Come passare un lunedì di Pasqua in Cina, magari ad Hong Kong nel 1975 ancora sotto la bandiera di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra? L’avventura cominciò quando circolava la voce di un infarto che avrebbe colpito a Taipei Chiang Kai-shek, il generale che scatenò la guerra civile per il potere in Cina negli anni ’50, sconfitto dall’esercito di liberazione popolare guidato da Mao Zedong e rifugiato successivamente a Taipei. Un personaggio a cui guardava con interesse l’Occidente che comunque vantava allora nel cuore della Cina affacciata sul mare lo strategico porto commerciale e non solo di un avamposto come Hong Kong ancora colonia britannica, mentre altrettanto importante a poche miglia tornava utile per traffici di ogni genere l’isola di Macao colonia portoghese.
Eravamo alla vigilia della Pasqua del 1975, avevo terminato di seguire come ufficio stampa una serie di film prodotti e diretti da Fernando Di Leo, grande sceneggiatore di tanti film di successo come quelli di Damiano Damiani al suo esordio anche come regista con film come “Milano calibro 9”, “La mala ordina”, “Il boss”, film che negli anni settanta venivano ingiustamente chiamati b-movie, sdoganati poi nel terzo millennio come capolavori dal premio Oscar Quentin Tarantino a cui ha fatto anche riferimento nei suoi film. Quando una sera a cena con Mimmina Quirico la mia compagna di allora, caporedattore a Roma del magazine del Corriere della Sera, Amica conobbi Dino Jarach straordinario fotoreporter e giornalista che lavorava per le testate più importanti nazionali ed internazionali. Quella sera parlavamo di attori, di film, di set in lavorazione, di Oscar e di reportage da fare e da proporre.
Fra i tanti l’idea di partecipare al viaggio inaugurale dell’Alitalia che apriva all’epoca, lontano dagli attuali problemi esistenziali ahimè, una nuova rotta asiatica sulla tratta Roma-Atene-New Delhi-Bangkok-Hong Kong-Tokyo, che la nostra compagnia di bandiera chiamò, pensate come tutto torna “rotta della seta”. Mi adoperai per l’accordo con Dino Jarach per seguire l’evento con un giornalista del Corriere della Sera interessato con Jarach a seguire a Taipei la vicenda Chiang Kai-shek, colpito da un infarto. Così partimmo per un viaggio, un’avventura tutta da raccontare! Durante il viaggio dopo gli scali tecnici di Atene e New Delhi, la prima tappa del nostro viaggio fu Bangkok. Jarach e l’inviato del Corriere della Sera si dedicarono ad una mini inchiesta sul fenomeno nascente del turismo sessuale favorito in Thailandia dalla prostituzione minorile, io costretto da un mini ciclone tropicale a piedi nudi fra le strade di Bangkok, cumuli di immondizia, Buddha, monumenti e città secolare, trassi l’ispirazione per scrivere un articolo per il mio giornale dal titolo “Bangkok una città che affonda in tutti i sensi”, alla vigilia di una globalizzazione turistica ancora da divenire.
Il giorno dopo quando arrivammo ad Hong Kong era venerdì santo. Il direttore dell’Alitalia ad Hong Kong si chiamava Roberto De Dominicis e fummo alloggiati al Madarin Oriental Hotel sulla famosa Baia di Hong Kong che finora avevo visto solo nei film di 007. Quando entrai nella mia Junior suite era già buio, tirate le tende lo spettacolo della gigantesca finestra panoramica sulla baia era coinvolgente come un film. Accettammo tutti e tre l’invito a cena a casa di De Dominicis nel cuore della vecchia Hong Kong. La mattina dopo i miei compagni di viaggio partirono per Taipei per i funerali di Chiang Kai-shek, De Dominicis e la sua gentile compagna cinese mi adottarono. Era Pasqua, era il giorno di Pasqua. Decisi quindi di uscire molto presto quella mattina dal Mandarin per un tour in città inseguito del direttore dell’albergo che mi offriva come uno dei pochi cattolici in albergo la possibilità di seguire una cerimonia religiosa officiata da un gesuita della locale missione cattolica.
Quando gli dissi che preferivo il tour in città, mi infilo tra le mani un pezzo di carta, dove scritto in vari dialetti locali c’erano il mio nome e l’indirizzo dell’hotel da utilizzare con l’eventuale driver di taxi che non comprendeva bene l ‘inglese. Pranzai in uno dei tanti colorati bistrot da strada con la compagnia occasionale di Patty Lee Fo, una giovane fotografa che aveva fatto un libro fotografico che mi mostrò dal titolo “Facce della Cina ieri oggi e domani “, che poi mesi e mesi dopo pubblicò credo in Italia Mondadori. Tornai verso le 19 in albergo dove trovai il messaggio di De Dominicis che mi invitava il giorno successivo, in Italia era lunedì di Pasqua, ad una gita fuori porta, si pensate fuori porta mi disse, come da noi. L’indomani mattina alle 9:30 De Dominicis mi passò a prendere con l’auto per andare in gita in quelli che ad Hong Kong allora chiamavano i nuovi territori, una sorta di fascia di terra sul mare non ancora urbanizzata, ricca di piccoli bistrot che vendevano ostriche e molluschi freschissimi a pochi chilometri dalla megalopoli asiatica.
La coda delle auto era come il lunedì di Pasqua da noi. Lunedì di Pasqua nel cuore della Cina buddista lontana 9 ore di fuso orario dall’Italia. Incredibile! Però quel fantastico lunedì che concludeva un viaggio in Asia indimenticabile, mi fece capire che in fondo non era solo retorica il vecchio detto nostrano “tutto il mondo è paese “, un detto vero come la voglia della gente, a qualunque latitudine di socializzare, di amare, di sorridere, di vivere in armonia al di là del credo religioso o di interessi. Insomma un bel viaggio in Cina con un mare di ostriche come l’unica foto che mi feci con l’autoscatto da solo in quel lunedì di Pasqua di tanti anni fa assai lontano da casa è assai difficile da dimenticare.