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Un’ode al regno del mare e ai doni del cielo

L’universo antico dei pescatori di Sicilia: schegge di vita aldilà delle onde, l’affidamento a Dio e l’incondizionato attaccamento al mare

Dal 19 al 23 novembre il palcoscenico del teatro catanese “Vitaliano Brancati” si tinge di blu e di viola: secondo le comuni classificazioni cromatiche, un colore primario ed uno secondario, in un accostamento di gradazioni e tonalità enfatizzato dall’accensione delle luci. Le luci che, come riflessi luminosi, al momento di irradiarsi, risaltano le sfumature presenti nel piccolo fondale che fa da sfondo alla scena: una tela raffigurante alcune barche disseminate in prossimità di una riva e, in primo piano, un uomo alle prese con una delle imbarcazioni. Un disegno che sembra prolungarsi sul palcoscenico fino a rivestirlo completamente. Un involucro bicolore: il blu a prevalere, il viola ad affiancare. Due componenti ed una simbologia in comune, tale da giustificare l’intenzione, consapevole e non casuale, di aver particolarmente indugiato su questo aspetto scenografico.

Mario Spolidoro, Vincenzo Pirrotta

Una simbologia incommensurabile se associamo queste cromie alla profondità e alla divinità, all’immensità e alla spiritualità: la grandezza e l’infinito, la creazione e la perfezione; e il cielo, le acque e il mare, l’aurora e il levar del sole all’orizzonte. E dall’alba fino al tramonto una moltitudine di storie. Dalla dimora-acquario di pesci d’argento in colonia negli abissi alle storie di scongiuri, di nonni e di una quotidianità: quella di marinai e pescatori, di padri in figli. Naviganti e uomini di mare che il mare lo solcano e lo solchiamo anche noi in un attraversamento affidato alla narrazione orale.

A consegnarci l’oralità è Vincenzo Pirrotta, l’attore-autore di discendenza palermitana che, a partire dalla sua prima teatrografia, che è quella dove possiamo collocarci in questo caso, sa come subordinare la dizione al dialetto siciliano, lasciando che quest’ultimo si imponga come gemma preziosa sulla totalità di un testo dai tratti popolari e ancestrali, arcaici ed onomatopeici. Ed onomatopeica è, infatti, l’intitolazione, apparentemente indecifrabile, di questo racconto, N’GNANZOU’, dietro la quale si cela il tentativo di riprodurre acusticamente un suono, un fonema, quello articolato ed emesso dai pescatori siciliani nel frangente in cui manovrano e tendono le reti verso il mare.

Il mare, il cui richiamo scenografico e tonale, si è detto, è già inconfutabile, eppure c’è un ulteriore elemento teatrale a rafforzarlo: la presenza sul lato sinistro di uno scoglio fittizio e artificiale, con una corda di canapa attorcigliata disordinatamente e appoggiata su una parte di esso. Un cappio e un groviglio a significare le funi e le cime, il pontile, gli ormeggi e gli ancoraggi. Al centro, invece, vi sono due sgabelli sui quali occasionalmente mettersi a sedere. E se questo accessorio è duplice è perchè, in fondo, Pirrotta non è da solo.

A fiancheggiarlo Mario Spolidoro, a cui dobbiamo in particolare l’esecuzione strumentale dal vivo, ma anche, meno frequentemente, l’alternanza tra il disporsi all’ascolto silenzioso insieme al pubblico e il proferire un paio di battute: ora brevi asserzioni, ora interrogativi di curiosità, nell’interesse di conoscere e nel desiderio di far conoscere. Con loro, entrambi scalzi ed in tenuta chiara, comoda e leggera, appare saltuariamente una donna che per contrasto indossa un completo scuro: il suo nome è Nancy Lombardo ed è l’interprete di un canto acuto e soave al tempo stesso, un canto che, seppur sporadico, trascina in una dimensione celestiale, ancor di più se non la vediamo, in quanto talvolta ne udiamo solo i vocalizzi provenire da dietro le quinte.

Accanto alla dimensione celestiale, però, emerge con altrettanta intensità quella tradizionale e culturale, derivata non solo dalle storie che si raccontano ma dagli strumenti dai quali si sprigiona la musica: uno è a fiato e l’altro è a tastiera, e quest’ultimo non può non essere la fisarmonica, emblema di antichità e ritualismo per eccellenza, il cui valore ritmico, melodico e armonioso sorregge l’avvicendarsi di peripezie e memorie, avventure, aneddoti e ricordi legati al mondo della pescagione in Sicilia, fra le zone marittime di Favignana e Trapani. E così, l’avvicendarsi di Pirrotta come messaggero tanto con la parola, quanto con il canto che anche lui si appresta ad intonare più volte: il canto è quello millenario e secolare dei lavoratori del mare e di “mattanza”, di pescherecci ed equipaggi, tonnara e “tonnaroti”. E della perseverante forza delle braccia che mai li lascia.

