Fulvia Angeletti dedica il cartellone 2025/26 al padre Carlo, fondatore del teatro, e rinnova una promessa di arte, comunità e speranza nel cuore della città serafica.
Nel cuore di Assisi, città di fede e di arte, in una via silenziosa ma centrale, si scorge l’ingresso del Teatro degli Instabili. In un luogo dove la spiritualità domina ogni pietra, questo piccolo teatro sembra un’anomalia e invece ne è il naturale prolungamento: un ex tempio che continua a unire la comunità, offrendo un’altra forma di preghiera, terrena e condivisa. Qui la materia si fa spirito e il teatro diventa incontro, scambio, riflessione.

La nuova Stagione Teatrale 2025/26, dal titolo “Per un tempo rivelatore”, è dedicata a Carlo Angeletti, fondatore e ideatore del Piccolo Teatro degli Instabili, nel decimo anniversario della sua scomparsa (2015–2025). Come racconta la direttrice artistica Fulvia Angeletti, “quello di cui abbiamo bisogno è un tempo diverso rispetto a quello scandito dagli orologi, un tempo segnato da una frattura che annuncia, con fiducia, una ricomposizione. Un tempo rivelatore è quello che inizia quando ci apprestiamo a varcare una soglia, motivati da un’incessante ricerca di senso, speranza, conforto. È la ricerca di un tempo denso che, se atteso, può giungere a saziare la nostra fame. Scenari impensabili allora prendono forma grazie agli infiniti linguaggi dell’arte.”
E in questo tempo sospeso, rivelatore e necessario, il Teatro degli Instabili continua a essere un faro: un luogo dove la visione si fa esperienza e la comunità ritrova il suo respiro.
Ce ne parla in questa intervista Fulvia Angeletti, direttrice artistica del teatro.
Ci racconta la storia di questo piccolo teatro?
Il Piccolo Teatro degli Instabili è stato fondato nel 2002 dalla mia famiglia, dai miei genitori, Antonietta e Carlo Angeletti. È nato dalla mancanza di uno spazio teatrale e comunitario ad Assisi: è infatti l’unico teatro del centro storico. La storia di questo luogo risale al Settecento, quando qui sorgeva la Chiesa di San Donato, annessa a quella di San Giacomo del Murorupto. Sconsacrata, la chiesa passò attraverso varie mani: divenne prima proprietà di una coppia di inglesi che la restituì al convento, poi fu conosciuta come “il teatro delle suore”.
Agli inizi del Novecento ospitava spettacoli filodrammatici: io stessa, da bambina, vi ho fatto un piccolo saggio. Della struttura originaria restano il pavimento e la scritta sull’arcoscenico “Dilettando insegna”, il motto del teatro. Nel 2002 la mia famiglia lo ha ristrutturato completamente in un’estate, restituendolo alla città. Da allora sono passati sul nostro palco nomi importanti del teatro italiano: Giorgio Albertazzi, Arnaldo Foà, Franca Valeri e tanti altri. L’idea era riportare la gente a teatro attraverso grandi artisti, e così è stato.
Questo nome “Instabile” sembra indicare il fluire dei tempi. Come nasce?
Il nome Piccolo Teatro degli Instabili ha molte ragioni. L’instabilità è una condizione che appartiene a chi ama l’arte, sempre in bilico tra emozione e riflessione. Mio padre diceva che era anche un tratto caratteriale della nostra famiglia. C’è poi un gioco di parole con i “teatri stabili”, pubblici e finanziati: il nostro è indipendente, sospeso in un’altra condizione. E infine, nasce anche dall’instabilità del territorio dopo il terremoto. È un nome con mille significati, tutti veri.
Come sarà la stagione di quest’anno?
Mi occupo personalmente della direzione artistica, in continuità con la visione condivisa con la mia famiglia, in particolare quella che era la visione di mio padre. Abbiamo sempre voluto ospitare grandi artisti e temi importanti, offrendo un’alternativa culturale alla regione. Essendo uno spazio indipendente, puntiamo su spettacoli esclusivi, spesso prime nazionali, con molti premi Ubu. Lo spazio è piccolo ma versatile: accoglie anche concerti e spettacoli musicali. La nuova stagione rispecchia questa filosofia. Apriremo con Stabat Mater di Antonio Tarantino, interpretato da Fabrizia Sacchi; seguirà Il Milione con Riccardo Massai a Palazzo Bartocci Fontana, poi uno spettacolo natalizio per le famiglie.
A gennaio tornerà Antonio Rezza, uno degli artisti più geniali della nostra scena; poi Con la carabina con Danilo Giuva ed Ermelinda Nasuto; una produzione internazionale dalla Svizzera e Novecento di Gabriele Vacis, omaggio a Eugenio Allegri.
Chiuderemo con Un dettaglio minore con Dalal Suleiman, tratto dal romanzo della scrittrice palestinese Adania Shibli. Anche quest’anno un filo profondo lega la stagione alla Palestina, come segno di vicinanza e riflessione.

Fate anche dei laboratori?
Sì, i laboratori sono il nostro fiore all’occhiello. Li organizziamo dal 2006 per bambini, adolescenti e adulti: tre gruppi per questi ultimi, per un totale di circa 55 persone. Ogni anno i corsi sono tenuti da professionisti — attori, registi, autori — e si concludono con una restituzione al pubblico. Crediamo che gli allievi attori, di ogni età, siano l’anima del teatro. Ognuno vive l’esperienza in modo diverso: c’è chi sogna di diventare attore, chi vuole semplicemente sbloccarsi o socializzare. In ogni caso, è un modo per crescere insieme.Nelle nostre produzioni cerchiamo spesso di coinvolgere gli allievi accanto ad attori professionisti: esperienze bellissime e formative.
Un grazie a Fulvia Angeletti, che ha aperto le porte del suo teatro, regalandoci uno spazio di vita, storia e sogni. Perché anche quando la realtà ci invade, i sogni, come il teatro, restano ciò che illumina la via e guida alla meta.





