Compie trent’anni il sogno romantico di Bernardo Bertolucci, un’eterea promessa che non sboccia mai. Presentato con il cast nella suggestiva cornice di Piazza del Campo.
L’aria pare rarefarsi, il tempo cullare dolcemente. Gli umori si fanno leggiadri, impalpabili, i colori saturi da traboccare nella fotografia di Darius Khondij. L’atmosfera eterea, romantica delle colline toscane emulano continuamente i dorsi nudi, curvi dei nostri protagonisti. La piscina, la casa colonica popolata di presenze reali ed artefatte, immobili. In un film brulicante di personaggi, il desiderio sessuale degli stessi diviene snodo centrale del lungometraggio mentre é posto in una continua antitesi dialogante. Tutti – nell’ambito del girato – s’abbandonano lascivi all’estasi sessuale, al desiderio. Tutti tranne Lucy ( Liv Tyler ).

Liv Tyler
Fulcro della narrazione filmica, Lucy incarna una bellezza auratica ed irresistibile. Illibata, giovanissima, la sua sessualità sarà pilastro dell’intero corpo filmico. Lucy desidera ma non si concede. Attesa, desiderata, sessualizzata, la sua é una castità esasperata soprattutto dai dialoghi. In un non-luogo dai caratteri orgiastici, tutto avviene e, sul finale, anche la deflorazione di Lucy che, finalmente, accederà alla piena maturità dell’esperienza femminile.
Il sesso – nella filmografia di Bernardo Bertolucci – é un tema ricorrente che ha sovente una funzionalità che si erge ben oltre la mera espletazione di un carattere erotico. Esso é motivo simbolico, un mezzo per esplorare con profondità temi insiti nell’animo dei suoi protagonisti. Se in The Dreamers (2003) il sesso aveva funziona identitaria e in Ultimo Tango a Parigi (1972) si manifesta come desiderio di vincere la morte, in Io Ballo Da Sola (1996) il sesso assurge nuovamente una valenza identitaria attraverso cui Lucy potrà affermarsi come pienamente “matura” ma ha anche la funzione di completare il quadro identitario della ragazza e definirne le origini.
Collocato in una dialettica perpetua tra giovinezza e maturità, il corpo di Lucy ( sempre esasperato nella sua resa sensuale fin dalle primissime inquadrature all’arrivo in stazione ), come dicevamo, é tanto desiderante quanto desiderato. Quest’aspetto di osservazione voyeristica da parte della macchina da presa e dagli altri personaggi, é talmente invadente ed eccessivo da risultare sgradevole. Certo, i film di Bernardo Bertolucci non sono estranei ad artifici simili ma c’è in Io Ballo da Sola un tripudio, un eccesso che sembra rompere gli argini.
Gli sguardi maschili sul corpo di Liv Tyler li avvertiamo come viscidi ed inquietanti, il male gaze la divora al punto di renderla non più un personaggio attivo piuttosto un mero strumento narrativo. Complici di ciò anche i dialoghi. Se infatti la cornice estetica del film é sontuosa e romantica, gli scambi dilogici tra i protagonisti sono vuoti ed artefatti. Non si avverte mai la sensazione di star assistendo ad una conversazione reale – o quantomeno plausibile – ma si ha sempre l’impressione che vi sia quasi la necessità di colmare un vuoto laddove la musica non può essere introdotta. Dialoghi, quindi, che non aggiungono alcunché e ci lasciano ignari della psiche dei personaggi.
Liv Tyler nel ruolo di Lucy è evanescente. La sua Lucy prima ancora d’essere una donna è un’idea. Una sorta di divinità afrodisiaca che si muove, quasi fluttua, nello spazio per farsi ammirare, amare, per innescare in chi la osserva un desiderio (molto spesso – se non unicamente) erotico e di fuga. La sua giovinezza fresca, desiderabile, sono tutto ciò di cui il suo personaggio si nutre. Priva di qualunque introspezione, la caratterizzazione del suo personaggio ruota unicamente attorno alla ricerca del sé attraverso lo sguardo altrui. Questo è quanto c’è di conturbante in Lucy: eroticamente desiderante, il suo personaggio non esprime altro desiderio. Il suo è un procedere per inerzia, un definirsi attraverso le parole e gli sguardi languidi altrui. Le poesie da lei realizzate – che molto dovrebbero dirci su di lei – sono tazze vuote (per utilizzare i versi della giovane).
