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Il grido profetico del millennio moderno in prima nazionale al Mythos

Rivelazione e conoscenza a teatro. La raccolta di miti su Cassandra declinata al “tempo presente”. L’intervista a Gaia Aprea

A Troina, territorio ennese, la Torre Capitania, affascinante e imponente galleria espositiva di epoca normanna, si muta in palcoscenico con La guerra svelata di Cassandra, Aletheia, opera registica di Alessio Pizzech, dal repertorio “Assoli” e creazione teatrale di Salvatore Ventura, valente drammaturgo di nascita panormita. Il cosmo è quello ellenico, calato nella polis del presente. Ad essere interpellati sono i poteri divinatori e le virtù profetiche. E la lungimirante in questione è una tale Cassandra, figura femminile mitologica, portatrice di verità negate dall’offuscamento collettivo, oggi come allora. Oggi il rimaneggiamento del mito di allora. Il mito che diventa  il microscopio per comprendere la nostra era, per comprendere che nell’odierna società dell’indifferenza e dell’imperturbabilità, ci sono menzogne che ci portiamo incollate addosso. Cassandra è affidata alla tempra artistica e alle doti icastiche di Gaia Aprea (classe 1972), brillante ed eclettica personalità teatrale che ancora una volta si cimenta in un soliloquio, dove dietro la magnificenza della parola mitologica si (s)vela la possibilità per tutti noi di ridestarsi. Lasciamo intervenire l’attrice che con un cuore dischiuso si racconta, restituendoci anche le immagini esortative e dottrinali, fattuali, primordiali e liriche della profetessa di cui prende le redini in una drammaturgia di speranze e vagheggiamenti, agognando un mondo migliore.

Quali maestri, testi o visioni porti sempre con te quando interpreti figure tragiche come Cassandra, e in che modo questi riferimenti influenzano il tuo dialogo creativo con registi e drammaturghi?

Partiamo dal fatto che io ho una preparazione liceale classica e in seguito accademica. Subito dopo aver terminato gli studi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica di Roma, feci il mio primo debutto con due testi tragici, entrambi sofoclei, Edipo re ed Edipo a colono, per la regia di Glauco Mauri (1930-2024). La mia appartenenza artistica è sempre stata, in generale, molto legata alla tragedia greca. Per raccontare un piccolo aneddoto, persino il tema dell’esame di maturità fu sulla tragedia, così come anche quello di ammissione in Accademia. Quindi, sembrava come se il mio percorso fosse già in un certo senso segnato. Però, aldilà di questo, l’imprinting fondamentale l’ho avuto quando a 23 anni, fui presa da Theodoros Terzopoulos (classe 1945) per fare l’Antigone (ancora una volta di Sofocle) e giovanissima mi ritrovai con un grande maestro ad affrontare un’opera tragica di questo calibro. Terzopoulos mi diede una visione completamente nuova, o perlomeno a me sconosciuta dell’approccio con il mito. Dioniso è tornato è il suo testo più recente. E all’interno della tragedia, il fondamento del mito non è altro che questo elemento dionisiaco, elemento irrazionale e di coinvolgimento umano aldilà degli schemi. Il mito racconta in forma codificata ciò che riguarda l’inconscio, o la parte più oscura e più profonda dell’essere umano. Il mito come formazione ancestrale. Ed è stata questa la mia stella polare nell’affrontare da allora in poi la tragedia, con la quale mi sono confrontata tante volte e mantenendo sempre questo approccio, cioè cercando all’interno del mito la connessione ancestrale e profonda con la storia dell’umanità. Così ad esempio ho fatto anche nell’Orestea e nel Prometeo di Eschilo (525 a.C – 456 a. C) e in Fedra, Andromaca e Le Baccanti di Euripide (485 a.C – 406 a.C). Arrivando alla nostra Cassandra, volevamo mettere in scena un testo che avesse a che fare con l’antichità ma anche con un’esigenza odierna di comunicazione, di messaggio. Parlando con il regista abbiamo poi trovato, grazie anche alle indicazioni di Luigi Tabita, un testo che parlava di questo personaggio profetico, che io, incuriosita, ho voluto leggere. Da qui è nato un progetto che è stato l’unione sinergica di varie persone e varie umanità, grazie anche al determinante contributo creativo di Nutrimenti Terrestri.

Al tempo d’oggi, stando agli scenari bellici attuali, come hai vissuto il confronto con una figura profetica come quella di Cassandra? Come ne hai gestito la profondità e la complessità?

