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L’oltre blu di Juliette Wayenberg

Un tragitto alchemico attraverso la memoria tra figurazioni dell’infanzia e simbologia del mare

Sono piccoli varchi per microcosmi profondissimi, le fotografie di Grete (Wykofer), ultimo progetto fotografico di Juliette Wayenberg, inaugurato lo scorso 26 settembre presso la Galleria ZEMA di Roma.

Grete (Wykofer) #12, di Juliette Wayenberg

L’aura è quella di una nostalgia antica, intesa nel senso più originario del termine, come νόστος – ἄλγος ovvero come dolore del ritorno casa: è infatti l’esplorazione di un passato familiare incisivo, a tratti misterioso, a guidare la scelta dei negativi, selezionati dall’archivio di famiglia e poi stampati in cianotipia.

A porsi da trait-d’union tra le diverse immagini è il blu, un blu che non è solo il risultato della scelta del blueprint nel processo di stampa, ma diviene simbolo, eco e tramite per un tragitto attraverso la memoria, tinta dell’immensamente lontano e del vertiginosamente vicino.

Curata da Bianca Ceriani, la mostra si coniuga armonicamente con lo spazio d’esposizione, relativamente giovane ma già capace di imprimere la sua linea e la sua identità, quella che nasce dallo sguardo rivolto alla fotografia femminile della contemporaneità.

Storia di un’affinità elettiva

Il primo incontro tra Juliette Wayenberg ed Emanuela Zamparelli avviene tre anni fa a Torino in occasione di Artissima (Internazionale d’Arte Contemporanea di Torino) sancendo l’inizio di quel crescente e reciproco interesse che avrebbe avuto culmine nell’allestimento dell’attuale mostra fotografica.

Ricorda infatti Zamparelli come lei e Wayenberg si siano scelte a vicenda, già all’epoca quando l’artista stava lavorando ad un altro progetto sempre in cianotipia. Se da un lato la gallerista sentì l’immediato desiderio di acquistare due delle opere dell’artista, dall’altro quest’ultima elesse lo spazio di ZEMA come quello che meglio avrebbe potuto accogliere le sue opere a Roma.

È la stessa fondatrice della mostra che ci riporta la storia che si cela dietro le opere, differenti eppure attraversate dai macrotemi del mare e dell’infanzia. Infinitamente declinati questi vanno a ricondursi ora alla vicenda personale dell’artista, ora a quella dei suoi avi in un’isola del Mare del Nord.

Dai fonemi che compongono il nome dell’isola, Wyk auf Föhr, si origina il Wykofer del titolo, un suono pregno e antico, che richiama alla memoria l’inondazione che nel millenovecentotrenta invase il collegio del luogo, l’operato sociale della trisavola Grete e dove ciò che rimane sono images de vagues en noir et blanc et de silhouettes floues qui les regardent.

L’eau qui crée et l’eau qui détruit

Avvolte nel blu, le gambe dei bambini sembrano ciondolare dal lato superiore della diapositiva in Wykofer #4, muta invece la cromia in #2 Enfant su la plage tramutandosi in un rosa tenue, cambia ancora in Wykofer#11 divenendo un verde quieto, ancor più remoto.

L’acqua del Mare del Nord, l’acqua impetuosa, gorgogliante, profonda, spezza l’immagine che già nella tempesta inizia il suo processo alchemico. L’eau s’est infiltrée partout – è l’acqua ad aver spezzato la vita, ma è essa stessa a ricrearla, di nuovo placida, potabile, linfatica ma anche necessaria per sviluppare i cianotipi dell’artista, per consentire l’uscita del blu profondo, per recuperare la memoria antica, l’immagine lontana.

Colto nel movimento cristallizzato dell’onda, il mare sembra scaraventarsi fuori dall’inquadratura di Wykofer#12 dove la profondità sembra originarsi nella collisione tra la tormenta cangiante del primissimo piano, e la superficie placida dello sfondo.

Acqua linfa, acqua amniotica

Esiste un altro spazio, una traiettoria biotica, dove l’acqua si afferma come spazio vitale: è la dimensione del ventre materno – presente ad esempio in Wykofer #7 -che a più riprese costella il percorso espositivo.

Secondo un movimento di spostamento crono-spaziale, la mostra arriva a comprendere due spazi e due tempi, distinti ma coinvolti nello stesso iter semantico. Due declinazioni portano così l’elemento ancestrale dell’acqua a mutare dal mare, all’acqua amniotica; dall’esistenza dell’infanzia ad un’esistenza pregressa, quella del feto immerso nella dimensione di vita idrica che precede la vita terrestre.

Allestimento di Grete (Wykofer

Mobilità e stasi, tempesta e quiescenza appaiono dunque come segmenti necessari all’esistenza stessa, elementi senza i quali sarebbe impossibile l’innesto della memoria, il processo di trasmissione cangiante che presuppone e fonda lo sguardo artistico in quanto tale.

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Grete (Wykofer) di Juliette Wayenberg a cura di Bianca Ceriani – Organizzazione: Galleria Zema – Galleria ZEMA di Roma dal 26 settembre all’11 novembre 2025

Per approfondimenti:  https://www.galleriazema.it

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