Presentato il 29 agosto in anteprima mondiale a Venezia 82, l’ultimo film fuori concorso di e co-prodotto da Luca Guadagnino parla di verità, responsabilità e convenienza.
Dove risiede la verità? E soprattutto dove è più comodo e vantaggioso che questa si collochi? Sembrano queste, a primo sguardo, le domande che l’ultimo film After the Hunt-Dopo la caccia di Luca Guadagnino pare porci.

Julia Roberts
Sulle note di un ticchettio ripetuto si dirama la trama dell’ultimo ed atteso film del regista siciliano. Nell’intellettuale mondo platinato di Yale, il circolino dei benestanti figli di potenti famiglie americane, si fa strada la vicenda di Maggie Price ( Ayo Edebiri ), studentessa modello che accusa il giovane professore Hank Gibson ( Andrew Garfield ) di averla molestata. Al centro della vicenda la stimata professoressa di filosofia Alma Olsson ( Julia Roberts ), mentore di Maggie e amica di Hank. Quando la donna viene presa come confidente da parte di Maggie si ritrova a dover prendere posizione, oltre a dover fare i conti con se stessa e con un passato dal quale non è ancora libera.
Impostato come un thriller psicologico il film parte fin da subito con una sceneggiatura, curata da Nora Garrett, interessante e ben articolata. Sullo sfondo di salotti borghesi infarciti di citazioni su Nietzsche e Schopenhauer, il peso delle diseguaglianze, dei privilegi sociali e degli squilibri di potere prende gradualmente il sopravvento.
Maggie si dimostra una apparente ma non reale studentessa modello, viziata ed abituata ad avere tutto dalla vita, è figlia di una ricca famiglia che dona importanti finanziamenti alla stessa università e viene accusata di plagio dallo stesso Hank. Hank che stando alle accuse di Maggie “ha oltrepassato il limite” è invece per molti versi ammirato, si è fatto da solo per arrivare all’ambita cattedra universitaria, è simpatico e piace a tutti, non di meno alla nostra professoressa con cui pare esserci un rapporto morboso, che va ben oltre la stima ed amicizia reciproca.
Contemporaneamente anche Alma nasconde un segreto: una denuncia fatta da minorenne poi ritirata nei confronti di un uomo più grande, una storia che cerca di tenere segreta ma la devasta costantemente. I tre personaggi compongono un triangolo fatto di probabili o non probabili menzogne e tutti e tre contribuiscono a creare dubbi sulla loro posizione.
Tutto questo pare portarci ad un unico, autentico e brutale quesito: chi non piace, chi è antipatico ha davvero il diritto di parlare? Lungo i 138 minuti del film diventa molto difficile sostenere Maggie, il suo è infatti un personaggio volutamente antipatico, che lungo lo scorrere del tempo crea ancora più distanza, non empatia. Nonostante alcuni elementi volutamente posti per farci comprendere ciò che può essere accaduto, il relativo dubbio sul fatto che lei menta resta come un’ombra silenziosa e ci viene da domandarci se l’effetto con una persona diversa sarebbe stato lo stesso.
Un dubbio echeggia non soltanto in Alma ma anche in noi. Iniziamo a cambiare prospettiva sulla giovane studentessa, a non renderla più vittima, a quasi renderla colpevole. Chi può difendersi? Chi può parlare? In una società dove l’approvazione da parte degli altri è tutto e pilastro essenziale, questo aspetto diventa rilevante anche nella decisione di chi è nel giusto e chi nello sbagliato, su chi sia legittimo coltivare dubbi e su chi certezze. La verità non è poi così importante, priorità e dove questa è più comoda per essere collocata con la relativa convenienza.
In un momento dove prove concrete mancano e perdere tutto è dietro l’angolo decidere da che parte stare diviene difficile ma mai così fondamentale. Ogni azione, ogni scelta, ogni parola detta in quel determinato momento si ripercuote su immagine e futuro e non ci si può permettere di sbagliare. In un cenno che ha quasi del politico Guadagnino ricorda con brutalità quanto le nostre scelte si ripercuotano sul nostro futuro definendo non solo chi siamo oggi ma anche chi saremo domani.
