Il Fringe Off Festival 2025 colpisce ancora. Al Fab di Catania si va a spasso nel futuro
Chiunque abbia fatto ingresso, dal 16 al 19 ottobre, al Fab di Catania, durante l’edizione 2025 del Fringe Off Festival, ha sperimentato dal vivo un attraversamento di epoche ormai troppo distanti l’una dall’altra: dagli arredi di un locale che sembrano rievocare un arco compreso fra gli anni ’70 e gli anni ’80 ad un palcoscenico che trasferisce al 2156.

Danilo Napoli
Da un vivace e lontano passato ad un futuro catastrofico di un mondo agli sgoccioli: un’oscillazione fra momenti storici diversi certamente consentita dal mezzo del teatro. È la macchina scenica stessa ad offrirsi come un’immaginaria macchina del tempo, un veicolo teatrale alla cui guida troviamo Danilo Napoli, il regista-attore ma soprattutto il traghettatore di anime verso l’estinzione, che è inevitabile ma che nessuno vuole ammettere. Nessuno tranne lui che, mediante l’asprezza di un dileggio necessario, sa cogliere nel segno, facendo pieno centro. Benvenuti a bordo! Allacciate le cinture. Stiamo per spostarci nel 2156: nella condanna lenta e funesta ad una morte climatica senza precedenti. Lo spegnimento del cosmo è raccontato attraverso gli occhi di una drammaturgia che, sin dal titolo, ci appare non solo pertinente, ma, in un certo senso, anche profetica: Lo spettacolo è stato annullato (causa fine del mondo).
Lo spettacolo comincia dall’impossibilità stessa di condurlo: un’impossibilità che, però, può diventare possibile. Una visione pessimistica ed insieme ironica travolgono lo spettatore che, di conseguenza, appare attonito, forse disorientato ma, senza dubbio, divertito. Il trasferimento temporale ci viene assicurato, innanzitutto, da registrazioni che simulano una comunicazione radiofonica, a metà fra il notiziario e l’annuncio pubblicitario. Se il notiziario trasmette di un’aria densa e irrespirabile e del rischio che si corre uscendo all’aperto; al contrario l’annuncio invita a rivalutare alcune nuovissime mete turistiche come l’Antartide e la Polonia, contrassegnate da un’atmosfera mediterranea e da un caldo tropicale che sommergono le bianche spiagge e il chiaro mare. Oppure Nuova Gaza: la valida alternativa per una fantastica vacanza, allegra e spensierata, nella prima riviera mediorientale, fondata interamente su un cimitero di sangue a cielo aperto.
L’ironia drammatica e feroce (della sorte), però, non termina qui: fra ere geologiche in evoluzione e “rifugiati climatici”, asteroidi e meteoriti, ci sono gli studi sui cloni umani che fanno passi da gigante, le discendenze dinastiche di Elon Musk e Donald Trump che proseguono a gonfie vele, le astronavi popolate di alieni che viaggiano fra le galassie, e, ancora, la perseveranza impareggiabile di Beautiful, quella soap opera che, al contrario del mondo, non vuole accennare a finire, grazie, peraltro, alla puntuale Resurrezione di Ridge Forrester, in ognuna delle incalcolabili puntate. Insomma, in un mondo con poche certezze, Beautiful è senz’altro una di queste. Non vorremmo dire lo stesso anche per Il grande fratello. In verità, la satira non è il solo tratto. Ad affiancarla un ripescaggio linguistico informale e inedito composto da stranierismi, derivazioni greche e latine modernizzate, espressioni gergali giovanili e persino terminologie di nuovo conio: tutti espedienti perfetti per proseguire il nostro “affascinante” viaggio verso l’avvenire “apocalittico” dell’annientamento.
