di Sara Marrone
Glitter in My Tears – Agamennone, Enzo Cosimi: la pratica sadomasochistica come metafora del potere
Abbiamo perso il valore della violenza. Tra buonismi e grida che istigano al rifiuto e alla discriminazione dell’altro, tra ossessione per il politicamente corretto e mostri del passato che minacciano di ripalesarsi, abbiamo trasformato la violenza in tabù, l’abbiamo repressa fino al punto di farla esplodere nelle maniere più brutali. Il nostro presente è violento: la politica urla alla pancia frustrata della gente, maggioranze e opposizioni inneggiano al fascismo e all’anti-fascismo, il popolo sfoga la propria frustrazione sul diverso, sul debole, sul facile da soggiogare perché privo di voce rilevante. La violenza ha bisogno di essere compresa per restare lucidi, consapevoli. L’essere umano ha bisogno di (ri)conoscerla dentro di sé per imparare a incanalarla dove necessario, dunque esprimersi senza freni, evolversi. Restare umano.
«Non si tratta di gesti di ingiustificata violenza, ma di una sostanza irrinunciabile della dimensione umana», ci dicono Agamennone, Egistoe Clitennestrain Glitter in My Tears – Agamennone, l’ultima creazione di Enzo Cosimi parte del progetto Orestea – Trilogia sulla Vendetta, andato in scenain prima nazionale assolutaal Teatro Indiagli scorsi 8 e 9 maggio nell’ambito di Grandi Pianure, la rassegna di danza contemporanea del Teatro di Roma curata da Michele Di Stefano. Lo spettacolo diretto dal coreografo romano vede protagonisti Alice Raffaelli(già nota per la sua collaborazione con Liv Ferracchiati e la compagnia The Baby Walk), Giulio Santolinie Matteo De Blasio. Non spaventatevi: Glitter in My Tears non è un inno alla violenza. Piuttosto è una partitura architettonica tra corpo e parolache indaga la pratica sadomasochistica come metafora del potere, del controllo sociale, composto essenzialmente da chi comanda e chi si prostra. La violenza è un aspetto fondamentale dell’attività umana, con cui la nostra condizione di cittadini/e deve fare i conti, e va riconosciuta in quanto tale, per permetterci di reagire e non lasciarci risucchiare dal torpore dell’incoscienza.
Nella prima parte dello spettacolo i personaggi si danno a conoscere tra biografia reale dei danzatori e testo sofocleo, tra segni zodiacali e sogni di sottomissione e vendetta. Parole e corpi sono sospesi in un tempo dilatato, in uno spazio in cui predomina la calma apparente del bianco – quello dello spazio scenico, delle luci, della biancheria che da sola veste i danzatori. Slittiamo, in una seconda fase, verso la contaminazione di quella apparente purezza. Il nerodelle maschere di pelledi Agamennone ed Egisto, gli occhi tinti di nero di Clitennestra – che diventano ancora più lucidi e diabolici, le frasi di movimento mescolano erotismo e mortee riassumono quella che secondo Enzo Cosimi è la condizione dell’eroe contemporaneo – frantumato, in rovina. Succede che in questa seconda parte la tensione cresce, grazie anche alle suggestioni delle musiche dell’austriaco Georg Friedrich Haas, sino a diventare altissima, e proprio in questo momento Clitennestra afferra il microfono: «a questo punto la scena vibra di una violenza non ancora espressa», esplicando, senza essere ridondante, la condizione emotiva del pubblico cui si rivolge. La pena corporale, sia per chi la infligge che per chi la subisce, ha come risultato la «sospensione della coscienza ordinaria, a favore di un punto fisso mentale», spiega Alice-Clitennestra, nel momento in cui improvvisamente il pubblico è chiamato in causa, stordito dalla visione di Egisto che frusta Agamennone nell’interno coscia. Ogni parola pronunciata minaccia vendetta, esplica la violenza che non si esprimerà direttamente sul palco. Le parole possono arrivare a essere molto più violente dei gesti, molto più terribili, capaci di distruggerci. I gesti di Glitter in My Tearssuggeriscono la violenza, sfiorano beffardamente la morte, ma non l’agiscono. Sono le parole a fare paura. A farci paura.
Enzo Cosimicontinua così la sua ricerca sulla sessualità, il campo più contaminato dal potere da quando il potere, come lo conosciamo oggi, si è conformato. La sessualità è il campo prediletto del tragico contemporaneo, ed Enzo Cosimi è riuscito a trasportare l’effetto catarticoartistotelico del classico alla sensibilità del nostro presente. L’aggressività, quella funzionale, quella necessaria a raggiungere ciò che si desidera, ad affermarsi, a essere efficaci, si mescola in Glitter in My Tears al comportamento aggressivo – quello dei gesti, delle parole, delle suggestioni visive, dei suoni. Tutta la rabbia dell’uomo contemporaneo è condensata in un’ora di spettacolo, e noi ci spaventiamo, ci specchiamo, ci laviamo dentro.