Caricamento Eventi

« Tutti gli Eventi

“Ad Vacuum” di Antonio Tropiano a Prosa_contemporanea

4 Dicembre 2025 @ 18:00 23 Gennaio 2026 @ 18:00 CET

Il 4 dicembre 2025 alle ore 18.00 PROSA_contemporanea presenta la mostra personale Ad Vacuum di Antonio Tropiano a cura di Alberto Dambruoso: in esposizione 7 sculture che fondono etica ed estetica, pensieri e riflessioni profonde sull’uomo e sulla società in cui oggi viviamo. 

Ad Vacuum (Verso il vuoto) intende riflettere la sua concezione del fare scultura. Per millenni, sostiene l’artista, l’uomo si è domandato se in natura potesse esistere il vuoto e di cosa fosse non-composto. Secondo Tropiano il vuoto non è assenza di materia o mancanza di esistenza come sosteneva Aristotele ma, al contrario, è il luogo dove tutto è contenuto, dove ogni cosa ha la possibilità di incontrare qualsiasi altra e mutare assieme ad essa, divenendo così, secondo una felice locuzione trovata dall’artista, “il nascondiglio dell’eventuale”.

Antonio Tropiano è senza dubbio uno degli artisti che maggiormente mi ha colpito negli ultimi anni. Ritengo che la sua ricerca artistica sia un unicum nel panorama artistico italiano e che le sue opere siano dotate di una straordinaria forza comunicativa tali da sollecitare nello spettatore molte riflessioni. Ho già avuto modo di scrivere sul suo lavoro qualche anno fa in occasione di una sua mostra personale al Museo Marca di Catanzaro e sono felice di tornare ad esprimermi sulla sua ricerca per questa sua prima personale romana. Tropiano, che tra l’altro non ama essere definito artista, termine oggi troppo generico che spesso coincide piuttosto con quello di creativo (cosa ben diversa dall’artista che è un creatore), è uno sculture giunto non più giovanissimo ai palcoscenici dell’arte contemporanea ma che ha saputo imporsi in tempi brevissimi all’attenzione di molti addetti ai lavori, compreso il sottoscritto. Ci è riuscito non per le relazioni amicali o interessate con galleristi, critici, giornalisti che ne hanno promosso così le sue opere, come spesso succede oggi (con artisti più impegnati al telefono che a produrre opere), ma per la grande forza espressiva dei suoi lavori e per quel senso di stupore che suscitano le sue opere sia in termini esecutivi (di tekné) sia formali. Si potrebbe definirlo uno scultore anacronista dal momento che, infischiandosene della tecnologia che potrebbe facilitare le varie fasi di sbozzatura ma anche di rifinitura dei materiali lignei di cui si serve per realizzare le sue sculture, opera ancora come facevano gli scultori del passato ovvero servendosi degli utensili classici che richiedono forza e pazienza.  Anche il luogo che ha scelto per creare (Santa Caterina dello Jonio, località balneare della costa calabrese), lontano dai grandi centri dell’arte contemporanea come Milano, Roma e Napoli è indicativo di una personalità non adusa ai riflettori e al chiasso delle grandi città ma che, al contrario, preferisce la quiete e un certo isolamento ritenuti necessari per la sua pratica artistica.  

Le sue opere nascono tutte dal concetto greco di “symbolon” (che significa mettere insieme le cose, tenerle unite), e diventano metafore della condizione esistenziale dell’uomo e più in generale del mondo e della società in cui viviamo.  Il ricorso ad una forma di linguaggio (simbolo) che unisce il visibile all’invisibile è quindi uno dei tratti caratteristici del suo modus operandi. Questo aspetto, legato al linguaggio metaforico, va messo in relazione anche ai trascorsi di Tropiano, che ha avuto una formazione da filologo medievale e rinascimentale, avvezzo quindi a scovare i significati più reconditi e finanche segreti, celati nei manoscritti antichi. Una delle chiavi d’accesso alle sue opere si trova nei titoli che Tropiano dà alle sue sculture. In principio è dunque il verbo, il punto di partenza dal quale muove la sua ricerca. E’ la curiosità di scoprire l’origine dei diversi lemmi, dei detti popolari, delle lingue antiche che hanno, fin dalla tenera età, interessato l’artista. “È dalle parole che parto” – afferma lo scultore – “quando do abbrivio ad una scultura: negli interstizi del termine rintraccio infatti quella modulazione dei significati, quel tessuto connettivo concettuale che informa la figura scelta”. 

