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Shakespeare e il fantasma dell’attualità

Al Teatro Quirino va in scena fino al 12 ottobre “TITUS – Why don’t you stop the show?, un adattamento della prima tragedia shakespeariana che scuote le coscienze

Devastante, sconcertante, magistrale. Dal 30 settembre al 12 ottobre il Teatro Quirino ospita una lacerante rivisitazione moderna del Tito Andronico di William Shakespeare, che si erge in questa rilettura forte e attuale a manifesto di pace e ripudio della guerra e delle logiche della vendetta. TITUS – Why don’t you stop the show? scuote profondamente. Ci sono nella finzione scenica violenza, sangue, dettagli cruenti e tanta umanità ferita, martoriata. Un assalto in piena regola al muro dell’indifferenza, da cui nello spirito non si esce del tutto indenni.

La narrazione si concentra sulle sorti di Tito Andronico e della sua sventurata famiglia, ma ciò che va sottolineato è che prima di essere le vittime sono stati anch’essi i carnefici. Infatti a nulla sono valse le suppliche di Tamora, regina dei Goti, di risparmiare la figlia. Tra indugi e perplessità, alla fine Tito ne ha permesso l’assassinio e sarà da quel sangue che le sorti si rovesceranno e l’ira della vendetta li devasterà.Centrali in questo adattamento sono la ciclicità della violenza e il meccanismo irrefrenabile della vendetta, che consuma, distrugge e genera altra insopportabile crudeltà. Nessuno è innocente, tutti sono colpevoli. Si perde anche il diritto di definirsi vittima se si cede alla tentazione di farsi giustizia tramite violenza, dal momento che quella rabbia porta altra rabbia e altre vittime, che a loro volta cercheranno vendetta. Una spirale nefasta, un cortocircuito della ragione.

TITUS – Why don’t you stop the show? non si limita però a riportare fedelmente il testo shakespeariano: è un adattamento di ampio respiro, curato alla perfezione anche nella riscrittura, riuscendo armoniosamente a unificare il testo originale con i contributi moderni e poetici del regista Davide Sacco.

La scenografia di Fabiana Di Marco richiama una forma semicircolare da teatro romano, funzionale a simboleggiare quel ciclo infinito di violenza e terrore che macchia l’umanità. Sul fondo un’enorme pila di cadaveri rinchiusi in un sacco bianco, senza patria né bandiera, masse di carne condannate all’anonimato. TITUS – Why don’t you stop the show? non si limita alla classica suddivisione palco-pubblico. Le prime dieci fila del Teatro Quirino sono state rimosse per invadere con la scenografia parte della platea. Ecco che un suolo nero cenere, il colore della terra bruciata, si getta in platea, un’allusione ai bombardamenti e alla distruzione della guerra. Il pubblico si ritrova così immerso nella scena e la vicinanza rende ancora più palpabile quella tensione costante che esplode e divampa con ferocia e senza remore borghesi.

Sound design e light design si compenetrano tra loro alla perfezione, evocando rimbombi, lampi, enfatizzando gesti, sottolineando momenti fondamentali. L’illuminazione crea effetti visivi espressivi e d’impatto, come un chiaroscuro bianco e nero in determinati istanti di tensione o come il turbolento tingersi di rosso sangue della scena. Davide Sacco apre lo spettacolo con un’entrata lirica ma anche estremamente attuale: Tito, impersonato da Francesco Montanari, che sulle note suggestive e melodiche di una musica tragica e dal respiro epico, avanza portando tra le braccia un cadavere coperto da un saio bianco. presumibilmente un bambino.

Sono tanti i momenti suggestivi che menzionano tematiche attuali e urgenti. Infatti lo spettacolo è dedicato alle vittime di Gaza e non si risparmia nell’assumersi la responsabilità di citarle tra le righe anche nel testo. Uno dei momenti più toccanti è il monologo di Francesco Montanari seduto su una poltrona di fronte ai gemiti di dolore della figlia Lavinia, di cui il pubblico vede solo l’ombra dietro una tenda bianca. Oltre al forte impatto visivo della scena vanno menzionate le parole di condanna verso l’indifferenza della società. Che speranza c’è se di fonte a tutti questi bambini morti nessuno fa nulla? E più avanti ci si chiede anche che cosa sia mai un pezzo di terra, menzionando la striscia che separa due popoli.

L’estetica incisiva e solenne, monumentale e sublime di TITUS non edulcora affatto la potenza semantica della messa in scena, ma anzi la rafforza. A intensificare il pathos emotivo è anche la bravura degli attori, a partire da Francesco Montanari, che interpreta Tito con naturalezza e profondità, carisma e una spontaneità fresca e coinvolgente, prediligendo una resa realistica viscerale, scarna da manierismi teatrali. La sua fisicità espressiva e l’intensità emotiva della recitazione contribuiscono a dare corpo e veridicità al testo shakespeariano, che richiede una grande capacità di oscillare tra silenzi tombali ed esplosioni di rabbia e dolore che piegano lo spazio circostante in un grido silenzioso o rumoroso di insostenibile disperazione. Lentamente il suo personaggio scivola sempre di più verso la follia, progressivamente la sua performance si fa sempre più potente.

Anche gli altri interpreti svolgono un lavoro eccellente, a partire da Saturnino, vestito come un bullo dei giorni d’oggi e caratterizzato da Guglielmo Poggi come un ragazzo estremamente impulsivo, ansioso, strafottente, arrogante e perfino ingenuo nella sua volontà di prevaricare senza rendersi conto di essere usato e ingannato. Un aspetto che caratterizza tutta la compagnia è l’autenticità. Nessuno è fuori posto, inutilmente eccessivo o troppo impostato.

La regina dei Goti è interpretata da Marianella Bargilli e con disinvoltura e intensità conquista il palco con la furia del suo odio vendicativo di madre ferita e la sensualità manipolativa di donna conscia della propria velenosa bellezza. Beatrice Coppolino è Lavinia, che da un certo momento in poi diventerà più che un personaggio uno spettro, un’ombra i cui gemiti di dolore e il linguaggio di un corpo devastato straziano ogni cosa e persona circostante, attraversano l’aria e squarciano il velo dell’imperturbabilità. Infine menzioniamo Aronne (Claudia Grassi), al femminile in questo adattamento, che regala sfumature sul tema della dignità della donna ma anche su quello centrale dell’ingiustizia della guerra e del marciume della vendetta.

TITUS – Why don’t you stop the show? è tutt’altro che rassicurante. Niente è simile a questo spettacolo, la sua unicità salta agli occhi. Fa breccia nell’armatura del distacco in un periodo storico dove siamo assuefatti dalla brutalità. Scalfisce, ribalta, sommerge. Richiede una sensibilità adatta a sostenere scene di violenza e sangue, si rivolge a un pubblico che accetta di essere scosso e portato a intraprendere un percorso tortuoso nelle viscere dell’oscurità umana. Nei ringraziamenti la dedica a Gaza e alla Flotilla, mostrando la bandiera palestinese.

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Titus– Why don’t you stop the show? da William Shakespeare – Adattamento e regia di Davide Sacco – Con: Francesco Montanari, Marinella Bargilli e con Guglielmo Poggi, Ivan Olivieri, Beatrice Coppolino, Claudia Grassi, Jacopo Riccardi, Giuliano Bruzzese, Filippo Rusconi, Enrico Spelta, Matilde Pettazzo – scene Fabiana Di Marco – costumi Alessandra Benaduce – Compagnia Molière Teatro Quirino – Teatro Quirino dal 30 settembre al 12 ottobre 2025

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