Lui inginocchiato a terra, lei ferina, ora schiva ora rabbiosa si muove a scatti nella sua traiettoria: è il movimento repentino di due sagome scure a dare inizio a Pragma. Studio sul mito di Demetra in scena al Teatro India di Roma lo scorso 19 Dicembre, prodotto da Teatro Akropolis per la regia di Clemente Tafuri e David Baronio.
Una luce bianca illumina i contorni dei due corpi; ora antropomorfi ora animaleschi, si muovono lenti, quasi impercettibili per poi scagliarsi di colpo l’uno verso l’altro: inserita nell’ambito di “Oscillazioni”, capitolo progettuale nella tredicesima edizione di “Teatri di vetro”, la performance fa ricorso ad un gesto arcaico, talvolta brutale, tanto eloquente da rinunciare all’utilizzo della parola sulla scena.
Ed ecco, un ronzio lieve, poi sempre più compatto investe l’ambiente; sempre più intenso, si rispecchia nella progressiva accelerazione dei movimenti: un piede che zoppica, che batte a terra, una caduta iterata, poi la successione di azioni ancestrali; nella tensione simultanea dei corpi, nel contatto tra di essi, riscopriamo i frammenti del mito originario, Demetra come madre nutrice, come fondamento della ciclicità delle stagioni.
Recuperando la visione di un corpo comunicante, la cui alterazione, deformazione, stimola già di per se l’immaginario collettivo; gli interpreti si pongono in comunicazione diretta con lo spettatore che nella scansione dei movimenti, di una gestualità a tratti rituale, è portato a riattivare la memoria in un sistema di immagini tra loro connesse.
Evocando la figura di Demetra, di sua figlia regina dell’Ade, gli interpreti (Domenico Carnovale, Luca Donatiello, Aurora Persico, Alessandro Romi) sembrano spinti dalla stessa esigenza espressiva; ponendo le basi ad una composizione metamorfica, non corale eppure fluida nell’alternanza delle diverse scene.
Una performance in cui il corpo schiaccia la parola, facendosi veicolo di un percorso esperienziale diretto che rifiuta il supporto di qualsivoglia scenografia o colonna sonora.