“Ad Vacuum” (Verso il vuoto) il titolo che Tropiano ha dato alla sua mostra, intende riflettere la sua concezione del fare scultura. Per millenni, sostiene l’artista, l’uomo si è domandato se in natura potesse esistere il vuoto e di cosa fosse non-composto. Secondo Tropiano il vuoto non è assenza di materia o mancanza di esistenza come sosteneva Aristotele ma, al contrario, è il luogo dove tutto è contenuto, dove ogni cosa ha la possibilità di incontrare qualsiasi altra e mutare assieme ad essa, divenendo così, secondo una felice locuzione trovata dall’artista, “il nascondiglio dell’eventuale”. Nell’immaginario comune, dice Tropiano, la vacuità è sinonimo di inutilità, di mancanza di significato e di funzione; e una cosa è “a vuoto” quando non corrisponde alla sua finalità o, peggio, non qualifica la sua esistenza. “Nella scultura” – afferma Tropiano – “le cose sono assai differenti: lavorando “per levare”  la figura che rimane rappresenta senz’altro il pieno (statua/statuere= collocare, occupare uno spazio), mentre le schegge che cadono sotto i colpi dello scalpello sono la vera carne del vuoto: perché contengono in sé tutte le figure che non sono state scelte dall’artista (nelle quali sarebbero state invece il ‘pieno’ o come si dice in gergo il ‘buono’). Se ne deduce quindi che il vuoto per uno scultore è quel luogo delle cose in cui tutto esiste per compiere la libertà del suo gesto”.

In mostra l’artista presenta sette sculture, alcune di queste realizzate nell’ultimo anno e una dal titolo “Se questo ha un uomo” realizzata appositamente per la mostra. 

“Cenoscopio”, dal greco Kenos (vuoto) e Scopeo (guardare) è una scultura realizzata nel corso del corrente anno che si presenta come un sacchetto di carta per il pane al cui interno, sul fondo, l’artista ha inserito una lente d’ingrandimento. Lo spettatore è dunque invitato a guardare dentro, nel vuoto. In realtà anche se non contiene nulla, il sacchetto non perde la sua essenza che non è mai e solo la sua funzione, ovvero quella di contenere. Il vuoto quindi non è assenza, ma essenza del contenere. 

L’opera dal titolo “Funambolo”, anch’essa realizzata nel corso del 2025 è una scultura che si presenta con le sembianze di un torso umano acefalo che allarga le braccia formando un perfetto asse longitudinale. L’uomo senza volto in quanto rappresenta tutti i possibili uomini impugna sulla mano di destra un ciuccio mentre in quella di destra trattiene un chiodo. Cosa ci vuole significare l’artista con quest’opera? Che dal primo vagito (ciuccio) all’ultimo respiro (il chiodo della croce) l’uomo incede lungo il sentiero degli propri giorni come se stesse in bilico continuo sul voto dell’irrealizzato, del non accaduto, del futuro. Come accade al funambolo che trova un equilibrio sul margine della caduta. 

Anche l’opera dal titolo “Telestiké” è stata realizzata nel corso del corrente anno. Nel mondo greco venivano chiamate così alcune piccole sculture femminili che contenevano all’interno un messaggio per gli dei. Durante le cerimonie dei misteri eleusini venivano bruciate per far arrivare col fumo il messaggio al cielo. Tropiano ha individuato con questa scultura una corrispondenza con la sua anima che ha sempre immaginato come una donna gravida pregna di tutte le parole che non conosce e dei colpi di scalpello ancora non dati. Questo è il motivo per il quale essa è cava e ricoperta all’interno di migliaia di versi, parole e citazioni dei poeti e scrittori di ogni epoca e civiltà.

