Al Mythos Troina Festiva, il 18 luglio 2025 il debutto in un’unica data con il Miles Gloriosus, dopo dieci anni, nei panni del vanaglorioso Pirgopolinice.
Sembra un compito ardito portare in scena un testo che ha alle spalle lunghissime generazioni passate tramandandosi dall’antichità fino a oggi. Eppure, Plauto è una commedia vincente: le maschere che riporta nei suoi testi sono effettivamente senza tempo, muovendosi nelle insenature di un’umanità vittima e carnefice dei suoi stessi giochi meschini. Il racconto del Miles Gloriosus, dunque, conserva tutt’ora una forte componente di satira sociale, al netto perlomeno di una rappresentazione che non guardi tanto a restituirne la gloria, per un ironico gioco messo già in discussione tra quelle pagine, quanto piuttosto a interrogare il presente.
Ettore Bassi, il 18 luglio al Mythos Troina Festival con la Compagnia del Sole, ritorna dopo dieci anni ad approcciarsi al Miles Gloriosus ma questa volta non nei pani del servo bensì in quelli del potente Pirgopolinice, un altro personaggio-maschera di focale importanza nel gioco plautino della commedia di apparenze e smascheramenti. Avendo interpretato le due forze completamente all’opposto, ha potuto acquisire una prospettiva ampia sulla narrazione della quale restituisce un profondo parere nell’intervista qui di seguito.
Secondo lei quale funzione assume portare in scena una commedia come il Miles Gloriosus di Plauto al giorno d’oggi da tempi così antichi? Anche in funzione di quel metateatro tipico delle commedie di Plauto, per cui solitamente un servo mette a nudo il gioco teatrale, secondo lei che significato ha per il teatro di oggi che più che mai ha bisogno di essere guardato e di guardarsi con distacco per essere discusso?
Il gioco metateatrale del servo nelle commedie di Plauto funziona perché coinvolge il pubblico. In questo modo, restituisce una dimensione ludica ma anche proprio di ispirazione comune, di un teatro come partecipazione collettiva. Inoltre, Plauto è un autore che racconta fino in fondo la nostra società. Parla di figure umane che risultano universali ed eterne, ovvero di un tipo di umanità vittima della propria fragilità, della vana gloria e della debolezza rispetto alla situazione. Sono tutte tematiche tragicamente contemporanee e non soltanto limitate a quei tempi antichi, nonché argomenti di cui, purtroppo, abbiamo sotto agli occhi continui esempi al giorno d’oggi. Quindi, interpretare un personaggio che porta queste narrazioni senza tempo è un lavoro di grande introspezione.
Pirgopolince è un personaggio doppio. Ovvero, carnefice e vittima del suo stesso vizio, che nella realtà risulta odiosamente diverso rispetto a come si percepisce da sé. Cosa ci racconta?
Pirgopolinice si riveste di potere per esibire la sua vanagloria. Infatti, si circonda di altrettanti personaggi che possano alimentare il suo ego, ma che in realtà fingono di sostenerlo e accompagnarlo, sono soltanto veri adulatori che seguono i propri interessi. In questo senso, il sottotitolo dello spettacolo parla chiaro: Gli adulatori sono simili agli amici come i lupi ai cani. E davanti a una situazione di sconvolgenti apparenze come questa, Pirgopolinice racconta della debolezza dell’uomo davanti a questa. Così come gli altri personaggi raccontano di tutta quella pletora di persone meschine che vivono alle spalle raccogliendo briciole. È un gioco di rapporti di dipendenza gli uni dagli altri.
Che tipo di lavoro ha svolto su Pirgopolinice? Su quali aspetti di quest’ultimo e della commedia si è soffermato?
Il lavoro è stato ascoltare le indicazioni della regista, la quale ha voluto portare l’attenzione sugli aspetti grotteschi. In questo caso, c’è stato un lavoro molto fisico che si è tradotto, poi, anche nell’utilizzo delle maschere. Infatti, io vesto un elmo con delle piume che va a richiamare la cresta di un gallo, un elemento che richiama la mascherata di un personaggio di grande pavoneggiarsi. La questione focale ha riguardato il mettere in evidenza quanto più possibile che nello spettacolo non ci sono né vincitori né vinti, sono tutte figure negative che perdono. Alla fine, è vero che Pirgopolinice viene cacciato, ma si racconta anche della violenza di chi lo assale e, ancora, della meschinità della situazione e dell’essere umano. Pertanto, il lavoro si è svolto sulla base dell’eccesso di vanità, su un bisogno di adulazione che viene smascherato e messo a nudo da un’intimità umana fatta di fragilità, che perde il controllo perché ha bisogno profondamente degli altri.
Dal momento che non è la prima volta che mette in scena il Miles Gloriosus, come vi si è rapportato nel tempo?
L’ultima volta che portai in scena il Miles Gloriosus fu una decina di anni fa. Sicuramente è stato interessante notare come si tratta di un testo che si presta a essere rielaborato nel tempo, nonostante quei suoi capisaldi di satira e critica sociale restino gli stessi. Prima interpretai il servo, adesso il potente Pirgopolinice. Perciò, è stato ancor più sorprendente passare all’altro lato del gioco, immergersi in quel contrasto di forze in campo. È stato un lavoro di stimolazione sotto tutti i punti di vista perché, in fondo, è ciò che ci regala questo mestiere: approcciarsi alle sfide, mettersi in discussione abbracciando più prospettive.
______________________
Miles Gloriosus di Plauto – regia di Marinella Anaclerio – con la Compagnia del Sole: Ettore Bassi, Flavio Albanese, Luigi Moretti e Stella Addario, Adriano Gallo, Patrizia Labianca, Loris Leoci, Tony Marzolla, Stefano Quatrosi – In scena venerdì 18 luglio 2025 al Mythos Troina Festival