina gli uomini in quanto portatrice di mistero e di bellezza.

L’Australia diviene il racconto della vita degli aborigeni mentre la Nuova Zelanda il ricordo di una natura incontaminata e ricca.

Il Brasile, terra in cui l’autore ha vissuto tre anni, diventa metafora della vita degli “ultimi” e ricordo personale, ovvero l’incontro con la moglie e la nascita della figlia.

La narrazione continua con ulteriori viaggi, come quello a Cuba, terra di contrasti, nel Kirghizistan, in cui Toto Cutugno diviene il fulcro di un viaggio in macchina con sconosciuti o in Iran, nel racconto dei 40 giorni in cui l’autore vi è stazionato.

“Contro il vento contro il tempo. Diario di un vagamondo” è un libro che consente di comprendere, seppur marginalmente, il significato del viaggiare per chi della partenza ha fatto ragione di esistenza. Un maggiore approfondimento dei singoli viaggi potrebbe far apprendere maggiormente la storia dell’autore e la sua visione del vivere, oltre che la bellezza dei luoghi vissuti.

“La ricerca di un luogo ideale con una società più giusta continuerà, e anche se durasse tutta la vita, senza successo, ciò che conta è il cammino intrapreso che ci arricchirà comunque.

Il momento più bello è sempre stato per me la partenza, non gli arrivi.

Essa già contiene propositi di cambiamento, apprendimento, metamorfosi, rinnovamento, rinascita, dilatazione di coscienza, ai quali dobbiamo mirare sempre. Viaggio è metafora di un percorso di vita.”