Da quell’esitante apertura, la narrazione dell’attore si appresta a divenire sempre più incalzante, irruente e irriverente, e a tratti persino disperata e delirante. Danilo va spesso su tutte le furie: è invelenito e collerico, isterico e pungente, il turpiloquio a “ingentilire” e sa come, provocatoriamente, improvvisare: il tutto per soddisfare il nostro spettatoriale “voyeurismo cronico”. Così facendo, e interpellando il pubblico, ci viene presentato un mondo-discarica distopico e al tracollo, diviso in due fazioni, per descrivere le quali ci riserviamo di prendere in prestito la stessa veemenza che ci giunge dal palcoscenico. La prima è la società sott’acqua, quella elitaria, quella di città sottomarine privilegiate, dell’esistenza appagata e dello snobbismo tossico e noioso. La società di chi nella leggerezza sa come viverci e nel “dolce far niente” come sguazzarci, nel frattempo accaparrando il petrolio, per arricchirsi di più. La società di quelli che spendono, di quelli che spandano e di quelli che valgono (ma che in fondo non valgono niente). La società dell’egoismo più sfrenato e del capitalismo in forma smagliante, dei potenti e degli intoccabili parassiti, di quei “comuni immortali” invincibili, campioni della superficialità e affetti dalla sindrome della superiorità.
Praticamente un ecosistema nuovo di zecca affollato di “viziati rampolli, figli del consumismo più becero”, “l’ultimo baluardo del menefreghismo, di questa specie malata che si chiama umanità”. Un ecosistema che è riservato esclusivamente a loro, il posto d’eccezione per fuggire da problemi e responsabilità e stare al riparo dai disastri dell’ambiente e dallo smarrimento di un pianeta Terra che collassa. L’attore, come vediamo, non intende sopportare questi “figlioli del materialismo e dell’indifferenza” e lo urla a gran voce, lasciando che la scena diventi la sua valvola di sfogo. A subire lo stato delle cose ci sono gli altri, la seconda fazione sociale: la plebe. La fazione dei poveri: gli ultimi, i perdenti, i mortali. Quegli “umanoidi lobotomizzati che camminano, arrancando sorridenti verso l’estinzione” e con un gran peso sulle spalle. Il peso di un disastro preannunciato, senza via d’uscita. E una salute minacciata. Ecco, allora, due vite e due destini diversi: la vita superba di agi e di abbondanza e la vita misera della sopravvivenza tra le rovine, e della lotta: la costante lotta con gli eventi atmosferici, i più inspiegabili e coi deserti, i più invivibili: un globo-inferno, infuocato e alluvionato da ogni parte. E bombardato, ma questo era sottinteso.

Danilo Napoli
Danilo Napoli In definitiva, è proprio nell’insensatezza iniziale di fare lo spettacolo che scorgiamo l’innesco del vero meccanismo drammaturgico e con esso l’urgenza del teatro di opporre resistenza ad ogni costo, in un “firmamento” agonizzante dove c’è l’arte che perde valore, se c’è la ricchezza che prende il sopravvento. Pertanto, Danilo non si arrende e porta avanti la sua missione visionaria di “messaggio rivolto alle coscienze” e di “bellezza” dove bellezza non ve n’era più: combattere il sistema e immaginare una Redenzione. L’arte come lo specchio su cui proiettarci e come il rimedio con cui salvarci: una lanterna che consola nell’oscurità, un tempio nella deriva. E allora, mettetevi comodi: non si finisce di raccontare, il teatro non può permettersi di fallire, sono ancora tante le ipocrisie da smascherare. Lo spettacolo ha inizio, ma ricordate: “i soldi sono il crimine, la radice di ogni male”. Benvenuti nell’atto finale.
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Lo spettacolo è stato annullato (causa fine del mondo) – Autore e regia: Danilo Napoli – Aiuto regia: Antonietta Barcellona – Interpreti: Danilo Napoli – Musiche: Francesco D’Acunzi – Costumi: Vitruvio Entertainment – Produzione: Nova Civitas Soc. Coop. & Vitruvio Entertainment – Fringe Catania Off International Festival – FAB (16-19 ottobre 2025)





