Viaggio nei plagi musicali, quando il musicista va ben al di là della semplice “ispirazione”
Un’aria che accende un déjà vu, una melodia già sentita, un riff che ci suscita un ricordo, un giro armonico che abbiamo già apprezzato. Tutto questo ci conduce per mano a una conclusione spesso drastica: ma è un plagio!

L’ex Beatles George Harrison, accusato di plagio con la sua My Sweet Lord – © Rolling Stone Italia
La conclusione arriva sommaria perché a primo ascolto ci sembra d’impatto di essere stati espropriati di quella categoria alla quale la nostra sensibilità uditiva è particolarmente attaccata, cioè quella della originalità. Ma una volta lasciato sfogare il primo riflesso condizionato, subentra un piano di più paziente considerazione: le note sono solo 7 (12 se consideriamo i semitoni) e quindi, limitato per ogni compositore il piano di azione, l’universo musicale ha concepito nei secoli una sterminata produzione di tutti i generi (oggi col web alla facile portata di chiunque). Col risultato che nessuno può dirsi indenne da quel requisito che definiamo contaminazione, pronto a destarsi ogni volta che un artista si appresta alla composizione. Tecnicamente, un plagio musicale esiste quando due brani condividono una sequenza originale di note riconoscibile, non una semplice somiglianza di atmosfera o accordi.
Nella pratica, però, dimostrarlo è quasi impossibile. Per la SIAE, poi, quello che conta è caso mai la coincidenza della melodia (lo standard di valutazione direbbe che il plagio si ha con la coincidenza di 8 battute, ma poi c’è una percentuale ammessa… e torniamo nel territorio della soggettività).
Tutto questo per dire – in una riflessione che vuole essere più ragionevole e lontana da ogni strillo – che quasi sempre la fenomenologia del plagio musicale è immune dal dolo, se è vero come è vero che la casistica mondiale (già perché mondiale è il fenomeno del plagio) registra una condanna per plagio inconsapevole. E’ stato il caso legato alla canzone My Sweet Lord, il popolarissimo brano dell’ex Beatles George Harrison, inserito tra i 500 brani più ascoltati di tutti i tempi. Il pezzo uscì nel 1970 e fu subito investito dalla vertenza per plagio intentata dalla casa produttrice che aveva pubblicato nel 1963 il brano He’s so fine, incisa dal gruppo The Chiffons. Nel 1976 George Harrison venne condannato a un risarcimento da capogiro (oltre un milione e mezzo di dollari) ma la motivazione, riconoscendo le indiscutibili assonanze tra i due brani, concluse che si era trattato di un plagio inconsapevole da parte di Harrison, che – avendo ammesso di aver sentito a suo tempo la traccia del brano delle Chiffons – al momento della composizione si era trovato confuso nel bagaglio mnemonico il ricordo di quel brano.
Questo è stato un episodio clamoroso nella casistica giudiziale del settore: il più delle volte nemmeno si è pervenuti a una controversia legale vera e propria. Forse perché il fenomeno è troppo legato a componenti soggettive, più che a un vero e proprio paradigma oggettivo, difficile da dimostrare. Le accuse di plagio musicale nel tempo hanno afflitto più o meno tutte le grandi star, a cominciare dai Beach Boys, colpevoli di aver attinto dal bagaglio musicale dell’antesignano del rock Chuck Berry (i cui moduli musicali verranno saccheggiati anche da altri a seguire). Anche i Led Zeppelin non restarono immuni dalla problematica per via della loro notissima Stairway to Heaven (1971 la data della pubblicazione), il cui arpeggio iniziale somigliava troppo a quello del brano strumentale Taurus degli Spirit (1968). La causa – forse la più lunga nella storia del genere – si è definitivamente conclusa nel 2018, quando la Corte di Appello di San Francisco ha definitivamente assolto i Led Zeppelin.
A seguire anche Shakira ha avuto i suoi problemi con la sua notissima Loca (eseguita in diretta mondiale prima della finale del mondiale 2014 Germania-Argentina allo stadio Maracanà). Il tribunale di New York aveva riconosciuto il plagio (consumato ai danni del domenicano Arias Velazquez), condannando la casa discografica Sony della artista colombiana a un risarcimento sicuramente milionario (in dollari) che le parti hanno regolato transattivamente.
