Debutta il 4 luglio sul palco del Mythos Troina Festival, “L’Odissea delle donne”, adattamento teatrale del romanzo best-seller di Marilù Oliva. L’intervista all’attrice Federica Di Martino.
Che cosa accadrebbe se ciò che sappiamo dell’epica classica venisse ribaltato ed osservato con occhi nuovi? La risposta sta nell’intuizione raffinata di autrici come Natalie Haynes, Madeline Miller e Marilù Oliva che con fiero femminismo hanno restituito la voce alle donne dell’epica, rimaste a lungo in silenzio. Emerge, pertanto, una policromia e polifonia del e al femminile che, non solo restituisce alle donne dell’antica Grecia un ruolo determinante all’eroismo maschile (facendo luce, oltretutto, sull’auto determinismo femminile già in nuce all’epoca, ma rimasto piuttosto silente); ma profila un eroismo maschile umano e non più solitario. Ed è a partire da questo ribaltamento di prospettiva che Marilù Oliva riscrive il poema omerico dell’Odissea, dando vita ad un armonico concerto femminile – orchestrato dalla sapiente Atena – che fornisce all’avventura eroica un senso e una logica del tutto nuovi.
E, pertanto, quale miglior palcoscenico, se non quello del Mythos Troina Festival per offrire al pubblico una nuova prospettiva dell’epica classica? Nasce da qui, quindi, l’idea di portare in scena L’Odissea delle donne, adattamento del best-seller di Marilù Oliva, in cui affiorano le melodiche voci delle donne che il nostro Odisseo incontra lungo il suo cammino. Prossimi al debutto, abbiamo avuto così l’occasione di chiacchierare con Federica Di Martino, curatrice del progetto; nonché interprete chiave della pièce.
A breve, precisamente il 4 luglio, debutterà al Mythos Troina Festival con “L’Odissea delle donne”, un progetto da lei fortemente voluto e curato; tratto altresì dal romanzo di Marilù Oliva. Un’opera, questa, che dà voce alla policromia e polifonia del femminile. Qual è il personaggio da lei interpretato e quali sono le sue caratteristiche essenziali?
L’idea portante è proprio di questo poema epico raccontato con le voci dei personaggi femminili, che hanno avuto a che fare con Odisseo nel viaggio. Quello che io rappresento è la dea Atena, che è davvero un deus ex machina in tutto il poema perché conduce Odisseo da Ogigia fino ad Itaca, aiutandolo, trasformandolo, soccorrendolo in più e diverse occasioni. Insomma, tutto lo spettacolo è immaginato proprio come un concerto a più voci orchestrato da Atena; un concerto a più voci femminili.
Potremmo dire che Atena sia un intermediario tra le altre voci femminili e l’unica maschile di Odisseo?
Mah, non so se intermediario sia la parola giusta, perché tutte le donne hanno un loro rapporto con il nostro protagonista. Direi che lei – come afferma proprio ad inizio spettacolo – è protettrice di Odisseo. Però, in realtà, tutte le donne sono protettrici di Odisseo. Diciamo che Atena, essendo una divinità più potente, ha i mezzi per soccorrerlo in maniera più concreta e soprattutto ha un obiettivo preciso e definitivo che è quello di riportarlo ad Itaca; mentre le altre magari lo tratterrebbero con loro.
Il ribaltamento di prospettiva offerto dall’autrice ridefinisce il destino di Ulisse: non più eroe solitario; ma uomo il cui viaggio viene scolpito dall’incontro con le diverse figure femminili che incontra. Nella pièce in che modo le voci di queste donne risuonano?
È come se lo spettacolo potesse avere come sottotesto il concerto di Atena. È come se fosse un concerto polifonico, in cui ogni tanto dal coro si stacca un personaggio e ciascuna abbia il suo focus on.
Il romanzo – e di riflesso la messinscena – rappresenta altresì un’indagine intimistica, non solo dell’universo femminile; ma anche dello stesso Ulisse che acquisisce tratti piuttosto umani rispetto a quelli tipicamente eroici dell’epica classica.
Sì, esatto. A tal proposito ci sono le parole pronunciate da Calipso che dice: ≪gli ultimi degli eroi sale sulla scogliera e piange≫.
Quali sono quindi i sentimenti che vengono maggiormente esplorati nella pièce e in che modo prendono forma sul palcoscenico?
Quello che Marilù fa e che noi cerchiamo di restituire nello spettacolo è il viaggio di Ulisse dal punto di vista di chi in qualche modo resta. Perchè tutte le donne restano: Penelope resta a casa ad attenderlo; Calipso resta sola ad Ogigia quando lo aiuta a ripartire; Circe rimane nell’isola di Eea; Nausicaa in quella dei Feaci. In qualche modo sono tutte donne che vivono un’assenza e l’assenza è anche l’assenza del protagonista nel nostro spettacolo. Il rapporto con questa assenza è il modo diverso di ognuno di noi di raccontare il suo personaggio.
Una presenza-assenza quella di Odisseo che, azzardando, potremmo definire quasi un coprotagonista; proprio per dare risalto all’universo femminile, no?
Si, esattamente. Con lo spettacolo vogliamo in qualche modo far riportare alla memoria queste presenze che ci sono nell’ Odissea, ma che magari non vengono messe a fuoco quando si parla del poema.
Secondo lei, se l’epica classica dovesse essere riscritta alla luce di una sensibilità femminile quali nuovi significati emergerebbero e quali archetipi verrebbero messi in discussione?
Questo di Marilù, ad esempio, è un modo molto interessante di riscriverla. Ma lo hanno fatto bene anche Margaret Atwood e Madeline Miller. E come dicevo prima questo è anche un modo per far riscoprire l’epica; un modo per avvicinare i giovani anche. Un modo sicuramente interessante, il loro, da proporre anche in teatro.
Per concludere. Tra le molteplici figure femminili evocate nello spettacolo – Circe, Calipso, Penelope, Nausicaa… – ce n’è una in cui, da donna, si riconosce particolarmente?
Mah, guardi, tutte perchè è come se fossero tutte le facce di una stessa donna. È questo il bello dello spettacolo. È come se il coro costituisse uno spaccato dell’universo femminile. Non ce n’è una più interessante di un’altra.
L’Odissea delle donne non è solo un adattamento teatrale, ma un invito a riscoprire i grandi classici con occhi nuovi. Un’esperienza che ci spinge a riflettere come le narrazioni possano essere rilette e reinterpretate (ancor prima, questo, merito dell’acuta e raffinata penna di Oliva), svelando significati nascosti e mettendo in discussione archetipi consolidati. Un’opportunità, quella al Mythos Troina Festival, per il pubblico di partecipare ad una pièce che offre una prospettiva vibrante sull’epica classica.