Il Mulo e l’Alpino è una storia di diserzione. Ma che senso ha essere fedeli a una causa insensata?
Quando a Giuseppe Beghin da Bassano Del Grappa dissero che doveva andare al fronte a combattere, lui non ci capì molto. Era un uomo di montagna, fatto per condurre le bestie da una malga all’altra. Di colpo si è ritrovato su montagne a lui sconosciute, a fare tutto sommato la stessa cosa: portare i muli, ma indossando una divisa. Dicevano che quella era un’impresa eroica, da rendere orgogliosa la Nazione. E lui ci capiva ancora meno.

Aleksandros Memetaj
Rappresentato a Roma in occasione di India città aperta il 18 luglio scorso, Il Mulo e l’Alpino è il nuovo spettacolo dell’attore Aleksandros Memetaj, perfetto esempio di quell’integrazione italo-albanese che è stata una naturale conseguenza delle migrazioni degli anni ’90. Un incontro tra due culture che si sono fuse insieme con facilità, forse perchè entrambe accomunate da un passato di sofferenza simile, dall’insensatezza di una guerra sanguinosa e da un potere che tutela solo sè stesso e mai il popolo che rappresenta. Il Mulo e l’Alpino non si limita a raccontare la storia personale di Giuseppe Beghin e del suo mulo Grappa; si fa portavoce di un capitolo significativo della storia italiana e albanese durante la Seconda Guerra Mondiale. Attraverso la narrazione di esperienze di paura, diserzione e ricerca di identità, lo spettacolo offre uno spaccato autentico delle vite di coloro che, come Bepi, si trovano intrappolati tra il dovere e il desiderio di libertà.
In questa tragicommedia che è al tempo stesso un one-man show, Memetaj dà prova di essere un attore versatile e preciso, interpretando un numero impressionante di personaggi di età e provenienze diverse, coi rispettivi -e impeccabili- accenti. Uno degli aspetti messi in luce dal racconto è infatti la presenza al fronte di soldati provenienti da tutte le regioni d’Italia: ben lungi dall’essere un popolo omogeneo, negli anni Quaranta come nel 1915, gli italiani si conoscevano ancora poco, e poco avevano fatto le trincee del primo conflitto mondiale per cementare la coesione e l’integrazione nazionale. Pure meno potè il regime fascista. Nelle lunghe giornate di marcia, avanti e indietro sempre negli stessi luoghi, Bepi, il siciliano Primo, il fanatico mussoliniano Brioschi, il capitano sardo e tutti gli altri del reggimento Alpini hanno la sensazione sempre più nitida di girare in tondo, senza di fatto sferrare dei veri attacchi, cominciando a cadere sotto i colpi dell’artiglieria nemica e a patire i rigori invernali. Intanto, le notizie che arrivano per radio parlano di fantomatiche vittorie e ardite resistenze. La propaganda di regime distorce i fatti o li inventa direttamente, in una celebrazione barzellettesca di un Paese che non c’è, e forse non c’è mai stato. Tutto ciò spingerà il protagonista a fuggire da quel tritacarne insensato, per provare a ricominciare in una terra non sua, ma almeno lontano dagli spari.
Una donna del posto, Doruntina, sarà la compagna di Giuseppe nella sua nuova vita, o meglio in quella che sarebbe potuta essere. Come spiega l’autore, “Il disertore, la puttana e il mulo costruiscono la loro alcova di amore infelice. Bepi e Doruntina si amano dell’amore che credono di meritarsi e si godono quel poco di bello che il destino ha loro donato, mentre Grapa raglia su pascoli che non gli appartengono. Finché alla porta non bussa il pugno pesante della storia e Bepi viene reclamato dalla gloriosa rivoluzione proletaria.” Alla fine Beghin, additato come fascista dai nuovi sudditi di un nuovo regime -quello di Enver Hoxha– avrà la conferma di ciò che aveva sempre sospettato: chi comanda, chi sta dietro le fila, pensa solo ai suoi interessi. E non si sporca mai le mani. Chi sta davanti, invece, è solo carne da macello, o da cannone, mentre quelli dietro si stringono pure la mano.

Aleksandros Memetaj
Anche un altro autore aveva narrato, ben 72 anni fa, le imprese che coinvolsero gli stessi reparti alpini e in particolare i battaglioni Edolo e Morbegno, i quali, dopo la fallimentare spedizione in Albania, furono inviati a prender parte ad un’altra campagna folle, questa volta in Russia. Era Mario Rigoni Stern e ne Il Mulo e l’Alpino è inevitabile scorgere rimandi a Il sergente nella neve, specie alla sua versione teatrale, quella del 2007 di Marco Paolini. Ma è solo un merito per Memetaj, uno dei protagonisti del nuovo teatro italiano che ha ripreso una narrazione ispirata ad un grande autore del passato, per svelare un capitolo inedito e condiviso della storia di due popoli che hanno sofferto. I suoi popoli.
_____________________
Il Mulo e l’Alpino di Aleksandros Memetaj e Yoris Petrillo – Testo Xhuliano Dule e Aleksandros Memetaj – con Aleksandros Memetaj – scene: Federico Biancalani – produzione Anonima Teatri / Twain Centro Produzione Danza – con il sostegno del Mic – Ministero della Cultura e Regione Lazio in residenza presso Spazio Fani e Supercinema – Tuscania – debutto primo studio – Festival Dramma Popolare 2025 – San Miniato – Teatro India 18 luglio 2025