Di sfondo le argomentazioni Me Too e socio-razziali sono una costante, già presenti dalle prime battute del film, dove viene mosso il dubbio se oggi una donna abbia maggiori possibilità di affermazione e rispetto ad un uomo nella medesima posizione. Presente anche la differenza dettata dal gap intergenerazionale, qui evidente nel caso di Alma e Maggie: la prima, donna cresciuta in un mondo di uomini convinta delle ripercussioni future di certe situazioni, la seconda convinta che queste vadano subito esternate. Consenso e discriminazioni di genere prendono diversi punti di vista e riflettono una differenza generazionale forte ed ancora esistente.
Una differenza mostrata anche secondo altri punti di vista del film, “Non tutto ha lo scopo di metterti a tuo agio Maggie” dice ad un certo punto Alma alla studentessa, mostrando i lati di una nuova generazione, per certi versi sicuramente più forte e conscia dei proprio diritti, per altri dannatamente fragile. L’eterna differenza di due mondi vicini e lontani che si scontrano tra loro.
Julia Roberts è perfetta nel ruolo, fredda e rabbiosa quanto basta per dar luce ad una delle interpretazioni più interessanti della sua carriera; stesso discorso per Andrew Garfield che qui riesce finalmente a svincolarsi dal “fascino del bravo ragazzo” tipico dei suoi precedenti ruoli e a donare irriverenza e scomodità al personaggio di Hank. Anche Ayo Edebiri è in sintonia con il suo personaggio, con un viso ed un atteggiamento che enfatizzano la distanza che Maggie deve dare.
Infine Michael Stuhlbarg, qui interprete di Frederik Olsson, marito non considerato di Alma, unico personaggio tra l’altro ad aver effettivamente capito tutto e che qui interpreta un ruolo profondo e divertente. Un personaggio interessante ma poco realistico forse per la sua eccessiva bonarietà.
La musica dei premi Oscar Trent Reznor e Atticus Ros si presenta come ipnotica, tagliente e a tratti volutamente fastidiosa, quasi a voler enfatizzare il disturbo di quella situazione e il disagio che la protagonista sta vivendo.
Le stesse inquadrature, basate spesso su campi e controcampi dei personaggi sembrano voler indagare lo sguardo e il vero sentire dei personaggi, cosa che la scelta di inquadrare le mani e i loro movimenti mette perfettamente in luce. Solo le mani riescono a mostrare il vero, lo fanno con il loro tremore, la loro decisione o debolezza, sono loro la vera comunicazione.
In conclusione questo film non è esente da difetti, come ad esempio il finale di cui forse non si aveva così bisogno o la lunghezza eccessiva che rischia di far cadere le argomentazioni nel ridondante; ma resta comunque un film che sa esattamente cosa vuole dire e lo fa creando dubbio, confondendo lo stesso spettatore che per primo si ritrova a non saper più a chi credere. Lo fa ricreando esattamente la medesima sensazione di chi, tra le stanze di Yale, quella situazione si trova a viverla.

A distanza di un anno dal suo Queer (2024 ) , film dove esplorava solitudine e sentimenti dell’umano, Guadagnino indaga con sguardo brutale e spietato la nostra verità e di come questa spaventi profondamente, non tanto gli altri. Ma noi.
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After the Hunt-Dopo la caccia. Regia di Luca Guadagnino. Sceneggiatura di Nora Garrett. Con Julia Roberts, Ayo Edebiri, Andrew Garfield,Michael Stuhlbarg . Musica di Trent Reznor e Atticus Ros. Fotografia di Malik Hassan Sayeed; montaggio Marco Costa. Casa di produzione Imagine Entertainment, distribuzione italiana Eagle Pictures – Anteprima Mostra del Cinema di Venezia nei cinema italiani dal 16 ottobre 2025
Copertina e immagini: La Biennale di Venezia, Imagine Entertainment.