Il patrimonio storico diventa scenografia viva: la danza incontra la memoria nella cornice unica dell’Appia Antica
Si è chiusa lo scorso 7 settembre, nella suggestiva cornice della Chiesa di San Nicola a Capo di Bove, una delle tappe più evocative del Dancescreen in the Land Festival, rassegna dedicata alla danza contemporanea che ha intrecciato movimento, storia e paesaggio nel cuore del Parco Archeologico dell’Appia Antica.

Il palcoscenico allestito all’interno dell’edificio sacro ha offerto una cornice di rara intensità: la chiesa gotica di San Nicola, unica testimonianza di architettura cistercense di Roma, consacrata nel 1303 come cappella palatina e oggi priva di copertura, si presenta come un luogo sospeso nel tempo. La sua facciata lineare, il portale incorniciato dal marmo, l’oculus centrale e il campanile a vela che ancora si erge in parte conservato, insieme ai contrafforti e alle monofore ogivali, hanno reso la struttura stessa parte integrante dello spettacolo, amplificandone i significati. L’abside semicircolare, austera e priva di aperture, ha fatto da quinta naturale, proiettando le interpreti in una dimensione che evocava l’antico e il sacro.
In questo scenario carico di storia, la compagnia ArtGarage, diretta da Emma Cianchi, ha presentato Il mare che ci unisce, un lavoro che attinge al patrimonio mitico del Mediterraneo e alla figura enigmatica della Sibilla Cumana. Coreografa e direttrice artistica, Cianchi ha guidato le quattro danzatrici in un percorso che intreccia leggenda e movimento, restituendo al pubblico la voce antica della sacerdotessa di Apollo.
La Sibilla Cumana, come tramanda la tradizione, era la custode di profezie oscure, una guida che nell’Eneide accompagna Enea nell’oltretomba. Apollo le concesse l’immortalità, ma non l’eterna giovinezza: condannata a un progressivo logorarsi, di lei rimase soltanto la voce, eco immortale raccolta nei Libri Sibillini, consultati nei momenti decisivi della storia di Roma. Questo mito, con il suo intreccio di fascino e malinconia, si è fatto carne e gesto attraverso la danza.
Le quattro interpreti hanno saputo incarnare questa dimensione sospesa tra forza e fragilità. Il corpo, segnato da tatuaggi che ne amplificavano la presenza scenica, ha parlato un linguaggio fatto di energia e fluidità. I movimenti, plastici e potenti, evocavano il moto perpetuo delle onde: lo sciabordio del mare, unico suono percepibile nella parte iniziale dello spettacolo, ha introdotto gli spettatori in un’atmosfera marina, quasi ipnotica. La musica successiva, in perfetta continuità con quell’incipit sonoro, ha sostenuto i passaggi drammaturgici con discrezione e intensità.
La coreografia ha alternato gesti che rimandavano alla leggerezza dell’acqua ad altri più duri e scattanti, talvolta vicini a figure proprie delle arti marziali. Anche i costumi, sobri e dinamici, richiamavano visivamente quell’universo, fondendo reminiscenze guerriere con richiami mitologici. Un unico elemento scenico – un ramo d’albero ricoperto di foglie secche – ha segnato la scena. In un secondo momento, le stesse danzatrici hanno disseminato nuove foglie sul palcoscenico, simbolo del tempo che scorre, dell’inevitabile decadenza, dell’invecchiamento della Sibilla che si consuma fino a restare pura voce.
Il pubblico, numeroso e partecipe, ha accolto con attenzione e silenzio la performance, lasciandosi trasportare in un viaggio che intrecciava suggestioni marine, miti antichi e riflessioni sulla fragilità umana. La forza dello spettacolo non risiedeva soltanto nella danza, ma anche nella capacità di dialogare con lo spazio circostante: l’abside spoglia e monumentale alle spalle delle interpreti conferiva un senso di solennità che amplificava il valore simbolico della rappresentazione.

Il mare che ci unisce è dunque risultato non solo un omaggio al Mediterraneo e alle sue leggende, ma anche un ponte tra passato e presente, tra memoria e gesto. La compagnia ArtGarage ha saputo trasformare un luogo storico in un palcoscenico vivo, offrendo al pubblico romano una serata di intensa poesia coreografica, dove mito e danza si sono fusi in un’unica, potente immagine.
Per seguire la programmazione della rassegna: DanceScreen in The Land
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Il mare che ci unisce – Dancescreen in the Land 2025, in copertina Compagnia ArtGarage , Roma, Chiesa di San Nicola a Capo di bove 07 settembre 2025
Foto di ©Grazia Menna