Io avevo già interpretato Cassandra nell’Orestea eschilea e quindi mi sono chiesta: Perché un’altra volta? Che cosa può dire oggi una ragazza che non viene creduta e che conosce la verità? A cosa fa riferimento profondamente dentro di noi? Ci siamo posti questi interrogativi e alla fine abbiamo scoperto o comunque capito che, probabilmente, l’esigenza dei greci di creare un mito del genere su Cassandra corrispondeva a dare corpo a quella voce che c’è dentro ognuno di noi prima che qualcosa di drammatico avvenga. Prima di scatenare una guerra, c’è una voce in chi lo sta per fare che dice: “tu andrai incontro alla distruzione, quello che farai provocherà milioni di morti”. Prima di qualunque azione cattiva e sanguinaria noi stiamo per compiere (anche prima di commettere un omicidio) c’è un momento in cui tutto si potrebbe fermare, un momento in cui potremmo ascoltare quella voce. Quella voce è di Cassandra. Il mito dei greci ha dato corpo, come sempre, ad una pulsione, una tensione, una paura, una verità rimossa che c’è dentro ognuno di noi. Ed è questa la verità, Aletheia, la guerra svelata di Cassandra. Perché la guerra racchiude sempre in sé una grande menzogna, la giustizia: si fa la guerra in nome della giustizia. Alla base di ogni conflitto, aldilà di qualsiasi tipo di motivazione o di ideologia, c’è quella verità nascosta, quella grande menzogna celata e cioè che si porteranno alla morte centinaia, milioni di persone e non c’è niente che possa giustificarlo. In questo senso il mio, il nostro è lo spettacolo più politico che io abbia mai fatto nella mia vita, e non nel senso di una connotazione politica (destra, sinistra, America, Russia, Trump, Putin ecc). Ma è un grido contro qualunque tipo di guerra, da sempre. Rifacendoci al mito di Cassandra, come apprendiamo in Elena, tragedia di Euripide, tutto si fonda sulla guerra di Troia, che è archetipica di tutte le guerre dell’Occidente, dalla quale tutti quanti noi traiamo poi fondamento per la nostra conoscenza. Ma quella stessa guerra era altrettanto basata su una bugia, cioè sul fatto che i Troiani avevano rubato Elena e quindi i Greci dovevano andare a vendicare l’onore, l’orgoglio ferito maschile. Ma noi sappiamo da Euripide, che svela tutti i miti nascosti all’interno della tragedia, che Elena si trovava in Egitto e a Troia non c’è mai stata. Quindi, anche la guerra di Troia si fonda su una bugia, così come tutte le altre guerre. Cassandra, dunque, è l’ultima vittima dei Troiani, di un popolo che è stato spazzato via in nome di una guerra bugiarda. Cassandra si incolpa di non aver fatto abbastanza, si incolpa del fatto che avrebbe potuto evitare quella guerra se solo avesse fatto in modo di essere creduta. Ma nessuno viene creduto nel momento in cui dice la verità. Nessuno di noi possiede in questo momento la forza, la volontà e il coraggio di interrompere le guerre che stanno affliggendo il mondo. Perché? E in questo ci metto anche me stessa. Perché, in fin dei conti, purtroppo ognuno di noi bada a difendere i propri privilegi. Io faccio questo spettacolo proprio per gridare il mio dissenso, per gridare la mia posizione con la mia forma di resistenza che è il teatro. Però se fossi realmente indignata, e se tutta l’umanità fosse realmente indignata così come dovremmo essere, dovremmo abbandonare i nostri comodi divani e le nostre macchine, abbandonare tutto e farci crociata di pace, scagliando i nostri corpi occidentali (italiani, francesi o tedeschi) contro le bombe. Che cosa farebbero in Palestina se andassimo a gridare “Basta” e ostacolassimo il lancio delle bombe? Probabilmente, riusciremmo ad evitarle. Potremmo farlo, ma non lo facciamo. Continuiamo a starcene “nei nostri letti caldi di madre”, così come dice Cassandra ad un certo punto. Come è evidenziato nel testo, anche io provo un certo pudore, una certa vergogna nei confronti di quello che sta succedendo nel mondo e mi sento di non fare abbastanza. Non stiamo facendo tutto quello che potremmo fare. E non basta scrivere i post “non in nome mio”, “io non sono d’accordo” e nel frattempo abbiamo i nostri frigoriferi pieni di acqua e di cibo, mentre da quella parte li stanno ammazzando e muoiono di fame. Andiamoci noi a morire di fame. Io, noi non lo faremmo mai, non ne abbiamo il coraggio. Però, bisogna ammetterlo, bisogna che ci raccontiamo questa verità.

Tu presti corpo e voce all’interno di una drammaturgia di indiscutibile rilievo tematico. C’è qualche altro tema in particolare che, da attrice solista, ti piacerebbe in futuro sondare?

