di Andrea Cavazzini
Tradimenti di Harold Pinter in scena in questi giorni allo Spazio 18b fino a domani con inizio alle ore 18, non è solo una dramma sull’infedeltà coniugale è il dramma di una relazione che va a toccare questioni fondamentali della natura umana e dell’identità.
Un dramma che ruota intorno ad una relazione adulterina della durata di sette anni e dove Il tradimento è presentato in ordine cronologico inverso. Inizia quando la storia termina e finisce dove inizia la relazione. Sarebbe del tutto lecito pensare che conoscere già il finale potrebbe rappresentare uno spoiler come si dice in gergo teatrale, ma riflettendoci bene potrebbe essere piu interessante chiedersi non cosa accadrà dopo ma cosa è successo prima.
In una messa in scena essenziale che sorprende per l’assenza di dettagli scenici con l’esclusione di un tavolo due sedie e un divano; i personaggi sono Emma una gallerista, Robert un editore, suo marito e Jerry un agente letterario molto persuasivo, dal sorrisetto compiaciuto e a tratti irritante, suo miglior amico.
La scena di apertura tra gli ex-amanti in un pub è uno scambio surreale, triste, piuttosto miserabile che mette a nudo le crepe che attraverseranno quel percorso inverso, non ultima la conoscenza del fallimento finale della relazione e la rivelazione di Emma che Robert sapeva da anni. E intorno a quel tavolo aleggia fastidiosa la figura di Casey il nuovo amante di Emma , tanto basta per irritare Jerry con la sua ipocrita gelosia.
Una storia che si focalizza non su ciò che accade ma su come si svolge, e il pubblico diventa testimone e analista di segreti e menzogne tracciando il corso travagliato di una relazione dagli inizi fino alle conseguenze.
Nel giro di 80 minuti un lungo flashback attraversa nove anni di inganni, scoperte e devastazioni. Una storia alimentata da lussuria, seduzione, sesso, bugie, lotte di potere e violenza. Tutto si consuma in freddi convenevoli senza enpatia e senza alcuna apparente emozione.
Ogni volta che due dei protagonisti stanno conversando, il terzo rimane sullo sfondo in una penombra che da il senso dei personaggi e delle loro scelleratezze, nascondendosi nell’ombra di ogni scena per trasformarsi in una danza ossessionante come se tutti e tre fossero fusi in uno solo.
Una danza che punta ad enfatizzare i silenzi, le lunghe pause in cui i tre si guardano l’un l’altro, i loro volti pieni di sentimenti, i loro cuori pieni di passione, rabbia, disperazione e dubbio. Un testo questo di Pinter basato sulla sua personale vicenda extra coniugale , un dramma borghese, un ritratto bruciante del dolore dove il non detto prevale sul detto e dove la bellezza degli scambi di sguardi sottolineano la complessità dell’amore, del tradimento, e soprattutto del tradimento della memoria.
Robert (Paolo Trevisan bravo a trasmettere le ferite emotive di chi sa),sembra brusco e annoiato eppure la sua fredda sicurezza e la sua beffarda superiorità è una maschera, e dietro di essa c’è un profondo pozzo di emozioni. e lui meriterebbe anche la simpatia del pubblico se non rivelasse che ha picchiato la moglie.
Jerry (Alessandro Demontis efficace nel ruolo di Jerry),è un debole, affascinante uomo che ribolle con il bisogno di essere amato, il suo mezzo sorriso costante e gli occhi caldi che chiedono perdono, assoluzione, comprensione.
Emma (Monica Lugini brava a trasmettere nonostante tutto tenerezza e fragilità), è sicuramente la più ferita dei tre, quella che si nasconde dietro sorrisi imperscrutabili, delusa dall’ineffabile Jerry, che non lascerà mai la sua invisibile moglie. Anche quando è costretta a confessare al marito dell’adulterio la sua mano accarezza il suo braccio come se volesse attenuare il colpo.
Citazione anche per Tommaso Paolucci nel ruolo del cameriere. L’ottima regia è di Alessandro Moser che ha saputo interpretare molto bene lo spirito di questa splendida opera della drammaturgia inglese contemporanea.