Oltre la tradizione: Il percorso artistico di Luca De Filippo
Il Teatro di tradizione rappresenta un tesoro inesauribile di studio per molti interpreti, un punto di partenza decisamente importante per muoversi nella giusta direzione, per sapere da dove e come cominciare il proprio cammino artistico. Anche Luca De Filippo, erede di una gloriosa dinastia di artisti, lo considerava un modello primario della recitazione, una modalità espressiva in cui i giovani attori, dopo aver acquisito consapevolezza del loro passato, potevano esprimere la propria personalità e maturare le proprie convinzioni. Con questa certezza, egli voleva portare a compimento un progetto personale: fondare una scuola d’arte drammatica a Napoli. Progetto che, dopo la sua prematura scomparsa, il Teatro Stabile di Napoli affidò all’attore Mariano Rigillo; successivamente, la direzione della scuola è passata ad Arturo Cirillo.

Luca De Filippo ed Eduardo in “Natale in casa Cupiello” (versione teleteatrale, andata in onda sulla Rai il 25 dicembre 1977)
Oggi, a distanza di dieci anni dalla sua scomparsa, la sua lunga carriera rimane vivida nel ricordo: tanti i ruoli interpretati tra teatro, cinema e televisione, quasi tutti legati da un filo rosso che univa la grande tradizione alla classicità e perfino alla teatralità contemporanea. Fin dagli albori della sua giovinezza, fu il più fervido allievo e collaboratore del padre Eduardo e sotto la sua guida apprese le tecniche di base di quest’arte e temprò il suo stile. La sua prima apparizione sul palcoscenico avvenne giovanissimo, quando debuttò al Teatro Odeon di Milano nel dicembre 1955, interpretando Peppiniello in Miseria e Nobiltà di Eduardo Scarpetta.
In quell’occasione, fu lo stesso Eduardo a presentarlo al pubblico con queste parole: «Luca è preparato…ha vissuto vicino al suo papà dietro le quinte, ha vissuto accanto a me quando scrivo le commedie, lui mi fa compagnia, ed è stato veramente un dono che ho avuto dal Signore, perché veramente è un mio carissimo amico». Di comune accordo con il genitore, debuttò poi ufficialmente nel 1968 con il nome Luca “Della Porta”, proprio per sottrarsi alle feroci critiche e alle insidiose lusinghe della stampa e del pubblico e, soprattutto, per iniziare una carriera migliore, dettata dalle regole della faticosa e intensa “gavetta”. Da allora furono numerose le partecipazioni nelle commedie eduardiane, dove in ogni messinscena seppe sempre creare e interpretare personaggi e situazioni che incarnavano le contraddizioni psicologiche e sociali più reali della vita di tutti i giorni.
Dalla sua personalità e dalla sua esperienza culturale emergeva, ovunque e in ogni occasione, il continuo confronto e scambio tra l’antico e il moderno, tra la tradizione e il progresso. Infatti, dopo aver costituito la sua prima compagnia nel 1981, l’artista sperimentò generi diversi, dalla “commedia tragica” di Molière, Eduardo e Pirandello al “teatro dell’assurdo” di Beckett e Pinter, dimostrando nei fatti la sua capacità di muoversi agilmente tra repertorio classico e sensibilità contemporanea. Un interprete, quindi, sempre al passo con i tempi, nonostante portasse, ogniqualvolta che saliva su un palcoscenico, una tradizione di famiglia quasi sacra e intoccabile.

Luca De Filippo nel suo camerino
Come il padre, anche Luca, oltre alla sua incessante attività attoriale, fu sempre impegnato nel sociale e interessato ad affrontare i problemi reali dei ragazzi a rischio del carcere minorile di Nisida. Si può dire, pertanto, senza ombra di dubbio che Luca De Filippo sia stato un interprete generoso che ha vissuto di Arte e per l’Arte, cercando sempre di trasmettere al proprio pubblico la sua carica vitale e la sua straordinaria passione. Con tale dedizione, ha saputo perpetuare un’arte e una memoria che restano patrimonio inestimabile della cultura italiana.





