“Glow of Memories”: la potenza espressiva di Ismail Shammout in un intenso atto di resistenza che, attraverso questo prezioso documentario, custodisce la memoria storica del popolo palestinese.
Un documentario di 11 minuti dove l’Arte dice tutto quel che c’è da dire, senza bisogno di parole, solamente con la forza delle forme e dei colori. In Glow of Memories il pittore palestinese Ismail Shammout ha raccolto i propri dipinti e li ha montati alternandoli a immagini d’archivio della storia palestinese. Un risultato sorprendente di rara bellezza ed eloquenza, un monito di libertà e resistenza, un grido pacifico che si infrange sugli scogli dell’indifferenza corrodendoli.

La lavorazione risale al 1972, ma quella che oggi giunge a noi non è la copia originale del film, che è stata saccheggiata dall’esercito israeliano a Beirut nel 1982, durante l’invasione del Libano. Migliaia di film, foto, opere, documenti furono trafugati come bottino di guerra allo scopo di demolire la memoria palestinese e la sua voce. Questo immenso patrimonio è stato dunque sequestrato e conservato, ancora oggi, negli archivi militari israeliani, senza ovviamente possibilità per gli esterni di accedervi.
Un gesto offensivo che si riallaccia al tentativo di cancellare una cultura e le sue testimonianze, di controllare l’informazione e diffondere la narrazione della Palestina come terra di barbari e soli contadini. Che poi anche se fosse non giustificherebbe la strage, ma per Israele negare i meriti artistici e intellettuali dei palestinesi sembra importante. Tornando al prezioso documentario che stiamo prendendo in oggetto, è stata fortunatamente ritrovata pochi anni fa una copia in una scatola dal figlio di Ismail, ragione per cui è stato possibile digitalizzarlo e restaurarlo.
Ismail ha vissuto in prima persona il dramma palestinese: durante la Nakba del 1948, lui e la sua famiglia furono costretti a lasciare la loro casa durante l’assalto di gruppi militanti sionisti ebrei alla loro città. Una lunga marcia a piedi ha permesso loro di stabilirsi nei campi profughi di Khan Younis a Gaza, dove vivevano in condizioni molto dure. Successivamente ha studiato al Cairo e grazie a una borsa di studi è giunto a Roma, ma non ha mai dimenticato la sua terra, tornando a vivere a Beirut e ad Amman.
11 minuti di visioni di un passato tormentato, consumato dalla violenza e dalla fame, 11 minuti di immersione nella diaspora palestinese e nella rivolta araba. 11 minuti però anche di bellezza e luminosità, il racconto della cultura palestinese, delle sue donne, delle usanze e dei volti. Un crescendo di drammaticità che fa capire cosa hanno vissuto i palestinesi, come sono stati privati della propria felicità e serenità.
Ismail Shammout è ritenuto il padre della pittura moderna palestinese e intreccia una narrazione realista a uno stile con forti accenti espressionisti e simbolisti. Così la memoria della storia palestinese e della resistenza di un popolo assume una forza espressiva dirompente grazie a un tratto accademico che conferisce veridicità e concretezza storica, unito all’espressività dei colori, intensi e drammatici. Le stesse forme alle volte sfumano in accenni di immagine per amplificare l’effetto emotivo dato dalla tecnica espressionista.
C’è qualcosa di religioso in queste opere dato dalla sensazione di trovarsi di fronte all’epifania di un ideale, sacro e profano convivono nella rappresentazione del sentimento di un intero popolo. Opere laiche ma talmente potenti da emanare un’aura divina, anche grazie al tratto delle raffigurazioni femminili che ricorda quello delle Madonne dell’arte occidentale, così come molti personaggi maschili evocano la memoria dei santi cristiani. Una sacralità laica che attinge dall’occidente per raccontare il dramma della Palestina.
Ismail Shammout era in grado di rompere barriere, di comunicare il linguaggio delle forme e dei colori con una maestria e autenticità eccezionali. Pose iconiche, volti sofferenti, colori accessi ed espressivi, dettagli significativi: tutto parla al cuore, ma anche alla ragione. Glow of Memories, al cui montaggio Cosimo Damiano ha aggiunto le proprie musiche per accentuare ulteriormente l’intensità di ogni fotogramma, è anche un esperimento riuscitissimo di dialogo tra un’artista e le proprie opere, un approccio all’immagine che ricorda il cinema sperimentale o quello d’avanguardia, in particolare il sovietico, ma anche il surrealista.

Memoria, collettività, resistenza: il cinema e l’arte hanno modo di farsi testimoni delle ingiustizie. Questo breve ma inestimabile documentario riassume la voce di un popolo, una voce che stanno tentando di soffocare. Un invito ad agire, ad arrabbiarsi per quanto accade e ad accogliere la sofferenza palestinese come fosse la nostra.
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Glow of Memories di Ismail Shammout (1930-2006) – Musica: Cosimo Damiano,2025 – Produzione Cultural Arts Section – Organizzazione per la Liberazione della Palestina – La digitalizzazione è stata sponsorizzata da Creative Interruption, 2018 – Copyright: Famiglia Shammout