Da qui l’avvicendarsi di un messaggero e dei suoi espedienti stilistici: le parole, le voci e i personaggi, che sia un pescatore o qualcun altro; le modulazioni, gli abbassamenti e in crescendo i rialzi; i discorsi e le conversazioni; e poi gli assoli, le assonanze e l’oratoria, l’espressività e la dialettica, l’efficacia e la gestualità, le reiterazioni e gli accenni di raucedine per il troppo vigore. Il vigore di un messaggero che, prima di essere tale, fa ingresso in scena come se fosse un marionettista, dandoci la percezione di assistere per un istante a quel particolare movimento di fili, fra loro collegati, con cui si anima e vivacizza una marionetta, una nuova figura che abita la rappresentazione e che non è altro che una miniatura di un marinaio meridionale abbigliato secondo la consuetudine e la costumanza, con le sue caratteristiche di duttilità e adattabilità, dal classico copricapo ai pantaloni che vestono fino alle ginocchia.

Tuttavia, c’è una seconda miniatura, questa volta non sotto forma di marionetta ma di statua. La statua di una Madonna illuminata, la madre di Dio adoperata come segno religioso ad indicare ancora un’altra dimensione, l’ennesima che percorre lo spettacolo, e di cui abbiamo già fatto menzione all’inizio: la fede e la solennità e con esse le preghiere e le implorazioni, le invocazioni e le intercessioni; il segno della croce, le mani giunte ed una breve processione riprodotta lungo i bordi del palco. E dai bordi del palco le speranze di pescatori che, non conoscono presunzione e, umili e supplichevoli, si rivolgono al Creatore e alla Vergine, ai Santi e a Gesù Cristo. La gratitudine e la riconoscenza di persone autentiche e vere che non desistono a guardarsi dentro la coscienza, specchiandosi in quello stesso mare che quotidianamente osservano e studiano, analizzano e memorizzano, fiutano e vivono.

Il mare che respirano: il mare e gli appelli alla poesia e al fascino del lirismo oltre la superficie, il mare e dal mare indivisibili, il mare maestro, guida e genitore, che non tradisce e che loro non tradiscono. E che anzi ringraziano. E, ben lungi dalla cattiva vanità, sanno quanto gli animali siano meglio dell’uomo e quanto quei pesci non debbano meritare la cattura, una trappola che li raggiunge e poi la morte: è un pensiero, quello di esercitare odio e crudeltà verso creature libere e innocenti, che non tarda a travolgerli tutte le volte, ma sanno anche che quella, in fondo, è la volontà di Dio.

Vincenzo Pirrotta, Mario Spolidoro, Nancy Lombardo

Dal mare fino al cielo è Dio che credenti interpellano ed è a Lui che chiedono veglia e protezione dagli schiaffi del vento e dai pericoli di nebbie improvvise e tempeste minacciose, chiedono i miracoli che si avverino e l’abbondanza, affinchè possano sostentarsi e sfamare le numerose famiglie che attendono il loro ritorno a casa, fra incertezze e oscurità, dubbi e paure, mentre è ancora vivo il ricordo del passato di una miseria vissuta durante la prima delle Guerre Mondiali, delle malattie che correvano senza pace da una persona all’altra, di una sopravvivenza minata e di bambini in fin di vita e razioni di pane e di latte insufficienti. E allora è memori di questo che all’Alto dei Cieli chiedono cibo e salvezza. E lo fanno con devozione, la stessa devozione che nutrono per un mare di Trinacria ricolmo di anime, a noi trasmesse con l’arte di un linguaggio vernacolare e gergale, che le tratteggia come doni provvidenziali: una benedizione.

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N’GNANZOU’ – di Vincenzo Pirrotta – Interprete: Vincenzo Pirrotta – Con la partecipazione di: Nancy Lombardo e Mario Spolidoro – Musiche: Mario Spolidoro – Scenografia: Emanuele Luzzati – Produzione: Artelè – Foto: Dino Stornello – Teatro Vitaliano Brancati (dal 19 al 23 novembre 2025)



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