Gli altri personaggi figuranti in Io Ballo da Sola – come dicevamo sopra – non hanno ruolo alcuno se non quello di espletare la funzioni di specchi riflettenti per Lucy ed agevolarne la crescita emotiva. Alex (Jeremy Irons) ha lo a finalità di esortarla a desiderare e quindi divenire “donna”, Osvaldo (Ignazio Oliva) sarà colui che renderà possibile questo delicato passaggio all’età adulta mentre Ian (Donald McCan) ne definirà il ricongiungimento con le origini. Insomma, le figure maschili definiscono il percorso di Lucy la quale da essi si lascia plasmare (non solo metaforicamente, si pensi alla sequenza della realizzazione del ritratto) senza mai essere agente attivo della propria storia.
Tuttavia, Io Ballo Da Sola si avvale di una colonna sonora strepitosa che riesce a comunicare molto più di quanto non possano i suoi personaggi. Un commento musicale palpabile e vibrante che immediatamente ci colloca nel tempo della storia reale ed artefatta del racconto. Dalle composizione oniriche dei Cocteau Twins con Alice a Nina Simone e la sua My Baby Just Cares For Me passando per Rhymes of an Hour dei Mazzy Star in una delle sequenze nevralgiche del film. Certo, la musica ha sempre avuto un ruolo di primaria rilevanza per Bertolucci che ha saputo utilizzarla sempre con arguzia e capacità ma qui il lavoro operato sulla scelta dei brani musicali è particolarmente suggestivo tanto da rinvigorire un lungometraggio altrimenti piuttosto dimenticabile.
Non solo le musiche ma anche alcune sequenze del film si denotano per particolare bellezza e rigore nella realizzazione. Affermando ciò ci si riferisce con certa enfasi alla deliziosa sequenza all’interno della villa di Niccolò, durante la festa, dove un’atmosfera onirica e quasi felliniana inebria gli ambienti e lo spazio. Ancora, la scena nell’uliveta dove a concorrere con la bellezza delle immagini vi é anche una colonna sonora febbrile che alimenta il vertiginoso senso d’inquietudine generato dalla sequenza a cui stiamo assistendo.

Da sx: Stefania Sandrelli, Liv Tyler, Sinéad Cusak e Rachel Weisz
Concludendo, Io Ballo da Sola si configura come un film transitorio nella produzione di Bernardo Bertolucci che con il suddetto sancisce il proprio ritorno ad un cinema più intimo e personale. Un film che vanta momenti di sconfinata bellezza ma che, purtroppo, spesso naufraga nella sua stessa ricercatezza vuota. La discontinuità nel trattare la materia rende a tratti frustrante la visione. S’intuisce l’urgenza, la volontà di instaurare un dialogo tra vita e morte, amore e desiderio ma tutto rimane in suprficie, a pelo d’acqua, come la bellissima Liv Tyler in una delle prime sequenze del lungometraggio. Maliziosamente definiremmo questo film il gemello eterosessuale ma meno riuscito di Chiamami Col Tuo Nome (2017).
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Io ballo da sola Regia: Bernardo Bertolucci. Sceneggiatura: Bernardo Bertolucci e Susan Minot, da un soggetto di Bernardo Bertolucci – Cast: Liv Tyler (Lucy), Jeremy Irons (Alex Parrish), Sinéad Cusak (Diana Grayson), Donal McCann (Ian Grayson), Carlo Cecchi (Carlo Lisca), Stefania Sandrelli (Noemi), Jean Marais (Monsieur Guillaume), Rachel Weisz (Miranda), D.W. Moffett (Richard), Joseph Fiennes (Christopher), Roberto Zibetti (N – iccolò Donati), Ignazio Oliva (Osvaldo Donati)Fotografia: Darius Khondji – Scenografia: Gianni Silvestri, con Domenico Sica – Costumi: Louise Stjernsward, con Giorgio Armani – Montaggio: Pietro Scalia, con Beni Atria – Data di uscita: 29 marzo 1996