In altri casi la querelle si è consumata solo mediaticamente, anche perché la vicenda avrebbe rivelato una trama di copiature: nel 1988 Phil Collins sbanca le classifiche con la sua versione del brano A groovy kind of love. Subito si gridò al plagio perché il brano conteneva una melodia musicalmente identica a quella composta nel 1979 dal nostro Ivan Graziani con Agnese. Si scoprì nella circostanza che Phil Collins aveva semplicemente portato al successo una composizione risalente al 1965, scritta da Tony Wine e Carol Bayer. Allora a chi spettava la primogenitura? A nessuno, o meglio al compositore del 1700 Muzio Clementi con il suo Rondò in Sol maggiore, Sonatina n. 5, op. 36 (ascoltare per credere).
Come avevamo anticipato, l’esplorazione della materia ci porterebbe troppo lontani per un solo articolo: sorvoliamo quindi sulla vicenda più recente che aveva investito Lorenzo Cherubini (alias Jovanotti) per il suo brano A te (colonna sonora ufficiale di matrimoni, battesimi, video di fidanzati su YouTube e pure di qualche spot di telefonia) accusato di aver ecceduto in percentuali di prestito dalla canzone A la primera persona del cantante spagnolo Alejandro Sanz.

Lorenzo Cherubini (alias Jovanotti) accusato di aver ecceduto in percentuali di prestito dalla canzone “A la primera persona” del cantante spagnolo Alejandro Sanz – © Rolling Stone Italia
In questo caso, da quello che ci risulta, ci si è tenuti distanti dalla controversia giudiziale (forse in forza di intese intervenute?) anche perché, il giro armonico che sostanzia il brano è ispirato a una successione armonica di bassi discendenti, la cui primogenitura appartiene a Bach (Aria sulla quarta corda – la sigla di Quark, per capirci) e prima ancora al Canone di Pachelbel. Una trama musicale che ha ispirato almeno una cinquantina di brani (Albachiara di Vasco Rossi, No woman no cry di Bob Marley, Notte prima degli esami di Venditti…).
______________
“My Sweet Lord” – di George Harrison – dall’album “All Things Must Pass” – prodotto da George Harrison, Phil Spector – Apple Records – 1970
“He’s so Fine” – di The Chiffons – dall’album “He’s so Fine” – prodotto da Phil Margo, Mitch Margo, Jay Siegal e Hank Medress – Laurie Records – 1963
“Stairway to Heaven” – di Led Zeppelin – dall’album “Led Zeppelin IV” – prodotto da Jimmy Page – Atlantic – 1971
“Taurus” – di Spirit – dall’album “Spirit” – prodotto da Lou Adler – Epic Records – 1968
“Loca” – di Shakira – dall’album “Sale el Sol” – prodotto da Shakira, El Cata, Dizzee Rascal, Pitbull – Epic Records – 2010
“A Groovy Kind of Love” – di Toni Wine e Carole Bayer Sager – 1965
“Agnese” – di Ivan Graziani – dall’album “Agnese dolce Agnese” – Numero Uno – 1979
“A Te” – di Jovanotti – dall’album “Safari” – prodotto da Michele Canova Iorfida – Universal – 2008
“A la Primera Persona” – di Alejandro Sanz – dall’album “El Tren de los Momentos” – prodotto da Lulo Pérez, Alejandro Sanz – WEA Latina – 2006
“Albachiara” – di Vasco Rossi – dall’album “Non siamo mica gli americani!” – prodotto da Alan Taylor – Lotus Records – 1978
“No Woman, No Cry” – di Bob Marley and the Wailers – dall’album “Natty Dread” – prodotto da Bob Marley and the Wailers, Chris Blackwell, Steve Smith – Island, Tuff Gong – 1974
“Notte prima degli esami” – di Antonello Venditti – dall’album “Cuore” – prodotto da Alessandro Colombini – Heinz Music – 1984




