“LA GRANA” al Trastevere: La recensione

Un’atmosfera implacabilmente pasoliniana pervade il racconto fin dalle prime battute: prostitute di strada che si accapigliano in una contesa per l’accaparramento di clientela, due sbandati che cercano di piazzare un carico furtivo a un ricettatore momentaneamente distratto dal funerale della moglie, gergo da periferia romana, musica e intrattenimenti tipici degli anni Cinquanta.

La riduzione teatrale del celebre racconto di Pierpaolo Pasolini “La notte brava” lascia intatti i contenuti nell’allestimento della Compagnia “SpoonTiber Teatro”, interessante collettivo artistico “under 30” al suo  debutto con la prima messa in scena: quel tanto di più che colora di nuovo la narrazione è la cifra stilistica del racconto, tutto declinato a una rapidità espositiva che tende a farlo somigliare ai veloci modelli comunicativi che transitano sugli smartphone. Gli attori sulla scena corrono, si azzuffano si scambiano lazzi, inseguono in modo forsennato locations sempre differenti, spostando l’azione di periferia in periferia, all’insegna di un unico obiettivo: rincorrere “la grana”, il denaro facile da spendere in maniera compulsiva e scriteriata, fino all’ultimo centesimo. Non c’è spazio per la poesia in questo racconto: a prevalere è la prosa sporca di personaggi disposti a tutto pur di prevalere sull’altro. Anche solo per una notte che potremmo chiamare “brava”, illuminata dal luccicare effimero e rutilante di insegne sbeccate e di una periferia prossima a consegnarsi al deserto morale di un desolante assortimento di centri commerciali a venire.

Chi conosce la romanità d’antan magari avverte il sacrificio di quella certa accidia che caratterizzerebbe seconda una ben nota vulgata l’agire cittadino, ma la giostra fantasmagorica a cui danno vita gli attori sulla scena (ricorrendo a invenzioni scenografiche di sicuro effetto) vale a sostenere il tentativo di un’attualizzazione che si infiltra nel racconto, ad indicarci la presente deriva dei rapporti collettivi, probabilmente cominciata all’epoca del boom economico, laddove il primato del denaro e del successo cominciava a sfaldare già la  trama connettiva della solidarietà che da sempre presidiava i legami sociali, segnatamente nella periferia urbana della Capitale. 

Un debutto avvincente, che si vale della regia visionaria di Marco Zordan, capace di amministrare un assai promettente corpo attoriale.

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