L’intervista al regista romano che torna al Teatro Marconi con 17 giovani attori per raccontare le contestazioni del ’69 e il passaggio di testimone tra i sogni di ieri e le inquietudini di oggi.
di Elisa Fantinel
Dopo il successo delle prime quattro repliche, torna dal 13 al 16 novembre 2025 al Teatro Marconi di Roma Le Belle Notti un intramontabile e commovente testo di Gianni Clementi che racconta l’occupazione del Liceo Dante Alighieri nel 1969 e quella che avvenne nello stesso liceo nel 2002. Generazioni a confonto tra sogni e ideali dove la strage di Piazza Fontana fa da spartiacque.

Che esperienza è quella di lavorare con un gruppo di giovanissimi attori?
Sono abbastanza abituato a lavorare con i giovani perché insegno teatro dalla fine degli anni ’80. Ne ho visti passare tanti di ragazzi e posso dire che il teatro livella le differenze generazionali. Mi piace lavorare con i giovani perché da un lato hai per le mani una materia molto esplosiva da gestire, è materia che cresce velocemente ed è per questo estremamente interessante, dall’altra puoi insegnare molte cose e, in questo modo, dare un contributo importante.
Come vivono l’esperienza i ragazzi alle prese con uno spettacolo corale, complesso da gestire sul palco e nel backstage?
Per quello che riguarda il loro rapporto fuori dal palco, i ragazzi hanno naturalmente una grande comitiva, hanno fatto gruppo, sono diventati amici e si vedono anche al di fuori dell’ambito dello spettacolo. Questo è sempre accaduto in tutte le precedenti quattro versioni di questo spettacolo, inevitabilmente condividere questo progetto insieme li unisce molto.
Sul palco sono un po’ irruenti, ma è tratto tipico dei giovani, bisogna saper gestirli perché, come è normale che sia, tendono a fare troppo. Uno spettacolo corale ha le sue regole, ognuno deve avere i suoi spazi e bisogna stare attenti a non sovrapporsi. Sono contento del cast che ho scelto perché questi 17 ragazzi si comportano molto bene e sono bravi.
La strage di Piazza Fontana segna uno spartiacque all’interno dello spettacolo, lo è stato anche per la storia italiana? Cosa simboleggia per il nostro paese?
Esiste un prima e un dopo la strage di Piazza Fontana. Il 12 dicembre del ‘69 rappresenta “la perdita dell’innocenza”, storicamente si usa questa definizione. Ed è così perché fino a quel momento c’erano stati scontri, ma tutto si era limitato a scontri fisici di piazza, non si era mai arrivati a tanto, non era mai stata messa una bomba in un posto pubblico. Quel giorno morirono 17 persone. Dopo il 12 dicembre c’è stata un’accelerazione, perché la reazione con la R maiuscola decise di cambiare passo: è stato appurato che fu una strage fascista. Da quel preciso momento cominciò il periodo delle stragi che poi ha proseguito con Brescia e Bologna, una sequela di stragi dove c’era il tentativo di fermare quello che era un movimento popolare di studenti, operai e lavoratori che si ribellavano e che rivendicavano i loro diritti. Quello che è stato fu veramente uno spartiacque, quell’evento simboleggia proprio l’inizio di una nuova strategia che appunto fu definita “la strategia della tensione”.
Le proteste studentesche sono ancora attuali o riguardano il nostro passato?
Sicuramente gli scioperi ci sono ancora ma non come alla fine degli anni ’60. Certamente il movimento pro Palestina ora ha unito un sacco di persone tra cui tanti studenti.
I nostri 17 ragazzi sono molto incuriositi ed entusiasti di rappresentare sul palcoscenico i coetanei del 1969, io ho parlato loro a lungo di quel periodo, per inserirli il più possibile in un contesto al di là dei costumi di scena, per far capire il più possibile quello che era il clima dell’epoca.
Nei primi 4 giorni di messa in scena dello spettacolo, lo scorso ottobre, ci sono stati tantissimi giovani in sala, che cosa può risvegliare nei giovani d’oggi uno spettacolo come “Le Belle Notti”?
L’intento era proprio questo: abbiamo pensato prima di tutto che i giovani chiamano i giovani, e vedere 17 ragazzi sul palco non accade mai, è qualcosa di raro oggi, quindi “Le Belle Notti” è un’operazione che vuole richiamare proprio tanti giovani in sala: è una storia di giovani raccontata da giovani per altri giovani che vengono ad assistere. Mi auguro che si prosegua allo stesso modo anche nelle prossime repliche.

Nuovi progetti a cui stai lavorando? Anticipazioni?
Riprendo lo spettacolo “Sette Minuti” al Teatro Vittoria interpretato da undici donne, scritto da Stefano Massini. La scorsa stagione è andato molto bene questo spettacolo e sono molto contento di riprenderlo. A seguire ci sarà il debutto di uno spettacolo nuovo: “L’Uomo, La Bestia e la Virtù” di Luigi Pirandello. Nel frattempo continuo a girare l’Italia con il mio spettacolo “La Foto Del Carabiniere”, uno spettacolo che porto in giro da quesi 15 anni in cui racconto la storia di Salvo D’Acquisto che nel 1943 salvò 21 uomini tra i quali c’era anche mio padre.





