CIAO LEE, IL TUO SASSOFONO NON SUONERÀ PIÙ

Un’altra leggenda del jazz dopo Manu Dibango e Ellis Marsalis vittima del coronavirus: il sassofonista Lee Konitz uno tra i più influenti della storia del jazz è morto mercoledì sera di COVID-19 a New York. Riconoscibile per il suo suono puro e arioso, straordinario improvvisatore, seppe distinguersi dalla colossale influenza di Charlie Parker, ispirando negli anni a venire generazioni di musicisti. Nel corso di una carriera lunga 75 anni, ha affrontato diversi generi, dal bebop, al jazz più sperimentale, per non parlare del jazz cool di cui è diventato più grande esponente vivente, portatore di una filosofia unica ma coerente del jazz.

Meno leggendario e turbolento di Miles Davis, e Charles Mingus, con cui aveva suonato, più discreto e modesto, Lee Konitz non ha mai cercato la luce dei riflettori, solo per affermare la sua singolarità: reinventare costantemente alcuni standard, come per dimostrare fino alla fine l’infinita possibilità e l’assoluta libertà offerta dal jazz. Merita indiscutibilmente di essere tra i jazzisti da collocare nell’Olimpo del jazz, in assoluto uno dei suoni più belli del sassofono,  improvvisatore geniale, il meno attaccato alla rigida composizione e più all’invenzione istantanea e alla perpetua ricostruzione degli standard bepop cari a Charlie Parker.

Iniziò a studiare clarinetto all’’età di 11 anni, prima di passare al sassofono contralto. Lee Konitz intraprese la carriera professionale all’età di 17 anni, poi l’incontro illuminante con il pianista visionario Lennie Tristano originario di Chicago come lui che apri al giovane sassofonista nuovi orizzonti. Konitz fu audace pioniere del jazz cool, e della grande transizione tra musica popolare e l’espansione del vocabolario armonico nell’improvvisazione jazz.

Oltre a Miles Davis, Charlie Mingus e Lennie Tristano, Lee Konitz ha collaborato con una serie di grandi nomi del jazz nel corso dei decenni, che vanno dal più classico al più sperimentale: Gil Evans, Ornette Coleman, Charlie Haden, Warne Marsh, Chet Baker, Michel Petrucciani per citarne alcuni. Ha sempre voluto scandagliare tutti gli aspetti dell’improvvisazione, dalle avanguardie alla correzione degli standard musicali.  Determinato ad evolvere la sua ricerca musicale disse: “Cerco il più possibile di tenere le orecchie aperte, perché è sempre stimolante scoprire buoni musicisti. Questo è quello che faccio ogni giorno”.

E’ stato l’ultimo musicista sopravvissuto a partecipare alla registrazione del mitico “Birth of Cool” di Miles Davis, registrato in tre sessioni tra il 1949 e il 1950 e successivamente pubblicato nel 1957. E i musicisti neri che lo avevano accusato di preferire a loro il bianco Konitz, Miles rispose: “Avrei impiegato un tale musicista in qualsiasi momento anche se fosse stato verde e sputasse fuoco!”

Nella sua lunga carriera durata sette decenni, ha improvvisato in decine di dischi dalle grandi band ai duetti. È stato un ricercatore per tutta la vita, straordinario nel modo di ricercare sempre l’impulso creativo. Capace di navigare nell’arte dell’improvvisazione in modo rigoroso ma sempre contraddistinto da una forte integrità personale oltre che scevro da qualsiasi tipo di fascinazione commerciale. Tant’è che si è sempre ben guardato da avere un agente per curare i suoi interessi, perché  il suo unico interesse era fare musica senza compromessi.

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