Come attrice solista, in questo momento, mi sento appagata. Perché ho un bel parquer di progetti attivi anche per il futuro. C’è già anche un altro spettacolo che dovrò mettere in scena quest’inverno, sempre da solista. Quindi come tematica no. L’unica cosa che mi andrebbe un domani di riprendere è la mia connessione con l’aspetto canoro della mia professione. C’è stato un periodo in cui ho cantato molto e adesso l’ho un po’ abbandonato. Probabilmente se dovessi mettere in scena un altro testo da sola, vorrei che ci fosse un coinvolgimento musicale. Vorrei fare qualcosa che avesse a che fare con la musica. Però, mi piace anche la condivisione. Sono felicissima di essere sola in scena per Cassandra e di farne altri da sola ma io in palcoscenico amo anche la condivisione con i colleghi, mi piace molto lo scambio della famiglia teatrale.

Nel tuo rapporto col teatro sono innumerevoli le esperienze significative di cui conservi il ricordo. Tra tutti i ruoli interpretati fin qui, possiamo considerare l’incarnazione di Cassandra come la tua sfida più grande? In altri termini, cosa ti ha lasciato questo ruolo rispetto ad altre donne portate in scena?

Si, devo dire che ho interpretato tante donne che sono rimaste nel mio cuore. Quello che, invece, posso dire su Cassandra, alla vigilia di un debutto, è che per me è stata, appunto, una sfida da attrice, nel senso che, per come l’abbiamo intesa noi e per come io ho intenzione di portarla in scena lei, paradossalmente, non ammette finzione. Proprio per la delicatezza dei temi trattati, per la delicatezza del momento storico che stiamo attraversando e per la connotazione appunto di donna non creduta ma che dice una verità che è all’interno di ciascuno di noi, io in questo caso preferisco non usare quelle che vengono definite le arti o i trucchi del mestiere. Come Cassandra vorrei spogliarmi, ed è quello che sto cercando, il più possibile, di fare, da tutti gli orpelli anche tecnici e sensazionalistici del fare l’attrice. Abbandonare la tecnica e anche quello che sappiamo fare effetto sul pubblico, per arrivare ad una dimensione molto scarna dell’interpretazione, perché questa tematica non permette di gigioneggiare e di essere gigioneggianti. Sarebbe irrispettoso nei confronti del tema trattato e quindi del personaggio. Il lavoro dell’attore va fatto seriamente e noi abbiamo un compito politico che è quello di parlare alla gente con onestà e con amore. Diversamente, che lo facciamo a fare? Se io devo truccarmi e indossare una parrucca per salire sul palcoscenico, invece di fare l’attrice aspetto che viene Carnevale. Qual è altrimenti il limite tra una persona che si maschera ed io che faccio l’attrice?

Per concludere, in un orizzonte come quello attuale, martoriato in ogni parte dalla violenza, e in cui più che mai abbiamo bisogno di credere al cambiamento, quale potrebbe essere il destino per così dire simbolico di Cassandra? Un’immagine di speranza e potere o all’opposto di disillusione e impotenza?

C’è un aspetto che, infatti, va sottolineato all’interno di questo nostro testo ed è proprio l’aspetto della speranza. C’è una figura che aleggia nel corso di tutto lo spettacolo, di cui si vedono solo delle immagini proiettate e un po’ astratte, che è la figura di Enea, in realtà l’amore segreto di Cassandra. Perché Cassandra, colei che conosce il futuro e non può essere creduta, si innamora di lui? Perché è l’unico Troiano che sopravvivrà e che porterà avanti la stirpe e anzi creerà nuova vita, fondando Roma. Quindi c’è profondamente nello sguardo di Cassandra la possibilità di rinascita, la possibilità di ricreare un mondo, attraverso Enea. Un mondo probabilmente altrove, con l’auspicio che sia un altrove fondato su altri valori, che abbia al suo interno una matrice di vita e non di morte. Nello sguardo di Cassandra, lei stessa dice, così come nello sguardo di ogni donna, c’è un qualcosa in più che genera speranza e vita. Gli occhi di noi donne germogliano. E germogliano per creare vita che dona speranza. Non è un grido disperato, ma un grido di forza e di vita, al quale aggrapparci e al quale tendere, continuando sempre a credere che esista la possibilità di un mondo migliore.

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La guerra svelata di Cassandra, Aletheia – Testo di Salvatore Ventura, con: Gaia Aprea – regia di Alessio Pizzech – musiche di Dario Arcidiacono – contributi video di Andrea Montagnani – la voce di Enea è di Tommaso Garrè – il corpo di Enea è di Giovanni Boni – assistente alla regia Adriana Mangano – fonico Claudio La Rosa – Produzione Nutrimenti Terrestri e Giardino Chiuso/Orizzonti Verticali in collaborazione con Mythos Troina Festival – Martedì 29 e 30 luglio 2025

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