“Edenismi” è una scultura del 2024 ricavata da un noce e che riproduce un’enorme foglia di fico rinsecchita. La riflessione apportata da Tropiano con questa scultura riguarda ciò che sta accadendo negli ultimi anni con l’informazione globale dove non si riesce più distinguere il vero dal falso (fake news) soprattutto dopo l’introduzione dell’IA. Scrive Tropiano a proposito di quest’opera: “In una stagione in cui perfino una foto di guerra ci ricorda come sia sempre più difficile distinguere il vero dal falso, la biblica foglia di fico escogitata per dissimulare la verità (verecondia, ovvero paura del vero) non ha più alcuna funzione avendo perso la sua utilità. E come ogni strumento in disuso si è rattrappita”. 

“Appendihabitat” è una scultura realizzata nel 2019 durante la pandemia da Sars Covid 19 e nasce da una considerazione di Tropiano su quel periodo di condizionamenti e di privazioni. La scultura si presenta con le fattezze di un alveare appeso su un appendiabiti. L’alveare rappresenta la comunità che in quel periodo di necessità si era compattata aiutandosi reciprocamente, ma appena terminato il momento del bisogno con la stessa facilità con la quale si era unita si è disfatta facendo prevalere i singoli interessi. “Si è smesso di cantare e di abbracciarsi” – ricorda Tropiano –  “e il nostro senso di comunione ha fatto la fine di un impermeabile che, appena spiovuto è finito nell’appendiabiti”. 

“Metà Morfosi” è una scultura realizzata nel 2021 che indica già nel titolo il suo status: un cambiamento avvenuto solo per metà del corpo. In quest’opera Tropiano apporta una riflessione sull’attuale società ipertecnologicizzata e iperconnesa dove tutti si sentono il dovere di dire la loro, apponendo like di consenso anche sulle cose più banali ed effimere. Il pollice all’insù è diventato per Tropiano un’enorme chela di granchio, una mutazione genetica abnorme e grottesca che porta lo spettatore a riflettere sulla condizione dell’uomo d’oggi. 

“Se questo ha un uomo” è il titolo dell’ultima scultura realizzata, come già detto più sopra, appositamente per la mostra. Dalla base di un’enorme testa di gorilla penzolano, come un vecchio orologio a cucù, dei pendoli sonanti che scandiscono il tempo. Quest’opera nasce dalla riflessione intorno ai cambiamenti climatici causati dall’uomo. La scienza ha dimostrato come già diversi parametri siano stati superati e siano diventati dei “punti di non ritorno”. Così l’uomo che s’ingegna a possedere il tempo dimentica che questo è fatto  solo di punti di non ritorno.

Etica ed estetica, pensieri e riflessioni profonde sull’uomo e sulla società in cui oggi viviamo, temi importanti come la verità o la falsità delle cose di cui siamo oramai solo inermi spettatori. Sono questi elencati, alcuni dei temi di fondo che emergono dalle sue sculture. Antonio Tropiano con questa mostra ha inteso   renderci consapevoli dei tanti campanelli d’allarme che sono già suonati e che in tanti fanno finta di non sentire. Queste opere non sono solo belle esteticamente ma sono anche crude, vere, un pugno allo stomaco per i benpensanti e per coloro che pensano che tutto vada bene. Tropiano ci invita ad aprire gli occhi e fare qualcosa prima che l’uomo sparisca e che ritorni un primate.  Perché se questo è un uomo o se questo ha un uomo c’è davvero poca differenza. 

PROSA_contemporanea

Via Marin Sanudo 24
Roma, ITA 00176 Italy
+ Google Maps