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Teatro Vascello

di Tennessee Williams

traduzione Monica Capuani

regia Leonardo Lidi

con Valentina Picello, Fausto Cabra, Orietta Notari, Nicola Pannelli, Giuliana Vigogna, Giordano Agrusta, Riccardo Micheletti, Greta Petronillo, Nicolò Tomassini

scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
suono Claudio Tortorici
assistente regia Alba Maria Porto
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale

La gatta sul tetto che scotta viene presentato per gentile concessione de la University of the South, Sewanee, Tennesee. 
DISTRIBUZIONE PERSONAGGI – INTERPRETI

Margaret, Valentina Picello

Brick, Fausto Cabra

Mamma – madre di Brick e Gooper, Orietta Notari

Papà – padre di Brick e Gooper, Nicola Pannelli

Mae  moglie di Gooper, Giuliana Vigogna

Gooper – fratello di Brick, Giordano Agrusta

Skipper, Riccardo Micheletti

Bambina, Greta Petronillo

Reverendo, Nicolò Tomassini

durata spettacolo 1h e 45 min senza intervallo

Questo allestimento, nella nuova traduzione di Monica Capuani, è diretto da Leonardo Lidi, regista residente del Teatro Stabile di Torino e direttore della Scuola per Attori.  

Saranno in scena Valentina Picello, Fausto Cabra, Orietta Notari, Nicola Pannelli, Giuliana Vigogna, Giordano Agrusta, Riccardo Micheletti, Greta Petronillo, Nicolò Tomassini. Le scene e le luci sono di Nicolas Bovey, i costumi di Aurora Damanti, il suono di Claudio Tortorici. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, resterà in scena a Torino fino a domenica 11 maggio 2025 e successivamente sarà in tournée al Teatro Mercadante di Napoli (13 – 18 maggio 2025) e al Teatro Vascello di Roma (20 – 25 maggio 2025).

La gatta sul tetto che scotta viene presentato per gentile concessione de la University of the South, Sewanee, Tennessee.

Breve sinossi dell’opera

La gatta sul tetto che scotta racconta la storia della famiglia Pollitt, una ricca famiglia del Sud degli Stati Uniti che vive una profonda crisi di fronte all’imminente morte del padre, Big Daddy. La famiglia si è riunita nell’immensa proprietà terriera di Big Daddy per festeggiare il suo compleanno: l’uomo non sa che questa sarà la sua ultima festa, essendo lui ammalato, senza saperlo, di cancro al colon. In questo contesto vengono in luce l’avidità e la debolezza dei figli, Gooper e Brick, e in particolare la situazione di quest’ultimo e di sua moglie Margaret. I due vivono un matrimonio senza intimità: Maggie è profondamente innamorata, ma Brick è distante, è da tempo un alcolizzato, e non la degna di considerazione. 

Gooper e Mae, interessati all’eredità di Big Daddy, cercano di approfittare della situazione.

Durante un conflitto con Brick, Maggie dice di sentirsi come “una gatta su un tetto che scotta”, decisa a non cadere giù: ha, infatti, conquistato con fatica una posizione sociale e non vuole tornare nelle sofferenze della povertà. Accusa il marito di essere un alcolista per la perdita di Skipper, il suo più caro amico, morto suicida per l’amore inconfessato tra i due. Brick rifiuta di affrontare la verità sulla sua sessualità e sul suo dolore. Alla fine, Maggie fa credere a Big Daddy di essere incinta, continuando a sperare di riuscire a trasformare questa sua bugia in realtà. Il dramma si chiude con lei che invita Brick a consumare il loro amore.

Note sullo spettacolo di Leonardo Lidi

Mi sorprende sempre pensare che l’ultimo testo di Tennessee Williams, l’ultimo di cui le cronache hanno sentito parlare, sia una sua riscrittura personale del Gabbiano di Čechov, suo autore preferito. The Notebook of Trigorin è infatti una vera e propria dedica di un ammiratore al suo idolo da ragazzo. Questo amore, questa continuità, ha creato nella drammaturgia del secolo scorso un vero e proprio filo rosso che parte da Anton Čechov, passa da Tennessee Williams e si conclude con alcuni film di Woody Allen. 

