Al Teatro Romano di Ostia Antica il dolore delle donne con Ifigenia di Eva Romero, testimoniando il presente e combattendo la violenza di genere attraverso la solennità del mito classico
Ifigenia in Aulide, Ecuba e Agamennone. Tre tragedie, una sola messa in scena per testimoniarne l’attualità e la necessità. Ifigenia segna la collaborazione tra il Teatro di Roma e il Festival Internazionale di Teatro Clásico de Mérida, l’antico e rinomato festival spagnolo di teatro classico. Con quest’opera termina il Teatro Ostia Antica Festival – Il senso del passato, che ci ha regalato momenti magici tra classicità e contemporaneità, con adattamenti potenti ed evocativi come il surreale Edipo Re di Luca de Fusco o il balletto Antigone di Alan Lucien Øyen.
La regia di Eva Romero capta la modernità del mito e la restituisce in chiave audace ma solenne, rispettando il rigore classico, ma imprimendo delle venature da opera rock. Una scenografia essenziale ma evocativa quella di Elisa Sanz, che ricrea con il rigore dei suoi tre massi l’area imponente e maestosa di un sacrificio rituale che dura nei secoli, quello delle donne, ma anche delle vittime delle guerre degli uomini, che per gloria e avidità sacrificano ciò che di bello c’è nel mondo.
La riscrittura di Silvia Zarco unifica le tre tragedie reinventandole e rivitalizzandole, plasmando una connessione profonda tra Ifigenia e Polissena, la cui storia si ripete e riverbera nel tempo e nello spazio. Un sogno di pace e bellezza quello di questo testo, dove alla fine il silenzio e il dolore imposto si disciolgono e la voce taciuta e repressa delle donne riesce a oltrepassare le tenebre e la distesa di sangue che macchia la Terra e ad arrivare fino a noi. Il presente viene così riletto con la lente del passato, che si fa custode della saggezza della Terra, con cui le donne sembrano avere un legame ancestrale e diretto, sacerdotesse involontarie della purezza e bellezza della Vita. Non a caso Ifigenia nel mito classico viene salvata in extremis proprio da colei che ne aveva richiesto il sacrificio, Artemide, dea che simboleggia questa connessione tra la natura e il femminile.
Sul palco emozioni e voci diverse: l’incertezza e l’afflizione di un rammaricato Agamennone (Juanjo Artero); la purezza, delicatezza eterea e inaspettata risolutezza di Ifigenia (Laura Moreira) una fanciulla che sognava di vivere, sposarsi ed essere felice e che invece ingannata dall’uomo che più amava, il padre, si ritrova a scoprirsi animale sacrificale; il dolore di due madri, Ecuba (María Garralón) e Clitemnestra (Beli Cienfuegos), che invano supplicano gli uomini di risparmiare le loro amate figlie, una supplica piena di dolore ma anche di decoro, senza orpelli o virtuosismi stilistici, diretta e incisiva come una lama; la scelta amletica di Achille (Néstor Rubio), che titubante oscilla tra le leggi degli uomini e le leggi del cuore e della compassione per poi prendere una decisione eroica ma vana; il coraggio e la dignità di Polissena (Nuria Cuadrado) nell’affrontare una morte ingiusta che ha un solo motivo di essere accolta, quello di liberarla dalla schiavitù; il turbamento dell’anziano amico e servitore di Agamennone e la viscida efferatezza di Polimestore (entrambi interpretati da Rubén Lanchazo); la sprezzante superbia e fermezza di Ulisse (Alberto Barahona).
Ben curate ed efficaci le coreografie dei duelli e in generale è posta molta attenzione ai movimenti e alla gestualità degli attori, in particolare nei momenti più lirici o in quelli più sanguinolenti. D’impatto a tal proposito la fisicità atletica ed espressiva di Achille, ma anche il linguaggio corporeo evocativo del corifeo (Maite Vallecillo).
Messa sotto giudizio l’arroganza di una civiltà che si dice superiore e poi sacrifica gli indifesi. Un monito giunge dalla legge materna e femminile della Terra: non vi è giustizia laddove si uccidono bambini. Tante le riflessioni e le connessioni che si instaurano tra la classicità e il nostro tempo, così Elisa Sanz e Igone Teso hanno dato vita a costumi d’epoca spezzati dalla presenza di un elemento discordante e moderno: l’abito elegante di Polimestore, che rappresenta le società patriarcali di ogni periodo storico e quei valori di violenza e sopraffazione imposti a danno di coloro apparentemente più fragili ma vicini al divino.
Oltre il silenzio, oltre il dolore. Ifigenia di Silvia Zarco si conclude con un raggio di luce nelle tenebre più anguste: la voce delle donne abusate o sacrificate viene ascoltata e accolta dal mondo odierno così che esse possano ritrovare la pace e salvare le donne di oggi.
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Ifigenia tragedia di Euripide – adattamento di Silvia Zarco – regia di Eva Romero – con: Juanjo Artero(Agamennone), Laura Moreira (Ifigenia), María Garralón (Ecuba), Beli Cienfuegos (Clitemnestra), Néstor Rubio (Achille), Nuria Cuadrado (Polissena), Rubén Lanchazo (Agammenone e Polimestore), Alberto Barahona (Ulisse), Maite Vallecillo (Corifeo, Schiavo di Troia) – scene Elisa Sanz – costumi Elisa Sanz e Igone Teso – composizione musicale Isabel Romero – disegno luci Rubén Camacho – foto Jorge Armestar – produzione Festival di Merida e Maribel Mesón produzione edistribuzione teatrale – Teatro Romano di Ostia Antica 25 e 26 luglio 2025