Il 13 novembre 2015 è stato il giorno degli attentati di Parigi e della tragedia del Bataclan, che vogliamo ricordare oggi a dieci anni dal triste evento
Ci sono delle date che nella memoria collettiva di tutti si attaccano in maniera indelebile alla emozione del ricordo. Vada per l’11 settembre: basta l’evocazione del giorno a farci sprigionare tutte le immagini e la paura universale.

Concerto dei Genesis al Bataclan nel 1973
In questo caso la ricorrenza del 13 novembre sembra suggerire poco. Ma basta il nome del luogo per suscitare tutto: il Bataclan, lo storico locale di musica di Parigi che nel tempo aveva ospitato i sussurri profondi di Jeff Buckley, i riff taglienti dei Metallica, le sinfonie rock dei Genesis e i Cure, una storia lunga di palcoscenici calcati e di fumo denso, una cattedrale laica per l’unica religione universale.
Quella sera, quel venerdì – il tredici di novembre, per l’appunto – suonava non un gruppo qualsiasi: erano gli Eagles of Death Metal (nei quali milita un “certo” Josh Homme, che nel 1996 aveva già fondato i Queens of The Stone Age, giusto per dire), sulla scena il rock sporco e ironico della California, un side project che non aveva paura di giocare col sacro e col profano, un inno alla gioia sguaiata e viva. La loro musica, un garage rock che era tutto vibrazione, sudore e libertà: il preciso, esatto, intollerabile contrario di ciò che stava per arrivare.
Stavano suonando, forse erano appena riusciti ad accennare il loro inno alla vita, un riff caldo in quel freddo di novembre, quando il tempo, proprio in quell’ora, proprio per loro, stava per spezzarsi in due. Fuori acquattati nell’ombra un manipolo i fondamentalisti, pronti a far scontare il loro risentimento covato per generazioni contro l’Occidente, a cominciare dai presìdi del divertimento. La musica batteva sulle porte, pronte a spalancarsi per l’irruzione dei demoni nell’ombra. Un attimo dopo, il clamore, la confusione lo stordimento dei primi spari, i demoni fanno irruzione in quel santuario. A qualcuno sarà sembrato il vertice un po’ scomposto del rock che imperversava, ma non era più il suono a regnare ma un’eco secca, metallica: non più chitarre ma fucili, e i musicisti, i musicisti stessi, loro, a doversi piegare e correre, a gettarsi, a scappare dal loro stesso palco. Niente più ondeggiamento dei corpi al ritmo musicale, ma solo corpi che cadevano. Alla fine, solo pochi attimi dopo, si sarebbero contate novanta vittime. Tra loro, Nick Alexander, l’addetto al merchandising, un uomo che viveva per la musica, stroncato mentre il suo lavoro era vendere un pezzo di quella gioia. E Valeria Solesin, e Guillaume B. Decherf, il critico musicale.
La musica uccisa da chi odiava la musica.

Gli Eagles of Death Metal
Uno strascico di paura sarebbe rimasto per anni ancora, come un’onda lunga che inibiva ogni sforzo di rinascita dopo quell’eccidio: ma il Bataclan ha riaperto. Ha ripreso a vibrare, ha ospitato di nuovo artisti. E così ogni 13 novembre, ogni anniversario non è più una sigla di chiusura, non è un punto: è una virgola, una pausa – lunga e dolorosa – ma solo una pausa nel riff del mondo, giusto il tempo che la musica ricominci, zoppicante, a riprendersi il suo posto festoso nella vita.
Foto di copertina: Lo storico ingresso del Batclan di Parigi – fonte ©Corriere della Sera