La società raccontata tramite la famiglia e le proprie contraddizioni, le tantissime, le tonnellate di storie d’amore, le battute che tornano e che si rincorrono tra un autore e l’altro. E così io, in questo viaggio personale, concluso il progetto triennale Čechov (che non poteva, appunto, non partire dal Gabbiano), mi trovo ora quasi obbligato a tornare su Tennessee Williams. E dico tornare perché è una casa che ho già abitato qualche anno fa con la messa in scena, discussa nella sua particolare ambientazione circense, dello Zoo di vetro. Ora torno a Williams per lasciare Čechov senza lasciarlo. Torno a Williams perché credo che sia l’autore più utile a comprendere l’importanza dell’analisi della società attraverso la lente famigliare. Williams utilizza il ridicolo (e quindi ecco il perché dei miei clown tristi) per raccontare la tradizionale famiglia americana del Sud, la sua incapacità di avanzare, ferma in un ricordo, pronta a distruggere pulsioni sessuali “nocive” e a nascondere tutta la polvere della società occidentale sotto il tappeto. 

Il primo testo che affronterò in questa nuova triennalità è La gatta sul tetto che scotta nella nuova traduzione di Monica Capuani. È un testo che, film a parte, non ha avuto grande fortuna in Italia, e non è nemmeno uno di quei lavori che vediamo spesso nelle stagioni teatrali, forse proprio per le controversie attorno al copione. Williams, infatti, furibondo con i suoi contemporanei che l’hanno messo in scena e portato a Hollywood tradendone totalmente il messaggio e la natura, decise di riscriverlo in una versione incontrastabile, una versione cruda, piena di volgarità e accuse, per dipingere il ridicolo “presepe vivente” che lo feriva tanto. È un testo che grida vendetta e anche verità. Se penso a Paul Newman che bacia appassionato Elizabeth Taylor nel finale del film, posso immaginare la rabbia del povero Tennessee, totalmente ingannato e usato ai fini del mercato californiano. 

La gatta sul tetto che scotta ci può aiutare oggi a considerare quanto siano lontane dal progresso naturale le forzature della famiglia tradizionale e le esternazioni sull’assonanza donna/madre. La protagonista dovrà ingannare il sistema/casa fingendosi madre perché, altrimenti, non sarà considerata come donna. Dovrà fingersi una contemporanea Maria con in grembo il futuro della società per non essere additata come una poco di buono, una povera creatura incapace di generare e quindi di esistere. Quando ho letto sui giornali, pochi mesi fa, il ritornello della donna che deve sentirsi realizzata solo in quanto madre ho deciso di rispondere con La gatta sul tetto che scotta.

Leonardo Lidi si è diplomato alla Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino, dove attualmente ricopre la carica di Direttore. Leonardo Lidi (1988) è oggi un affermato talento del teatro italiano, che affianca alla carriera di prosa quella come interprete cinematografico e televisivo. In qualità di regista ha vinto la prima edizione di Biennale College a Venezia con il progetto su Spettri di Ibsen e ha ricevuto il premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro per le sue regie, tra cui La casa di Bernarda Alba (2020), prodotta dal TST. La sua cifra stilistica è caratterizzata da un originale equilibrio tra le poetiche e i canoni della miglior regia critica e la centralità del testo. Ha collaborato con la Corte Ospitale, il LAC di Lugano, il Teatro Stabile dell’Umbria e nel 2020 ha firmato la sua prima regia d’opera con Falstaff di Verdi. Per il Teatro Stabile di Torino, di cui è artista residente, ha diretto il trittico ginzburghiano Ti ho sposato per allegriaDialogo La segretaria (2016), Il Misantropo di Molière (2022), Come nei giorni migliori (2023), del giovane drammaturgo Diego Pleuteri, Medea (2023). Insieme al Teatro Stabile dell’Umbria, in coproduzione con lo Stabile di Torino, Emilia Romagna Teatro ER T / Teatro Nazionale, e in collaborazione col Festival dei due Mondi di Spoleto, ha firmato gli spettacoli della trilogia čechoviana: Il gabbiano (2022), Zio Vanja (2023), Il giardino dei ciliegi (2024).

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