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Peppe Vessicchio, la Semplicità come armonia e rito

Maestro di Musica e di vita, capace di trasformare ogni nota in un gesto di autenticità e bellezza.

La Semplicità è una virtù etica, sinonimo di sincerità, naturalezza, trasparenza, ma soprattutto autenticità. Ed è proprio l’autenticità, la nota che risuona pensando al Maestro Peppe Vessicchio, scomparso l’8 novembre: una vita diretta con la grazia silenziosa di chi non ha mai smesso di credere nell’armonia.

La gentilezza nelle sue mani, nel modo in cui accoglieva il silenzio prima del suono, era già Musica. Peppe Vessicchio entrava per far vibrare la Musica, per ricordare che ogni nota ha il suo spazio, ogni pausa il suo respiro. Nel tumulto dei riflettori, era la quiete, la certezza discreta che tutto sarebbe stato armonico, anche quando il mondo intorno sembrava correre troppo veloce.

Dirige l’orchestra è una frase che mi insegue. In realtà non volevo fare il direttore d’orchestra. Mi piaceva l’idea di scrivere e di mettere insieme le note. Avevo bisogno di realizzare quello che pensavo.”

Ecco la sua semplicità: essenza. Una scelta precisa, intima, quasi spirituale. Il gesto della bacchetta era un modo per scomparire dentro la Musica. La sua presenza, rassicurante e discreta, diventava così un punto di riferimento.

Il Maestro aveva la delicatezza di lasciare respirare lo spazio con la sua assenza. Quando non c’era, il pubblico avvertiva quel vuoto come la mancanza di una figura capace di dare forma e continuità alle emozioni collettive. Vessicchio aveva capito che la semplicità non è apparire meno, ma esserci con misura. La sua presenza era rituale, sobria, quasi liturgica: un uomo che con un cenno orchestrava non solo la Musica, ma la nostra memoria affettiva.

«L’armonia è l’ottimale condizione degli elementi di un insieme,- diceva – Non solo in Musica, ma nella vita. Il silenzio è il tessuto in cui il suono si intrufola».

In un mondo di clamori, la sua sobrietà era rivoluzionaria. In quella calma, in quel silenzio prima del suono, c’era la sua lezione più profonda: la Musica, così come la vita, esiste solo se si dà spazio all’ascolto.

Ma il suo viaggio non si è mai fermato al pentagramma.
Da vero esploratore dell’armonia, Vessicchio cercava la Musica anche fuori dalla sala d’orchestra, tra le foglie dei pomodori e le vibrazioni dell’olio d’oliva. La sua curiosità lo portò a indagare gli effetti delle frequenze musicali, soprattutto quelle di Mozart, sulle piante, convinto che la Musica potesse migliorare la loro crescita e qualità.

«Il suono è un privilegio proprio di questo pianeta […] Ogni persona è come una corda, e possiede una capacità di vibrazione. Quando incrociamo le nostre vere passioni, iniziamo a suonare davvero».

Era un musicista, sì, ma anche un ricercatore dell’essenza vitale.
Credeva che ogni cosa viva vibri, e che le vibrazioni giuste potessero curare, rigenerare, far fiorire. È difficile trovare un’immagine più bella di questa: l’uomo come strumento che cerca la propria intonazione nel mondo. In fondo, tutta la sua vita è stata la ricerca di quell’accordo perfetto tra natura, conoscenza e sentimento.

Vessicchio non ha mai alzato la voce per essere ascoltato. Era il Maestro che sapeva insegnare la Musica senza farla sembrare un mistero inaccessibile, che poteva dirigere un’orchestra sinfonica o una band di ragazzi senza cambiare tono.

«Non è vero che la Musica non è per tutti – ricordava – Ogni scuola dovrebbe avere strumenti musicali gratuiti, sale prove, un buon insegnante… La Musica è un linguaggio universale, il più facile e immediato da imparare».

E così il Maestro Vessicchio diventa un ponte tra mondi: classico e pop, tv e web, teatro e meme per i più giovani. La sua figura, divenuta icona, è la prova che l’autenticità è l’unica forma di popolarità che non si esaurisce.

Oggi, che la sua bacchetta si è fermata, resta il suono che ha saputo evocare. In un mondo che costantemente in corsa, ci ha insegnato che la Musica e la vita, sono fatte di ascolto, di vibrazioni, di silenzi che preparano la melodia. Mi piace pensare che il Maestro Vessicchio abbia solo cambiato tempo, passando in quella tonalità dove risuonano le anime semplici, che non hanno bisogno di apparire per lasciare un’eco.

E come in ogni grande rito, basterà riascoltare quella voce, ogni volta che qualcuno dirà:
“Dirige l’orchestra il Maestro Peppe Vessicchio”.

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